Elio! Proprio lui, il maestro delle Storie Tese. Sia questa la risposta, la soluzione, al nodo problematico legato alle resistenze di molti davanti all’esistenza professionale stessa di Beatrice Venezi. Il problema che agita il cielo sopra il Teatro La Fenice sia così risolto. Mettendo proprio Elio al posto dell’indesiderata signora. Elio cui, fra molto altro, dobbiamo la metafora impagabile della Terra dei cachi. Si perdoni lo stile sbrigativo e informale, sappiate però che possiamo ritenere così davvero cancellato “l’affaire” Venezi, e nel modo più esemplare. Caso scottante, tribolante, insidioso, fosco che vedeva appunto la “direttore” Beatrice Venezi destinata, almeno inizialmente, per candore o forse cecità istituzionale dei suoi garanti politici, alla direzione del prestigioso Teatro “La Fenice” di Venezia. Riteniamo infatti, oltre ogni baruffa, bagarre o semplice scazzo, esista davvero una soluzione opportuna in grado di pacificare le decisamente agguerrite parti in causa. Escludendo, va da sé, dall’ambito delle scelte, per ragioni di opportunità e d’eleganza politica, chiunque ambisca per protervia a mantenere intatta ogni pretesa d’egemonia “comunista”, perfino ai danni dell’ultimo suonatore di triangolo, di spazzole o magari d’ottavino. Possiamo dunque tirare tutti il fiato. Insieme ai vilipesi e agli incauti difensori sia della signora sia delle pretese di democrazia partecipata comunque di controllo condominiale del boccascena, perfino in presenza di un controfagotto e di un corno francese. Irrilevante ormai, assodata la soluzione alternativa da noi proposta, ossia Elio, che qualcuno abbia provato a imporre proprio una “direttore” ritenuta dall’orchestra tutta e addirittura perfino dal resto del personale lì presente ai margini del golfo mistico, compreso quello destinato al minuto tecnico mantenimento della scena con scope e moci, inadeguato per l’aura dell’istituzione musicale che dà lustro melodico alla Laguna. Ci riferiamo segnatamente ancora alla “direttore” Beatrice Venezi, suggerita dal presidente del Consiglio attualmente in carica, la comunicatrice instancabilmente populista Giorgia Meloni. Una nazione che rispetti le proprie insegne, e non dimentichi bandiere, gonfaloni, labari, gagliardetti e fasce più o meno littorie, è bene infatti che viva nella comune concordia, accantonando l’Ipotesi Venezi che, beninteso, per molti che ne stimano il talento potrebbe non meno opportunamente anche ottenere con profitto, si sappia anche questo, la direzione dei lavori per l’agognato Ponte sullo Stretto di Messina, opera cara al vicepremier Salvini.
Il nome che riteniamo opportuno come soluzione definitiva, Elio, custodisce ampiamente i titoli e le credenziali dei bisogni nazionalpopolari cari alla destra, qualcosa che risponda, appunto, alle necessità e ai desiderata espressi da non meno esemplare sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi, che usato parole pre-moderne riferendosi sia alle polemiche sia al presente musicale destinato ad andare incontro alle masse di questi tribolati giorni; poco male che agli occhi dell’apprezzato musicologo de “La Stampa”, Alberto Mattioli, gli amici della Meloni e in subordine della Venezi abbiano scambiato il Teatro “La Fenice” con “Sanremo Giovani”, se non addirittura con l’ormai tramontato Festival degli Sconosciuti di Ariccia che, decenni or sono, rese possibile l’apoteosi canora di Rita Pavone. Il nome che di improvviso ci è venuto in mente, mostrandosi come magica pallina numerata del bingo sul soffio d’aria al momento del sorteggio, corrisponde al profilo professionale, si è detto già, di Elio, al secolo Stefano Belisari, non meno “maestro” di Beatrice, apprezzato flautista che custodisce altrettanto una prodigiosa formazione musicale che fa riferimento al concetto delle Storie Tese; valga su tutto “La terra dei cachi”, un titolo in grado di misurarsi con l’intero repertorio, metti, operistico e altrettanto con l’insieme dello scibile musicale classico e sinfonico. Fra l’altro, Elio è un nome che nessuno potrà mai tacciare d’essere “comunista” o piuttosto di far parte, volendo citare il lessico caro ai detrattori dei detrattori di Venezi del “circoletto” o “circolino”, non una “zecca”, in breve, un nome, sempre Elio, che risponde, per ancora citare le ripugnanti categorie invise ai sostenitori di Venezi, al “mainstream” e al “politicamente corretto”. Non una “zecca” qualsiasi, semmai un caposaldo della tradizione pop destinato a svecchiare il paesaggio e le narrazioni musicali ormai minacciate dalle tarme “rosse”.
