Si sa ancora poco del tragico ritrovamento dei corpi senza vita di una donna e una bambina all’interno di Villa Pamphili, uno dei polmoni verdi più vasti della Capitale. Ma qualcosa comincia a emergere: «I corpi stanno iniziando a parlare», confida un investigatore impegnato nel caso. A parlare, per ora, sono soprattutto i primi risultati delle autopsie, che gettano una luce ancora flebile ma significativa sull’orrore che ha scosso Roma.
Dall’Istituto di Medicina legale dell’Università Cattolica Sacro Cuore arriva un primo dato: la donna, che avrebbe tra i 30 e i 40 anni, è morta per un’intossicazione o un avvelenamento. Saranno i test tossicologici, attesi tra 60 giorni, a chiarire se si sia trattato di droga, alcol o di qualche altra sostanza. Nessun segno di violenza sessuale o lesioni, anche se, come sottolineano gli investigatori, «alcuni accertamenti diranno di più su eventuali abusi».
Diverso il quadro sulla bambina, di età stimata superiore ai sei mesi: il corpicino presenta traumi alla testa e al viso, oltre ad evidenti ematomi sotto le unghie. Un dettaglio che fa pensare a un tentativo disperato di difesa o a una lotta. Nessun trascinamento dei corpi, dicono gli inquirenti, segno che le vittime potrebbero essere morte lì dove sono state ritrovate.
A fornire un ulteriore tassello alla ricostruzione è la scoperta di un rifugio improvvisato, a circa cento metri da dove si trovava il corpo della donna. Tra le siepi, un sacco a pelo, vestiti da adulti e da bambina, pannolini, reggiseni. «È lì che potrebbero aver passato diverse notti», suggeriscono gli investigatori. Accanto alla donna, invece, è stato rinvenuto solo un cuscino. Tutto è stato sequestrato alla ricerca di tracce biologiche: oltre ai profili delle due vittime, si cerca ora il DNA dell’uomo descritto da alcuni testimoni.

«Sono entrambe bionde, un particolare che fa pensare che ci sia un legame tra le vittime», afferma un inquirente. I lineamenti, inoltre, farebbero pensare a un’origine dell’Est Europa, ma senza documenti né impronte in banca dati, per ora restano senza identità. La procura di Roma, con i pm Giuseppe Cascini e Antonino Verdi, ha aperto un fascicolo per duplice omicidio aggravato.
Chi frequenta abitualmente il parco racconta di aver visto la donna e la bambina assieme a un uomo, sempre nello stesso angolo di verde, già da circa tre settimane. Un dettaglio che trova riscontro anche nel giaciglio e nei sopralluoghi, mentre le immagini di un drone e delle telecamere di un bistrot interno potrebbero ora fornire nuove piste.
Sono stati alcuni adolescenti a offrire la prima, preziosa testimonianza: venerdì sera, mentre passeggiavano tra gli alberi, hanno visto un uomo con in braccio un fagotto. Quando hanno riconosciuto le vittime sulla notizia riportata sui social, hanno parlato con la polizia. «La descrizione combacia con quella di altri testimoni», confermano gli investigatori, che ora stringono il cerchio intorno a quella figura maschile ancora senza nome.
Un ultimo, inquietante particolare tiene aperta ogni ipotesi. Quando i cadaveri sono stati trovati, erano entrambi privi di vestiti. «Si possono fare diverse ipotesi. Per esempio che stavano dormendo quando sono state uccise e si erano spogliate per il caldo. Oppure chi le ha lasciate lì ha tolto loro i vestiti nel maldestro tentativo di cancellare delle prove», spiegano i detective. Ma una cosa è certa: «i corpi, prima o poi, parlano».
Le indagini proseguono senza sosta. Il mistero di Villa Pamphili è tutt’altro che risolto, ma ogni dettaglio può essere la chiave per dare un volto e una storia a due vittime che, per ora, restano senza nome.
