La Lega di Salvini sull’autonomia di Veneto, Lombardia e delle altre Regioni? “Una farsa”. E perché? “Perché Salvini non la vuole e non l’ha mai voluta”. E il campione dell’autonomismo, Luca Zaia, che proclama che non ci sono più scuse con un governo di centrodestra? “È bravo a fare la vittima”. Se state pensando che queste siano affermazioni di uno sfegatato anti-leghista, vi state sbagliando: la firma è di Paolo Franco, leghista doc di Arzignano (Vicenza), senatore per tre legislature (2001-2013) della Lega quando si chiamava ancora Lega Nord-Liga Veneta, oggi in trincea per reclamare l’agognata autonomia regionale con l’associazione “Rete 22 ottobre”. “Ma a me la tessera della Lega Nord-Liga Veneta arriva sempre, a casa. Solo che è un partito commissariato da anni, il commissario è Igor Iezzi”. Non ha mai preso la tessera dell’altro partito, la Lega-Salvini premier, “perché neanche in Corea del Nord un partito ha nella sua denominazione il nome del padrone. È una proprietà privata di Matteo Salvini, non mi hai mai interessato sia per questo motivo, sia perché non ho mai condiviso l’anti-europeismo, il sovranismo, il putinismo, che fra l’altro (anche se i responsabili economici sono ancora i no-euro Borghi e Bagnai) hanno messo anche quelli in naftalina: se si va sul sito non c’è un tubo, si trova solo lo statuto”.
Il 22 ottobre 2017 il Veneto e la Lombardia, le due zone “locomotive” dell’Italia industriale, votavano plebiscitariamente a favore dell’autonomia, con un vero e proprio trionfo nella Regione guida da Luca Zaia (97% di sì). Com’è che dopo cinque anni, si chiedono milioni di cittadini, non si è ottenuto nulla?
Nell’ultimo scorcio di governo Gentiloni l’allora sottosegretario agli affari regionali Gianclaudio Bressa era arrivato a delle pre-intese con le Regioni. Nel 2018, Salvini le ha abbandonate sull’altare della sua visione nazionalista, perché la sua ottica era di fare quel che è riuscito ora alla Meloni. Ma invece, nel governo Conte 1, c’erano tutte le condizioni per andare in porto. Sono stati votati provvedimenti - anche dalla Lega - come il reddito di cittadinanza, ma l’autonomia, no.
La responsabilità di allora fu dei grillini, sostiene la Lega.
Questa è la versione data dopo dall’ex ministro Erika Stefani, ma se torniamo con la memoria al famoso Papete, la caduta del primo governo Conte non fu motivata da Salvini sull’autonomia. La colpa maggiore è della Lega, perché l’autonomia doveva essere il suo core business, e avrebbe potuto farne materia di scambio: io voto il reddito di cittadinanza, tu M5S voti l’autonomia. Ma la verità è che Salvini ritiene che l’autonomia sia un danno per il Paese.
In campagna elettorale ha giurato di portarla a casa, fin dal primo Consiglio dei Ministri.
E infatti, nel primo Consiglio dei Ministri l’autonomia non c’è. Continua a dirlo, ma poi non lo fa.
Per ripartire c’è però il “telaio” di una legge-quadro pronta, a firma dell’ex ministro Mariastella Gelmini.
Ma è incostituzionale, è la tomba dell’autonomia! L’articolo 116 comma 3 della Costituzione dice che si possono concedere alcune materie alle Regioni, ma non dice che ci vuole tutto il procedimento che abbiamo visto in questi anni. L’autonomia si può raggiungere semplicemente negoziando nella stessa modalità con cui si votano le intese con le confessioni religiose o i trattati internazionali: si respinge o si accoglie in parlamento. Non è che quando fai un trattato con un altro Paese se cambi un articolo torni e gli dici che bisogna ri-trattare. Oggi basterebbe riprendere in mano le pre-intese del 2018 e proporle come legge da far votare alle Camere.
E con l’attuale solida maggioranza che ha la Meloni il gioco sarebbe fatto, al netto delle palesi resistenze di Fratelli d’Italia. A quanto pare invece si proseguirà nel solco della legge-quadro.
Certo, perché quando non conviene fanno dire ai tecnici che è l’unica “soluzione tecnica” possibile. In realtà è solo una fola.
Ma anche Zaia, il grande vessillifero dell’autonomia, è d’accordo.
È un fatto di menzogna e di disperazione. Non solo lui, ma anche l’assessore veneto Roberto Marcato fanno finta. Marcato si lamenta perché non ci sono ministri veneti della Lega, si lamenta perché vuole i congressi, si lamenta per l’autonomia. Invece di andare a lamentarsi sui giornali, visto che è nel Consiglio Federale del partito, così come anche Zaia, vada lì, a farsi sentire. Ma abbasseranno le orecchie come sempre. Sono complici.
Qualche congresso locale però si sta svolgendo, e finora li hanno vinti i salviniani, come a Padova.
Ovvio. L’ho sempre detto, ai miei amici in Lega: i congressi ve li faranno fare quando saranno sicuri di vincerli.
La sua associazione, Rete 22 Ottobre, è in contatto con il Comitato del Nord di Bossi e Maroni, la fronda interna alla Lega?
No, fa parte di una più ampia Alleanza per le Autonomie fatta di associazioni in Veneto, Lombardia e Piemonte, ma è alternativa alle correnti della Lega. Non ho molta fiducia in quella che Angelo Ciocca (europarlamentare, ndr) e Paolo Grimoldi (ex segretario della Lega Lombarda, ndr) hanno creato usando il nome di Bossi, mi pare un escamotage per tenere dentro il partito chi vorrebbe andarsene.
Ma la Lega in Veneto rischia di scomparire, se va avanti così?
Ma la Lega non esiste più. Vedremo un ulteriore travaso di consensi verso Fratelli d’Italia.
Zaia ha addirittura dichiarato che se l’autonomia non arriva “è meglio che il centrodestra non si faccia più vedere da queste parti”. Che detto da un esponente di primo piano del centrodestra… Non è che sta pensando a una deroga per il quarto mandato nel 2025?
Risibile. Lui e gli altri come Marcato non contano nulla. L’autonomia Salvini non la vuole. Zaia ha obbiettivi per la sua carriera personale che vanno concordati con la coalizione di centrodestra, per esempio per un posto da commissario europeo nel 2024. Se si dimette da presidente della Regione un anno prima, per legge non si deve andare a elezioni regionali anticipate.
Con un passaggio di consegne, cioè, non traumatico. E intanto sembra uscire indenne dalla rabbia per la mancata autonomia. Come se lo spiega?
È molto bravo a darsi un’immagine da vittima. Double-face, diciamo.
Tirando le somme: cinque anni di andirivieni buttati, sull’autonomia?
Sì, una farsa.