Si sono ripresentati come la peggiore delle peperonate eppure nessuno, ma proprio nessuno, sentiva la mancanza dei maranza anni ‘80. Nel tessuto sociale odierno emergono spesso fenomeni culturali e di comportamento che, come delle fotocopie sbiadite del passato, sembrano richiamare tendenze di un'epoca precedente, ma speravamo di non rivedere il peggio della Milano da bere nel 2023, mischiata a brutte storie di integrazione, cattivo gusto e una violenza da film che al contrario della fiction, fa male per davvero. Specie ai giovanissimi. Sono tamarri, dotati di occhiali da motociclista (almeno dall'estate 2023), giubbotti smanicati, borselli da etero cisgender orrendi e un po' incell, capelli ricci rasati ai lati, magliette di squadre straniere di calcio, tipo il Manchester, cappellini da baseball portati con visiera dritta, tute in acetato con boxer a vista (molto stile Anna Oxa anni '90) e una grande dose di cattivo gusto perfetta solo ed esclusivamente per creare abbinamenti di scarsamente interessanti e prendere, in generale, decisioni poco brillanti nella vita. Fatte queste premesse, esiste ancora un "maranza" nel 2023? La parola, di una bruttezza ammirevole, ha origine qui, nella terra che ha dato i natali a Manzoni (che si sta rivoltando nella tomba come un indemoniato), più o meno negli anni Ottanta. Cosa significa ciò? Che non ci troviamo affatto di fronte a un neologismo; la parola stessa significa "tamarro", "coatto". È stata rispolverata di recente grazie ai social e oggi, come nel '81, risulta cacofonica. Nessuno, ma proprio nessuno, sentiva l'esigenza di tirare fuori dal cilindro questo orrore, ma pare sia l'unica parola in grado di descrivere il "new tamarro milanese": vestito in modo improbabile, figlio del cattivo gusto, di seconda generazione nordafricana, fiero delle origini. Come la caricatura più mainstream del "bad boy", al maranza piace la vita criminal, rivendicano (e lo ribadiscono tramite TikTok ovviamente, non sia mai che si perda l'opportunità di diventare un influencer del male) l'orgoglio magrebino. Raccontano storie di integrazione difficile e oltre alle tipe, immagino che nel loro cuore ci siano fenomeni come lo "sneakers game” in tutte le sue sfumature.
I veri reati, come rapine e simili, sono commessi da una piccola minoranza; la maggior parte dei membri della comunità dei Maranza rappresenta “semplicemente “ l'incubo di molti ragazzini che finiscono puntualmente al centro di vari pestaggi tra Corso Como, Arco della Pace e i Navigli. Per chi non è della città, sono luoghi chiave della vita notturna (più o meno, Milano non è New York). Non solo nell'estetica anni '90 da rapper di serie B, ma anche nei modi di delinquere: i tizi circondano la vittima e la picchiano. Il modus operandi è sempre lo stesso in tutti i gruppi di "maranza", "maranzini" e disadattati un po' sfigati: il branco si mette in azione, il cattivo gusto lascia spazio a un po' di coraggio preso in saldo alla Lidl e via con gli schiaffi. E poi droga, marsupio di Gucci e permanente per tenere i ricci all'altezza degli altri. A questi ragazzi vestiti male e soli, così tanto soli, sembra di far parte di qualcosa. Come se il resto del mondo volesse davvero escluderli.