Bello il servizio di Report su Beatrice Venezi e la lotta della destra per accaparrarsi le “casematte del potere” (cit. Gramsci), cioè fondazioni culturali e artistiche, di solito sede dei circoletti e dell’amichettismo di sinistra. Beatrice Venezi non avrebbe il curriculum ma le spinte politiche, per questo avrebbe ricevuto l’incarico al Teatro La Fenice di Venezia. Scandalo: orchestrali in rivolta, interviste ai direttori d’orchestra, a primi violini, a intellettuali, a giornalisti, accuse ad Alessandro Giuli, al governo Meloni, all’amico della Venezi, Pierangelo Buttafuoco, altro potente in Veneto. I giornali si sono buttati sulla polemica come sul miele, ma il picco glicemico raggiunto per l’ennesima occasione di scagnarare sulla destra li ha evidentemente resi incapaci di guardare anche altrove, senza spostarsi di un centimetro dal tema che, a quanto pare, sembra interessargli così tanto: il teatro lirico e le nomine controverse. Con la nostra inchiesta sul Teatro San Carlo, di nomine controverse ve ne abbiamo date a volontà: tutti dirigenti o responsabili (funzionari di primo livello), tutto verificato, tutto a spese dei finanziamenti pubblici e della trasparenza della Fondazione a capo del più antico teatro lirico-sinfonico d’Europa. Un’intera sovrintendenza, che “definire poco trasparente” è dire poco, smontata pezzo pezzo, dai tempi del covid, quando chiedeva soldi allo Stato con una mano e con l’altra inventava una carica da 150 mila euro lordi all’anno, quella di Emmanuela Spedaliere (Direttrice generale della Fondazione, ancora in carica), fino agli ultimi provvedimenti, come quello per allungare di due anni l’incarico di Direttore artistico delle Officine di Vigliena a Michele Mangini Sorrentino, il figlio della Spedaliere. Un cerchio perfetto, un bersaglio per le polemiche, per discussioni alte sul Sistema culture e pure per semplici servizi scandalistici. Invece all’inchiesta San Carlo, iniziata a maggio, capita ciò che normalmente accade nel nostro Paese a tutte le notizie che riguardano la lirica: nessuno se ne interessa. Eppure è una versione a megatoni del caso Venezi, non una ma almeno sette nomine tutte, o quasi, strapagate.
La storia è così pesante che sono state avviate due indagini, una della Corte dei conti e una della Procura di Napoli guidata da Gratteri. Due anni fa intervenne anche il ministero dell’economia con una relazione indipendente in cui si elencavano tutte le storture della gestione Lissner (il Sovrintendente che ha finito il suo incarico a marzo di quest’anno). Tre persone hanno confessato tutto e ora i dirigenti del San Carlo fanno la spola tra Teatro Regio e Procura, mentre si parla di liti interne, minacce di querela e grandi pianti. Allora come mai gli stessi interessati agli scandali e che urlano per ottenere giustizia nel caso Venezi non parlano del San Carlo? Magari non ne sanno niente, certo, o forse non vogliono saperne nulla. Perché in quella storia Giorgia Meloni, almeno per ora, non c’entra. Il Sistema San Carlo è un potentato che coinvolge il sindaco Gaetano Manfredi, presidente della Fondazione, ed è uno spaccato molto particolare della guerra civile interna al centrosinistra campano, tra regione a guida deluchiana e comune. Uno spaccato particolare perché la Fondazione San Carlo non attira solo denaro, ma prestigio, potere simbolico, quello che solo la cultura dà. Il potere dei salotti, che noi vi abbiamo raccontato, ma su cui nessuna tv, almeno per ora, ha pensato di doversi sintonizzare. Chissà perché.