Il mondo della politica e quello dei social, sempre più vicini uno all’altro, si sono immediatamente schierati contro la guerra in Ucraina e contro Vladimir Putin, che lo scorso 24 febbraio ha dato inizio a un’invasione senza precedenti per l’Europa del terzo millennio. Tuttavia, se in una prima fase l’opinione pubblica si era concentrata nel condannare la guerra, ad un mese dall’inizio del conflitto le cose sembrano aver preso una piega differente. Ci sono le gravi minacce al Ministro della Difesa Lorenzo Guerin da parte di Aleksej Paramonov, che è stato premiato in due occasioni dal Governo Conte e ricopre il ruolo di capo del Dipartimento europeo del Ministero degli esteri di Mosca. C’è la moglie di un ex parlamentare ucraino, Igor Kotvitsky, fermata alla frontiera con 26 milioni di euro in contanti in valigia. Ci sono i politici che hanno disertato il sentito discorso di Zelensky in Parlamento, da Bianca Laura Granato, la quale ha dichiarato che: “Putin stia conducendo un’importante battaglia non solo per la Russia ma per tutti noi” a Simone Pillon, il quale a sua volta (lo riporta L’Espresso) gestiva una fondazione della destra cattolica che ha incassato 2,4 milioni da società legate a Mosca. A questo si aggiunge l’opinione, sempre più sentita, che gli Stati Uniti stiano facendo la loro guerra a casa degli altri, a partire dagli armamenti consegnati all’Ucraina e continuando con le dichiarazioni sempre più dure di Joe Biden nei confronti di Vladimir Putin, definito dal presidente americano un dittatore e criminale di guerra.
Anche l’opinione pubblica, tuttavia, è sempre più divisa. Ce ne siamo accorti passando una giornata per il centro di Milano spacciandoci per sostenitori della Russia di Putin, quando pensando di ricevere sguardi carichi d’odio e attacchi di vario genere abbiamo finito per collezionare selfie e complimenti. Ecco come è andata (qui il video).
Felpa di Putin e bandiera della Russia
Il servizio comincia un paio di giorni prima, quando ci rendiamo conto di quanto in Italia (eBay, Subito, Amazon ed Etsy compresi) sia complicato reperire dell’abbigliamento filorusso mentre è facilissimo il contrario: bandiere dell’Ucraina e merchandising contro la guerra hanno invaso gli e-commerce. Prepariamo quindi due grafiche, un eloquente “I stay with Russia” e una più aggressiva, inequivocabile, con il ritratto di Vladimir Putin. Farle stampare non è semplicissimo: i venditori storcono il naso e finiamo per spiegare che si tratta di un servizio giornalistico.
Partiamo con la prima felpa, I stay with Russia, davanti alla Stazione Centrale: ad aspettare l’autobus prima e il tram poi non riceviamo commenti. Stessa cosa poco più avanti, quando passiamo per il mercato rionale ad un paio di isolati. In Corso Buenos Aires invece ci fermiamo ad una bancarella che espone la bandiera della pace e quella dell’Ucraina: una russa ce l’ha, lo dice a bassa voce e va a prenderla nel furgone. Ne ha addirittura due con grafiche diverse, le vende per 8 euro l'una. Quando gli chiediamo perché non le espone però, risponde che ha paura che qualcuno bruci tutto. Prendiamo la metro e andiamo verso il Duomo. Anche in questo caso nessuno è particolarmente impressionato, Milano è tollerante ma anche carica di indifferenza. Decidiamo quindi, in piazza, di tirare fuori la bandiera per esplicitare il discorso, suscitanto il primo commento della giornata da parte di un uomo algerino. Parla francese, spiega che è contento di vedere qualcuno schierato con la Russia. Poi ci si avvicina una coppia di turisti romani, anche loro felici della nostra presa di posizione. Chiediamo delle foto ai passanti e la loro unica preoccupazione è sapere se le preferiamo in verticale o in orizzontale.
Davanti al Teatro alla Scala un signore sulla cinquantina si ferma per dire che “sarebbe stato un problema con la bandiera gialla e blu”. Poi torna con la moglie a chiedere una foto, una a testa, a cui seguono altre foto richieste da turisti e freak. Passiamo alle Colonne di San Lorenzo, parliamo con tre gruppi di ragazzi a cui non interessa granché del conflitto. A loro semplicemente importa poco, anzi: si scusano dicendo di non sapere nulla del Donbass. A questo punto ci spostiamo davanti alla facoltà di filosofia della Statale, dove i commenti vanno cercati ed è difficilissimo andare oltre agli sguardi infastiditi degli studenti nonostante il fatto che, in pieno aperitivo, si trovano quasi tutti in gruppetti. Una signora si butta sul sofisma: “Una felpa di Putin mi avrebbe dato fastidio, ma schierarsi con la Russia è legittimo pensando alle vittime con cui anche loro devono fare i conti”. La felpa di Putin che, lei non lo sapeva, abbiamo nello zaino e decidiamo di mostrare. Lei comunque non si scompone, i ragazzi con cui parliamo nemmeno. C’è tanta indifferenza, chi si spinge oltre lo fa per un complimento: “A me piace la Russia - ci dice un ragazzo al bancone di un bar - chi la fa l’aspetti. Non puoi metterti contro un bestione solo perché da oltreoceano ti dicono che interverranno: fatti i cazzi tuoi”.
Siamo a Porta Venezia quando ci si avvicina una coppia di ragazzi ucraini. Giovanissimi, erano in viaggio di nozze in Africa quando è scoppiata la guerra e non vogliono tornare indietro. Per loro è tutto chiarissimo: o vinciamo, o perdiamo. Ci dicono anche che l’esercito di Putin è composto da “campagnoli con un fucile in mano” e che pensava fossimo dei manifestanti che protestano contro l’accoglienza dei profughi: “In Germania succede sempre di più, molti tedeschi non vogliono a casa loro gente in fuga dalla guerra”. Chiedono anche loro una foto da mandare a casa. Per ultimo, un ragazzo albanese ci dice di mettere via la bandiera. È arrabbiato, ed è l’unica persona che si è fermata un momento per farcelo sapere.
Molta gente è disinteressata, altra invece vacilla. Mentre quasi tutti sono d’accordo sul fatto che la guerra sia sbagliata a prescindere, non sono in molti a condannare la Russia. C’è chi punta il dito contro gli Stati Uniti, chi contro la NATO, chi invece tira fuori l’ennesima teoria del complotto. Le persone più sicure sono quelle che vengono a complimentarsi e a chiedere una foto: loro credono di aver trovato qualcuno che porta avanti il loro scomodo messaggio.