L'uomo con mezzo miliardo di euro sul conto in banca. Questo si dice a Milano di Alberto Genovese. Si dice, sì, ma non si scrive né si commenta. Azzarderemmo per almeno mezzo miliardo di ' buone' ragioni. Esiste un limite a tutto, però. Dopo la scandalosa 'docu-serie', virgolette d'obbligo, agiografica di recente uscita su Netflix che ha raccontato a tarallucci e cocaina il caso 'Terrazza Sentimento', ora c'è una bella novità: La Fondazione Laura e Alberto Genovese. Me ne sono accorta, scrivo in prima persona perché MOW non c'entra, sono io, Grazia Sambruna, a prendermi tutta la responsabilità di ciò che state leggendo, per caso. Scrollando X m'è comparsa la sponsorizzata di questa neonata 'Fondazione' che ha il nobile scopo di curare chiunque sia affetto da dipendenze: 'gratis e per sempre', come recita la home del sito. Ho subito pensato a una curiosa omonimia. Invece, no. I mecenate che hanno messo in piedi tale nobile attività sono proprio Alberto Genovese e sua sorella Laura. Per una questione di mera casualità, ne sono certa, la sponsorizzata ha i commenti chiusi. Ma il profilo, nato a luglio 2009 (?!), conta 229 follower, tra cui molti account 'vuoti', gente che twitta in inglese e parecchi sedicenti 'esperti di criptovalute'. Nonostante ciò, l'account possiede addirittura la spunta oro, quella di cui si fregiano le 'organizzazioni verificate' (da chi?, ndr). Parlando di Onlus, questa spunta oro su X ce l'hanno, per esempio, la Fondazione di Alberto Genovese e Amnesty International tanto quanto. Ma sì, tanto vale tutto. Anche il neonato account Instagram con due settimane di vita, dove diversi bot parlano da soli nei commenti, tessendo sperticate lodi a Laura Genovese e alla bella novità. Perfino un fake di Radio 102.5 che non so quanto potrà esserne compiaciuta. Poco e niente, immagino.
C'è un'infinità di cose completamente sbagliate in questa vicenda, ora cerco di elencarvele. Senza bestemmiare. La premessa da non dimenticare (mai) è che Alberto Genovese, un tempo 're delle start up' e dei party stupefacenti nel cuore di Milano, sia un animale, come confermato anche dalla giustizia italiana che l'ha condannato a oltre 7 anni di gabbio - li sta effettivamente scontando per modo di dire, più avanti vi spiego come. Un predatore senza scrupoli che selezionava tramite Instagram ragazzine dai 16 ai 20 anni al massimo per poi farle invitare dai suoi scagnozzi nella tana del lupo, 'Terrazza Sentimento'. Una di loro è finita stuprata da lui in ogni maniera (im)possibile per 20 ore e ne è uscita viva per mezzo miracolo. Non è l'unica vittima, purtroppo, che si è ritrovata nel letto di questo tizio la mattina, ricoperta di sangue e priva di memoria (causa GHB, la famigerata 'droga dello stupro').
Potremo mai accettare questo tizio in qualità di benefattore? Domanda retorica. Comunque la risposta è no. Nessuna narrazione angelicante potrà distrarci dall'orrore sistematicamente agito da Alberto Genovese, per anni nascosto in piena vista. O almeno, lo voglio sperare.
Tengo a non essere fraintesa: credo davvero che la pena detentiva debba essere anche se non soprattutto rieducativa, finalizzata al reinserimento nella società di qualsivoglia reo, anche del 'peggiore' di tutti. Perché questo, grazie al cielo, è sacrosanto e consentito in una società civile. Allo stesso tempo, però, la 'pena detentiva' deve essere scontata. E non è che ad Alberto Genovese stia proprio andando così: dopo i primi mesi nel carcere di Bollate, le sue condizioni sono state considerate incompatabili col gabbio per via della sua forte tossicodipendenza. Come se non ci fosse nessun altro tossico abbandonato dietro le sbarre, lui è stato spedito, dunque, in una clinica di riabilitazione da luglio 2021 a febbraio 2023. Non una clinica a caso, ovvio, ma una location di lusso nel varesotto con tanto di campi da tennis e piscina. Un resort da 3852 euro al mese, 46.224 all’anno. Non proprio per tutti, il Crest di Cuveglio: potete constatarlo già dalle foto sul sito ufficiale. Vi pare equivalente alla galera? Ennesima domanda retorica la cui risposta è, ancora e comunque no.
Ma qui Genovese fa nuove amicizie utili. Infatti, sul canale YouTube della Fondazione, troviamo già un paio di psicologi a spiegare come intendono agire 'gratis e per sempre' con le persone in difficoltà che chiederanno il loro aiuto: uno è Vittorio Tanzi, guardacaso responsabile della comunità per pazienti tossicodipendenti e in comorbidità psichiatrica del Crest di Cuveglio (Varese). L'altra Alessandra Scolaro che, dice LinkedIn, proprio in quello stesso centro ha lavorato in qualità di 'Assistente psico-educativa alla riabilitazione di soggetti con problemi di natura psichiatrica'. Nulla di illegale, intendiamoci. Ma è bene mettere in evidenza che non si tratti di professionisti 'scollegati' da Alberto Genovese.
