Da giorni, migliaia di manifestanti stanno protestando in diverse città del Kenya, tra cui Nairobi, Mombasa, Kisumu e Nakuru, contro il governo del presidente William Ruto. Le manifestazioni sono guidate principalmente dai giovani della cosiddetta "Generazione Z", che usano i social media per coordinarsi e diffondere aggiornamenti in tempo reale, nonostante i tentativi delle autorità di censurare la copertura mediatica.
Secondo The Guardian, almeno 16 persone sono state uccise dalla polizia durante le proteste del 25 giugno 2025, e più di 400 sono rimaste ferite. Le forze dell’ordine hanno usato gas lacrimogeni, proiettili veri e cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti. Amnesty International ha denunciato un uso eccessivo e letale della forza.

L’omicidio di Albert Ojwang e l'inizio della protesta
Le proteste sono esplose in seguito alla morte di Albert Omondi Ojwang, un blogger e insegnante 31enne, arrestato il 7 giugno con l’accusa di aver diffamato un ufficiale di polizia. Il giorno successivo, è stato trovato morto in una stazione di polizia a Nairobi. Secondo quanto riportato da Reuters (fonte), un’autopsia ha rilevato segni evidenti di percosse, trauma cranico e lesioni al collo. Sei persone, tra cui tre agenti di polizia, sono state incriminate per il suo omicidio.
La vicenda ha scatenato una nuova ondata di proteste in tutto il paese. I manifestanti chiedono giustizia per Ojwang e denunciano l’impunità delle forze di sicurezza. Il cartello "Sarò il prossimo? Non siamo al sicuro", esposto durante le manifestazioni a Nairobi, è diventato simbolo del timore diffuso nei confronti della brutalità della polizia.

Aumenti delle tasse e crisi economica
Oltre alla repressione e agli abusi delle forze dell’ordine, le proteste sono alimentate da un forte disagio economico. Il presidente William Ruto, eletto nel 2022 con l'appoggio di molti giovani, aveva promesso una riduzione del debito pubblico e una crescita economica equa. Tuttavia, ha adottato politiche impopolari: aumenti delle tasse su beni essenziali come il pane e la rimozione dei sussidi sul carburante.
Nel 2023 e nel 2024 queste misure avevano già causato massicce proteste, culminate nell’assalto al Parlamento e nella morte di almeno 60 persone, secondo la Kenya National Commission on Human Rights. Dopo quelle proteste, Ruto era stato costretto a ritirare alcuni provvedimenti fiscali, ma nel 2025 ha reintrodotto nuovamente imposte su beni di prima necessità, accendendo la miccia delle proteste attuali.
Come osserva anche The Financial Times (fonte), il malcontento popolare è legato al peggioramento del tenore di vita e alla percezione di una crescente distanza tra il governo e le esigenze della popolazione.

La repressione del dissenso e il ruolo dei media
In risposta alle proteste, il governo ha cercato di limitare la diffusione delle notizie oscurando le cronache televisive e bloccando l’accesso a Internet in alcune aree. Tuttavia, un tribunale ha ordinato il ripristino dei segnali TV. Secondo AP News (fonte), anche l’uccisione del venditore Boniface Kariuki, colpito da un agente durante una manifestazione il 17 giugno e morto il 30 giugno, ha alimentato l’indignazione pubblica.
Attivisti e organizzazioni per i diritti umani chiedono riforme urgenti nelle forze di sicurezza. L'Independent Policing Oversight Authority ha aperto inchieste su diverse morti avvenute in custodia.

Le dichiarazioni di Ruto e i timori per la democrazia
Il presidente Ruto ha risposto con durezza, accusando i manifestanti di essere «tribalisti senza un piano» e dichiarando: «Non possiamo consegnare il paese a questa gente». Diversi osservatori, come riportato da Al Jazeera (fonte), temono che Ruto stia preparando il terreno per consolidare il proprio potere oltre le elezioni del 2027.
Le opposizioni leggono queste dichiarazioni come segnali preoccupanti per la democrazia keniota. Intanto, l'hashtag #RutoMustGo continua a essere virale sui social media, mentre le proteste non accennano a diminuire.

Una crisi politica e sociale in evoluzione
Le proteste in Kenya del 2025 rappresentano uno dei più ampi movimenti giovanili contro un governo africano negli ultimi anni. Sono la conseguenza di anni di promesse disattese, crescente autoritarismo e crisi economica. La risposta violenta dello Stato e la morte di cittadini in custodia hanno alimentato una rabbia diffusa che ha superato ogni confine etnico e sociale.
Mentre la comunità internazionale osserva con preoccupazione, migliaia di giovani kenioti continuano a chiedere giustizia, riforme e rispetto dei diritti fondamentali. Le prossime settimane saranno cruciali per il futuro politico del paese e per la tenuta delle sue istituzioni democratiche.
