A volte il mito scava solchi dai quali è difficile divagare, anche se vi sarebbe ogni ragione per farlo. E se ci pensate bene Giorgia e Arianna Meloni sono un po’ come Romolo e Remo. Altro che Signore degli Anelli. Tutt’e due abbandonate da piccole, cresciute politicamente sotto l’egida di Acca Larentia, e nutrite dal pastore Faustolo sotto le mentite spoglie di Gianfranco Fini. Mature, Giorgia e Arianna hanno guidato la rivolta dai banchi dell’opposizione contro l’Amulio governo Conte, e l’Amulio governo Draghi riconquistando il trono usurpato dalla sequela indigesta di grigi governi tecnici. Così le due quasi gemelle Giorgia e Arianna, hanno in qualche modo rifondato Roma. L’ascesa di Meloni alla presidenza del Consiglio è così evidente aver rappresentato un cambio epocale per la politica italiana. Ma adesso, sapranno le due sorelle, così simili per analogia alla leggenda di Romolo e Remo, a non riscrivere lo stesso finale? Arianna riuscirà a non farsi accoppare da Giorgia? E Giorgia riuscirà a imporre l’inviolabilità del pomerium della città sacra?
Se il giuoco delle parti politiche fosse un’opera letteraria avrebbe inizio in medias res, con la discesa in campo di Arianna, sempre rimasta sullo sfondo forse per qualche ragione specifica, dato che ad ogni sua dichiarazione si può serenamente giustapporre una polemica, oppure una gaffe, se non uno scandalo. (18 agosto 2024) Quando un articolo del Giornale diede la notizia della presunta intenzione da parte dei magistrati di voler indagare Arianna Meloni per traffico di influenze, come ipotizzato da Alessandro Sallusti, vide la sorella accorrere in sua difesa denunciando un cortocircuito fra giornali di sinistra e pm per danneggiare l’esecutivo. Tutto poi smentito dalla stessa Procura di Roma, alzando così un inutile polverone tra televisione, giornalisti e opinionisti vari. E questo è solo un caso molto lontano ormai, risalente al periodo (24 agosto 2024) in cui Arianna rilasciò la celebre intervista a Simone Canettieri per il Foglio, “io e Lollo ci siamo lasciati”, penna che oggi (circa) chiude il cerchio dalle colonne Corriere della Sera ri-annunciando la discesa in campo di Arianna, che sì, rimasta nell’ombra, però, ora si candida alle politiche per rimettere in riga l’ala più estremista e intransigente di Fdi, sancendo anch’ella dei confini invalicabili e sacri. Qualche mese dopo i fatti riportati, Arianna Meloni, a proposito del caso nomine in Ferrovie dello Stato, rispondeva ai cronisti “Giorgia non si lascia influenzare nemmeno da me”. Come a dire al tempo stesso, “nemmeno da me, in quanto sorella e in quanto capo della segreteria politica di Fdi, cioè colei che decide chi può entrare e chi deve uscire dal Partito”. Certo è che, tutti quelli che conferiscono con lei in privato, fanno una brutta fine.
