Domenico Dolce, di “Dolce & Quell’Altro”, ha detto che i giovani siciliani da lui vogliono solo soldi. Adesso, io abito in Sicilia, conosco un buon numero di persone, sto persino in qualche chat di Whatsapp e mai mi è successo di assistere a comitive di giovani festanti al grido di: “Alè, c’è Dolce in Sicilia, andiamo a chiedergli i soldi!”. Quindi le cose sono due: o Dolce frequenta gente sbagliata oppure si convince di cose strane. In ogni caso, Dolce, di Dolce & Quell’Altro, ha la soluzione per non essere assaltato da giovani che gli chiedono soldi (mi è sembrato un po’ tipo l’uomo bianco che va nelle colonie o l’aristocratico londinese che scende nei bassifondi e ci sono tutti questi bambini orfani e poveri che gli saltano addosso per chiedere una moneta o una caramella o qualcosa del genere): andate a lavorare nelle campagne che sono abbandonate.
E insomma: io abito in campagna e tutte queste campagne abbandonate non le vedo, anzi ci sono molti giovani che si alzano alle cinque del mattino e se ne vanno nei campi a 50 euro netti al giorno, quando gli va bene, che per cinque giorni di lavoro a settimana fanno mille euro al mese e devono ancora ringraziare il cielo perché, come si sa, sta arrivando la nuova rivoluzione tecnologica, come quella degli anni ‘20 in America e che diede vita al romanzo “The Grapes of Wrath” (in italiano “Furore”) di John Steinbeck e sarebbe opportuno che qualcuno gliene regalasse una copia, magari nella traduzione cinese ché mi sembra che “Quell’Altro & Gabbana” siano bravi a chiedere scusa ai cinesi, che sono ricchi e hanno tanti soldi da spendere, mentre Dolce, forse, scusa ai siciliani non lo vuole chiedere perché anche se lavorano in campagna a mille euro al mese in ogni caso i loro vestiti non se li possono comprare.
Dice ancora Dolce: “Fate noccioline, fagioli badda (un tipo di fagiolo della sua terra natia, Polizzi Generosa, nda), ricamate…”, come se ancora nelle campagne si andasse davvero con la zappa e non ci fossero invece i macchinari industriali pesanti come supertrattori, megaruspe, ultraescavatori, gigaimballatori, che costano quanto un appartamento a Milano Centro e forse qualcuno dovrebbe dire a Dolce che anche l’agricoltura (ma lo scriveva, appunto, Steinbeck un secolo fa) è diventata capitalista e che il proletariato agricolo non esiste più (avvertite Dolce che il proletario – detto così da “prole” – che faceva dieci figli per avere forza lavoro da usare nei campi non esiste più, anche perché, con i macchinari, nove figli gli resterebbero a casa). Per quanto riguarda il “ricamate”, probabilmente a Dolce manca un po’ quell’atmosfera che lo stilista va nei bassifondi delle città, dove abitano le sartine, e tutte le sartine lo supplicano per chiedergli un po’ di lavoro di ricamo: “Mio marito è in carcere, i bambini muoiono di fame, signore, la prego… mi commissioni un fazzolettino di cortesia!” o qualcosa del genere molto Oliver Twist. Ma comunque, speriamo che l’intelligenza artificiale diventi presto anche stilista.