Un'intervista cuore a cuore quella che il giovane rapper Alfa, 24 anni, ha rilasciato al Messaggero. Per l'occasione, il nostro annuncia di volersi prendere una pausa dal mondo della musica perché, dichiara, "la fama è tossica". A quanto pare, i ritmi imposti dall'industria discografica non si conciliano con il benessere e la salute mentale del ragazzo che dunque sceglie, "coraggiosamente", di staccare per sei mesi. "Coraggiosamente", perché? Nonostante le sue parole siano state accolte da cori di alleluja delle lampadine da parte della stampa nazionale, troviamo che questa lessa retorica, come ogni lessa retorica, sia esagerata, fuori luogo e offensiva perfino. Tutti, chi più chi meno, siamo stressati dal lavoro. Perché il lavoro non ha mai reso liberi, anzi, stressa, appunto, imprigiona, pone fin troppi limiti alle aspirizioni personali di ognuno dando in cambio poco e niente, ingabbia, è ralmente tossico per noi tutti. Però, tocca farlo che c'è da camparsi. Plaudere un 24enne privilegiato che si prende, appunto, una pausa semplicemente perché può farlo, che senso ha?
Intendiamoci: se il mondo del lavoro nel nostro bel Paese è messo come è messo, il ruspante Alfa ovviamente non ha alcuna responsabilità a riguardo. Troviamo però interessante soffermarci sul bias cognitivo tale per cui ogni volta che un personaggio famoso, specie se giovane, annuncia di essere in crisi, a due passi dal burnout, a tutti vengano gli occhi a cuore e scatti una sorta di solidarietà universale, granitica, compattissima. Ciò accade perché, in qualche modo, proiettiamo in lui o in lei quello che vorremmo fare anche noi? Forse. Resta il fatto che la "pausa" di un artista celebre non potrà mai essere realmente paragonabile alle nostre vite. Da una parte c'è chi può, dall'altra chi, anche se non può, deve comunque faticare per campare. E nessuno gli dà una caramella se smette perché non regge più. O meglio: a nessuno importa se non regge più.
A 24 anni, come a dieci ma pure venti di più purtroppo, spesso si naviga nel fantastico pantano del precariato. Questa è una cosa che sappiamo tutti, che viviamo ogni giorno e/o che ogni giorno vediamo succedere intorno a noi, alle persone che conosciamo. Allo stesso tempo, non facciamo un plissé. Come se fosse normale, anzi, quasi giusto. Quasi come se fosse a suo modo rassicurante vedere che tanto ormai sia così per tutti. Ciò che dovrebbe farci indignare, dunque, viene considerato routine, parte della nostra quotidianità alla stregua delle strisce pedonali, dell'azzurro del cielo. Ma se un cantantino che riempie i Forum e ha duettato con Roberto Vecchioni sul palco dell'Ariston dichiara di "non farcela più", metaforicamente corriamo in chiesa ad accendere un cero per lui, povera stella. Siamo parte di un cortocircuito? Sì, eccome.
Tocca ribadirlo: questa riflessione non vuole essere un attacco personale contro Alfa o contro chi prima (e dopo) di lui farà lo stesso dall'alto della propria fortuna nella musica, nelle fiction, nel cinema e via dicendo. Resta che questi personaggi godano di un privilegio, di una sfacciata fortuna di cui, in ogni caso, finiscono per lamentarsi in faccia a noi che realmente avremmo più di un motivo concretissimo per voler (o dover) staccare la spina. Solo, appunto, non possiamo.
Alla fine dei conti, suona risibile empatizzare con qualcuno che non vive le nostre stesse problematiche rimanendo invece sordociechi riguardo a quelle che ci affliggono ogni giorno. Il "bel messaggio" di Alfa piomba in uno scenario in cui la salute mentale in ambito lavorativo ma non solo è soltanto qualcosa, purtroppo spesse volte un trend, di cui si riempiono di hashtag i social di quelli che ben postano per continuare a macinare consensi e convertirli in views, dunque in cash. Di base, a nessuno frega realmente un cazzo del precariato e della disperazione che il suddetto precariato e tantissime altre forne di sciagure impongono alla gente che, "coraggiosamente", cerca comunque di arrivare a fine mese nonostante l'affitto, le spese ordinarie e straordinarie, la sfiga, il costo della vita che diventa sempre più assurdo rispetto allo stipendio, se e quando uno stipendio c'è.
Sembra un discorso populista, lo sappiamo, però non lo è. Se vivessimo in un mondo in grado di permettere garanzie di sussistenza a tutti quanti senza trasformarli in zombie esauriti, allora sì, potremmo anche porci il problema del benessere di chi canta, balla, recita, ha avuto la fortuna di scampare dal vortice degli stage non retributi e dei contratti (?) a progetto, delle partita iva infami, degli infami che tocca rincorrere per mesi prima di veder arrivare un bonifico da quattro croccantini possi in croce. Della tua salute mentale non frega un cazzo a nessuno, in primis a chi ti sta dando lavoro. Quella del giovane Alfa è, invece, questione di interesse nazionale perché, poverino, non ce la fa a sfornare troppe hit all'anno, si stressa, ha bisogno di una vacanza rigenerante. Seriamente, guardiamoci in faccia per un secondo: non ti sembra una presa per il culo?