Inoltre, con grande sorpresa per una Fondazione nata da poco più di un mese, ecco anche la prima testimonianza di rinascita dalla droga. Quella di tale Guido Rocca che racconta senza farsi sconti l'abisso in cui è precipitato a causa della cocaina. E il lungo percorso per uscirne. L'uomo non precisa quale comunità sia riuscita a 'salvarlo' dal tunnel degli stupefacenti. Il non detto lascia intendere, infatti, che sia stato curato lì, dalla Fondazione Laura e Alberto Genovese. Invece, ovviamente, no. In compenso, il nostro Rocca campa in qualità di ricco artistoide, pittore e poeta 'dall'età di dieci anni', recita la bio nel suo sito, pensate. Vende online ogni quadro (perfino le stampe) a non meno di un millino di euro, su per giù. Uno di noi, chiaro, una persona qualunque, come tante altre.
Il contributo video più interessante lo regala, ovviamente, la sorella di Alberto: Laura Genovese, volto e testimonial della Fondazione. Costei tiene a sciorinare, col cuore in mano, una serie di 'giustificazioni' gustose. In primis, 'la tossicodipendenza è una malattia che ti porta a fare cose che non faresti mai'. E ancora: 'Io mi sono ritrovata con un fratello ormai adulto, che aveva un lavoro e una rete di amicizie che sembravano sane ma non lo erano. [...] La storia di mio fratello è particolare, ha riguardato tutta un’altra serie di circostanze che hanno aggravato la sua situazione di tossicodipendente e anche il dolore di noi famigliari. Ora siamo qui per alleviare le sofferenze di tutti'.
Badate bene, le 'circostanze che hanno aggravato la sua situazione di tossicondipenza' del fratello di Laura sono una cosuccia: 20 ore di abonimevole stupro e una certa tendenza, comprovata, a essere un sistematico predatore sessuale. Ma, insomma: 'la droga ti porta a fare cose che non faresti mai', no? Stessa linea subliminalmente 'difensiva' adottata dalla 'docu-serie' Netflix 'Terrazza Sentimento'. E via con l'elenco delle 'fragilità' che possono colpire ogni essere umano nel corso della vita. Solo che Alberto Genovese non è mai stato un tizio qualunque, un povero e disgraziato comune mortale. Si tratta, invece, di un mezzo miliardario, prima del processo di certo ancora più ricco, che ha vissuto in una determinata maniera, convinto di potersi permettere di farlo. E sapete una cosa? Non aveva torto. Non ce l'ha nemmeno oggi: lui, a tutti gli effetti, può.
Può garantirsi due anni di 'pena' alternativa al carcere in una clinica Spa con piscina e campi da tennis, può impiegare il responsabile di quella stessa clinica in un progetto benefico che si offre d'aiutare a nome suo 'gratis e per sempre' persone tossicodipendenti, può avere una serie Netflix che lo racconta 'rinato' in faccia a, potenzialmente, 180 Paesi. Non solo. Alberto Genovese può, ancora oggi, non stare al gabbio. O meglio: non troppo. Al momento, trascorre tre giorni a settimana nella Casa di Carità di don Virginio Colmegna, dove si occupa dell'accoglienza dei senzatetto. Mentre uno lo passa, sempre come volontario, nel posto più incredibile dell'universo immaginabile per un tizio con quella condanna sulla collottola: Wall of Dolls, il centro milanese che ha creato l'installazione artistica con le bambole appese sui Navigli, zona Colonne, per sensibilizzare quotidianamente contro la violenza sulle donne. Ma che, allo stesso tempo, apre le proprie porte un dì a settimana allo stupratore Alberto Genovese affinché possa aiutare, appunto, donne abusate e traumatizzate. Vi spiffero una cosa: è molto difficile che un uomo possa entrare in un centro anti-violenza. Perché le ospiti sono, ovvio, persone che per tanti e legittimi motivi, possono patire la presenza di una figura maschile. Figuratevi trovarsi lì, a tender loro la mano, uno con l'arcinota faccia di Alberto Genovese e che è davvero Alberto Genovese in persona, quello che ha stuprato una ragazzina per 20 ore, riducendola in fin di vita. Ammazza che sensibilità, che cura! Ma ve lo sto ripetendo allo sfinimento: Alberto Genovese può. Chissà se 'Wall of Dolls' avrà 'insegnato' anche questo durante 'la lezione agli studenti' tenutasi di 25 novembre di fronte alla sua celebre installazione artistica.
Purtroppo, non c'è davvero nulla che non faccia almeno almeno schifo marcio in questa vicenda. Genovese dovrebbe uscire dal 'carcere' nel 2027, mentre i suoi legali continuano a collezionare ricorsi su ricorsi per tentare in qualsiasi maniera di alleviargli la pena detentiva. E, a occhio e croce, ce la stanno anche facendo piuttosto bene. Nel mentre, nasce questa Fondazione a fin di bene che si ripromette di aiutare 'gratis e per sempre' i tossicodipendenti come i loro sciagurati famigliari. Niente di illegale, lo ribadisco. Ma che rientra perfettamente in un costante e operoso lavorio di lavaggio d'immagine vomitevole a dir poco. Sarà anche possibile, per carità, che riesca a cambiare la vita a qualcuno (me lo auguro di cuore, ndr) ma è così chiaro, purtroppo, che non sia questo lo scopo principale di tale, sulla carta meritoria, attività. Agiografica fin dalla foto apertura nella home del sito: il ritratto, di spalle, di uno fatto a forma di Alberto Genovese che abbraccia una donna bionda (la sorella Laura) mentre passeggiano serenamente insieme. Questa è la precisa immagine che 'sti due mezzi miliardari vi vogliono vendere. Non compratela. Dovesse essere l'ultimo articolo della mia vita, ne sarei comunque molto fiera: 'Gratis e per sempre'. Mi facessero causa per qualunque futile motivo: non ho una lira, ma anche io nel mio umile piccolo 'posso'. Scrivere, almeno.