Un’impronta dimenticata e una ricostruzione che cambia (di nuovo) tutto. È la numero 44, una suola con righe nere verticali impressa sul muro destro delle scale che portano alla tavernetta del villino di via Pascoli, a Garlasco. Nel 2007 l’avevano classificata come “indefinibile”. Oggi riemerge al centro di un’indagine che potrebbe riscrivere la dinamica dell’omicidio di Chiara Poggi. Secondo il Fatto Quotidiano e Il Messaggero, l’impronta è finita sotto i riflettori del Ris di Cagliari, che sta riesaminando tutto il corpus dei reperti della casa. Ma non è l’unico segno. Sulla parete opposta c’è la 97F: una macchia di sangue, un trascinamento lasciato, secondo la procura, da una mano insanguinata. Tra i due muri, un’altra impronta: la 33. È palmare e, secondo l'accusa, sarebbe di Andrea Sempio, l'amico del fratello di Chiara che per anni è rimasto ai margini dell’inchiesta. Ora i tre indizi, 33, 44 e 97F, per gli inquirenti si parlano. Ricostruiscono un gesto, forse un’azione violenta. Forse l’intera dinamica. Secondo la procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, tutto parte da una serie di impronte digitali rilevate sulla spalla sinistra del pigiama della vittima. La mano che le ha lasciate, secondo i tecnici, era sporca di sangue. La stessa che avrebbe toccato la parete sinistra lasciando la traccia 97F. La stessa che avrebbe guidato, o trascinato, il corpo giù per le scale.


“I segni raccontano un’unica direzione di movimento”, è la sintesi. La 33 è in alto, sul muro destro. La 44 è più in basso, all’altezza dei gradini. Una persona che perde l’equilibrio, si appoggia con il palmo destro. Poi, con la suola della scarpa, striscia sul muro un metro e mezzo più sotto. Infine, con la mano sinistra insanguinata, sporca la parete opposta. L’ipotesi inquietante è che sulla scena del crimine non ci fosse una sola persona. Antonio De Rensis, legale di Alberto Stasi, il ragazzo di Chiara, condannato in via definitiva a 16 anni, lo dice chiaro: “Con le nuove indagini si rafforza l’idea che ci fossero più soggetti, ognuno con un ruolo diverso”. Un’aggressione condivisa, forse premeditata. Ma c’è un problema. Quelle impronte potrebbero essere state lasciate prima dell’omicidio. Non ci sono tracce di sangue nella 33 e nella 44. Niente DNA, né elementi comparabili. I trenta fogli di acetato usati per campionare le cinquanta impronte trovate in casa non hanno restituito profili utili. E l’assenza di materiale genetico riapre una vecchia domanda: sono prove vere o solo fantasmi di un delitto? Nell’attesa di nuove perizie, l’unica certezza è che il delitto di Garlasco continua a non far dormire tranquilli. Nessuno.
