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Ali Agca torna sull’attentato al Papa: “Fu un complotto dell’Occidente. Volevo uccidere anche la Regina Elisabetta e il segretario delle Nazioni Unite”

  • di Riccardo Belardinelli Riccardo Belardinelli

12 maggio 2022

Ali Agca torna sull’attentato al Papa: “Fu un complotto dell’Occidente. Volevo uccidere anche la Regina Elisabetta e il segretario delle Nazioni Unite”
Fra le decine di versioni e storie presentate negli anni dal terrorista turco, si è sempre pensato a una mente contorta. Ma ad Atlantide, l'attentatore del Papa spiega: “Io e Giovanni Paolo II vicini a Istanbul una coincidenza: io fuggivo dal carcere e lui arrivava”. E secondo lui, i russi erano pronti a fare fuori il Pontefice. Ma come spesso accaduto, di prove certe non se ne vedono

di Riccardo Belardinelli Riccardo Belardinelli

Da Emanuela Orlandi al Papa, quello che dice Mehmet Ali Agca era, è e sarà sempre un mistero. Nemmeno Andrea Purgatori, che lo ha intervistato ieri sera su Atlantide, in onda su La 7, è riuscito a fargli tirar fuori la verità assoluta. Anzi, come gli dice il giornalista: “Ti stai sminuendo”. Questo perché mentre Ali Agca ripercorre la sua biografia fino ad arrivare al fatidico 13 maggio 1981, data del tentato omicidio a Papa Wojtyla, le storie raccontate dall’ex terrorista turco paiono distrarre dalla realtà delle cose. Decenni di speculazioni, documenti e storie raccontate da lui ai media che, secondo l’attentatore di Giovanni Paolo II, sarebbero state distorte. E adesso, tanto per cambiare, su La 7, sono arrivate nuove versioni della sua storia.

L’intervista di Purgatori parte con la descrizione della sua carriera nei Lupi grigi, movimento terroristico turco di estrema destra, e le ispirazioni a dei criminali locali. Si passano in rassegna l’accusa e la condanna per l’omicidio del direttore del giornale Milliyet, Abdi Ipekci, e qui iniziano a uscire i primi dettagli sui complotti. “La Cia ha manovrato la destra turca per combattere contro i comunisti: si parla di troppe cose su certe posizioni. Qualsiasi cosa io dica adesso non avrà nessun valore perché ormai si sono fatte già mille ipotesi e falsificazioni dei fatti”. Ma come lo spinge a dire lo stesso Purgatori: “Poi certo, anche io ho contribuito a queste illazioni”. E dice: “Io ero uno che sparava”.

“Ho pensato di uccidere il Papa in carcere, mentre leggevo il giornale”. Infatti, come detto in diverse altre occasioni, la liaison tra Giovanni Paolo II e Ali Agca nasce da una famosa lettera pubblicata su un giornale del terrorista alla vigilia della visita del Papa ad Ankara e Istanbul. E nella successiva spiegazione di quello che sarà il suo quasi-riuscito attentato al Santo padre a San Pietro nell’81 - la sua fuga dal carcere quattro giorni prima della visita del pontefice è nel ‘79 - ne esce che l’unico mandante dell’attentato è stato lui. Una casualità, si direbbe.

E quì Purgatori si accende, stenta a credere quello che sta dicendo il suo intervistato. “Volevo uccidere la Regina Elisabetta e il segretario generale delle Nazioni Unite, Kurt Waldheim. In Europa ho fatto un sacco di giri, sono arrivato a Roma e giravo con una pistola in tasca. Una volta era stato l’ayatollah Khomeini, una volta il cardiale Casaroli. Stavolta, a Purgatori, dice che è stato il caso, la voglia di uccidere il Papa perché si trovava in Europa e non c’era nulla da fare. Poi ricorda il fatto della fuga dal carcere turco e la coincidenza del Papa che si trovava lì. Un terrorista a piede libero che prova ad uccidere il Papa, ma non lo fa, e così va in giro per l’Europa finché non ci riprova in Piazza San Pietro.

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Ali Agca

E poi arrivano i russi. “Il Papa era polacco e servì a spingere il movimento nazionalista polacco, così il Cremlino e il Kgb sarebbero stati disposti ad uccidere Giovanni Paolo II se fosse stato necessario”. Ma con quali prove dice tutto ciò: “Decine di documenti. Molti non sanno, ma io so”. Ovviamente, nessuno li ha visti. E il fatto politico si rinnova. Secono il terrorista turco i servizi segreti erano anche dietro alla costruzione della sua storia. A Purgatori dice che era da solo, ma per anni si è parlato della presenza di complici. “I servizi segreti occidentali hanno voluto costruire il complotto, far pensare che ci fosse un gruppo dietro”. Il magistrato che seguì il caso, Ilario Martella, lo definì il Genio del male in riferimento alla sue conclusioni liquide e poco chiare, confermate e smentite dal personaggio più volte e in situazioni diversi. Ancora una volta siamo a prendere in prestito la frase scritta da Tommaso Besozzi: di vero c’è solo che hanno ferito il Papa.

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