Elio, da molti ritenuto il Frank Zappa italiano, cui dobbiamo riconoscere una preparazione musicale e strumentistica, oltreché vocale, di rarissimo spessore, insieme agli onorati colleghi che da decenni lo accompagnano. La nostra proposta, preceduta da un lancio social (su Instagram, segnatamente) ha subito raccolto interesse e viva partecipazione presso le masse temperate dal senso della democrazia, qualcuno ha addirittura già immaginato l’arrivo del maestro-direttore Elio in Laguna su una gondola speciale opportunamente elettrificata per rispondere ancora ai desiderata del sottosegretario Mazzi, cui dobbiamo appunto queste illuminanti considerazioni che vanno qui doverosamente riportate: “L’opera, come sanno anche gli esperti, nasce proprio popolare, cioè l’opera è un qualcosa che nasce nella società pre-elettrica e tutte quelle cose che noi vediamo, anche come dire la forma nel canto, l’orchestra che è nella buca, perché è proprio per quello, cioè in fondo l’orchestra veniva considerata come doveva dare il suono, diciamo, quello che oggi magari fanno le basi, fanno altre cose e quel canto era un canto costruito in quel modo, proprio per consentire che anche il pubblico più lontano dei teatri potesse seguire l’opera. Poi dopo è arrivata l’elettricità e sono nate altre modalità, altre forme di canto”.
Una portantina lucente degna della migliore pompa, in questo caso manualmente, condurrà il maestro Elio fin sul podio tra gli applausi e gli squilli di chiarine già al lavoro per i dogi di un tempo. Così facendo si acquieterà ogni conflitto, come fogliame infine accartocciato resteranno sul pavimento del rimosso le brutte parole pronunciate da chiunque si sia sentito poco rassicurato dalla ormai sventata direzione della non meno rispettabile collega Beatrice Venezi. Una proposta che, ci si conceda il termine solo in apparenza poco organico alle maiuscole della Grande Musica, riuscirà a “surfare” su ogni polemica, ristabilendo, e di questo saranno anche certamente contenti i funzionari ministeriali benedetti da Giorgia Meloni, cominciando dal ministro Alessandro Giuli, ristabilendo appunto, e qui è il caso di tornare a far risuonare le parole alate del sottosegretario Mazzi, mettendo giusta elettricità al tutto. Detto questo, interrompiamo la stesura di questa nostra modesta nota per comunicare a tutti la soluzione infine raggiunta. Sul frontone del Teatro “Massimo” di Palermo vive una frase che alcuni attribuiscono a Metastasio o forse al Gioberti, altri a voce anonima popolare, se non rionale: “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita”. Con Elio a La Fenice, la vita sarà finalmente rivelata, la professionalità ancora una volta avrà sconfitto ogni meschina mira cara ai “comunisti” invidiosi di una giovane e piacente professionista. La direzione dei lavori per il Ponte sullo Stretto sarà per Beatrice Venezi il giusto risarcimento. Con l’arrivo dell’elettricità non restava che la soluzione da noi prospettata, la tuta, ignifuga ad ogni tentazione “radical chic”, già vista al Festival dei Fiori indosso al maestro Elio brillerà dunque per la pace riconquistata da ogni abbonato a La Fenice.