E no, non è solo il caso di Agostino Ghiglia, che a rigor di logica avrebbe trascorso cinquanta minuti a scambiarsi convenevoli con Arianna Meloni nella sede di Fdi in via della Scrofa poco prima l’irrogazione della sanzione da 150mila euro a Report. No, pure la valanga che si sta gonfiando in questi giorni attorno a Manlio Messina trae origine da un colloquio privato avuto dal soggetto in questione con Arianna, dopodiché, a marzo di quest’anno, Messina rassegna le proprie dimissioni da vice capovicario di Fdi alla Camera, per poi passare a fine luglio nel gruppo misto. E sempre ad Arianna arrivava in tempi non sospetti una segnalazione del “sistema di collette” di Luca Cannata, ex sindaco di Avola, fedelissimo di Francesco Lollobrigida (ex di Arianna), e nominato da Messina, allora assessore al turismo per la Regione Sicilia, prima di finire sotto il “fuoco amico di Fdi” che lo avrebbe emarginato al punto da portarlo a togliersi qualche sassolino dalla scarpa tra le braccia di Ranucci. Palermotoday già ad aprile titolava “Arianna Meloni sapeva dei fondi neri in Sicilia” (o giù di lì), scrive il Domani. Insomma, la sorella di Giorgia, sempre al centro. Certamente, questo accade anche per la natura della carica da lei ricoperta, che la pone necessariamente in contatto con tutto quel che succede all’interno del partito. Però, rispetto alla sorella, Arianna, al di là dei modi “grossolani” – si veda la recente sfuriata di fronte ad un giornalista a proposito del caso Ghiglia-Ranucci – ha posizioni nette, ed intransigenti, poco moderate. Sua la celebre frase “il governo è complice solo della pace a Gaza” e le accuse alla Flottilla che “strumentalizza i morti a Gaza”. E poi la sua intransigenza da vera leader del pueblo, non si possono tradire le proprie origini, quindi Acca Larentia nel mito, l’ala più nostalgica nell’analogia politica con il presente. Non si può essere titubanti in politica internazionale, bisogna essere filo-israeliani, senza se e senza ma. Quindi, tutta quella destra sociale filo-palestinese, non deve più esistere. Bisogna seguire a testa bassa la via tracciata da Gianfranco Fini, colui che trainò la nave dell’Msi verso rotte meno antisemite, un partito che presentava ancora troppe sbavature anacronistiche. Ma il tutto senza quella discrezione e quella capacità di levigare gli spigoli più appuntiti, ovvero la pazienza e il tempismo di Giorgia, che attraverso la sua lunga carriera politica ha saputo tessere le solide maglie del potere che oggi la sostengono nella sua metamorfosi verso la moderazione. Qualche esempio?
A Milano la nomina di Debora Massari ad assessore del Turismo, Marketing territoriale e Moda alla Regione Lombardia, dominio dei La Russa, ha acceso i malumori in questa sfera del potere, data l’amicizia della nuova assessora con Arianna Meloni. Ed è sempre Arianna Meloni al centro del pasticciaccio di via della Scrofa tra Fdi e Agostino Ghiglia del garante per la privacy. Per questa ragione, poi, la sorella è stata costretta a farle una bella lavata di capa. Per non parlare di quel che deve ancora succedere a proposito dei soldi in nero a Fdi in Sicilia, ove Arianna – secondo il Domani – potrebbe essere stata a conoscenza della vicenda di Luca Cannata, oggi esponente Fdi in commissione bilancio e ai tempi delle “collette” sindaco di Avola in Sicilia. E pure Giorgia Meloni, in fine, non potendo far a meno della sorella per ragioni di ordine interno al partito, s’incamminerà pericolosamente verso la strada che conduce alla tragedia. La leggenda di Romolo e Remo, in chiave matriarcale, è destinata a ripetersi ancora una volta? D’altronde, i due gemelli cresciuti sotto l’egida di Acca Larentia, detta la lupa, trovarono lo scontro all’ultimo sangue per due modi diversi di intendere il potere. Romolo sceglieva il colle Palatino per tracciare il solco sacro del pomerium. Un colle che tutt’ora simboleggia l’establishment, allegoria del potere politico legittimo, costituito e costituzionale, quello degli imperatori e degli uomini (e donne, ma ancora non si sapeva quel che sarebbe accaduto) di Stato (allora che lo Stato non esisteva ancora). L’Aventino, invece, emblema dell’opposizione a quel potere costituito, metafora della secessione, come raccontano anche gli anni del fascismo, simbolo di attaccamento alla plebe. E forse, proprio ora che Giorgia Meloni sta virando verso le vette più alte della diplomazia che contemplano anche scelte difficili di realpolitik – in sacrificio delle promesse al pueblo nei tempi dell’opposizione – allora un potenziale conflitto con la sorella potrebbe essere davvero il principio di uno scisma di un partito la cui enorme maggioranza è riuscita in una sola tornata elettorale a sostituirsi, a livello di seggi, a quella chimera che era il governo giallo-verde, poi giallo-rosso I e II. Riuscirà Giorgia Meloni a rompere il cerchio infinito della tragedia? Saprà Giorgia Meloni collocarsi al di fuori, e al di sopra, della leggenda?