E chi se lo aspettava? Dopo l'ottima prova data al Festival di Sanremo, per Francesca Fagnani non poteva che arrivare la definitiva consacrazione. E infatti, il suo ferocissimo talk Belve è stato promosso dalla seconda alla prima serata di Rai 2. Era inevitabile, nell'opinione generale, che graffiasse ancor più di prima. Eppure. Eppure il format, al netto di ascolti non certo faraonici ma in linea con la media di rete (4,5 % di share ossia poco più di 800mila telespettatori), fa sbadigliare. Nonché innervosire. Nonostante i grandi nomi che si sono seduti sullo scomodo sgabello dello studio per farsi torchiare dalla conduttrice, alla seconda puntata lo show è già stanco. E, quel che è peggio, annoia. Cosa non sta funzionando e perché ai fan del programma tocca sperare che torni in onda a orari mannari? Belve doveva essere il nuovo Le Invasioni Barbariche. E invece ne ha ancora troppi di cereali sottomarca da mangiare per arrivare a diventarne anche solo una pallida eco. Con grande rammarico, vediamo come mai invece dell'Inno alla Gaudente Ferocia, tocca suonare le note di un Requiem. A partire dalle foto completamente sgranate che la conduttrice posta sui social per annunciare l'intervistato di turno. Filtro Amaro, 2015.
Cominciamo proprio dagli ospiti. Fagnani, a differenza di quanto accadeva durante la programmazione in seconda serata, si è lasciata ammaliare da nomi altisonanti, dando a questi la precedenza sul racconto. Ci spieghiamo meglio: un talk come Belve ha estremo bisogno che gli intervistati siano disponibili a parlare di sé a 360 gradi. È conditio sine qua non una elevatissima generosità all'aprirsi al pubblico, per dire la verità come anche per rifilar panzane (che poi verrebbero puntualmente sferzate dalla conduttrice). Esempio pratico: Wanna Marchi, gigantesco animale televisivo, fu forse l'unica a mettere in difficoltà Fagnani, ricostruendo, di risposta in risposta, una propria versione opinabile quanto inespugnabile. Nonostante (o proprio in virtù di) ciò il pubblico ha avuto il privilegio di assistere a un duello tra intervistata e giornalista. Terminato con la "sconfitta" dialettica di quest'ultima, ma le scintille tra gli affondi di Fagnani e le controffensive di Marchi, avevano comunque costituito uno scoppiettante show per i telespettatori. Ebbene, arriviamo al primo errore di questa edizione di Belve: Anna Oxa.
Con lei è stato deciso di aprire la prima puntata e, al netto dello scoop giornalistico - la cantante, reduce da Sanremo, si era rifiutata di rilasciare interviste per l'intera durata della kermesse - fu un flop. Per quanto il materiale da meme non è certo mancato, la storica voce della musica italiana si è espressa a gerofiglifici verbali, rimanendo impenetrabile. Aveva senso, al di fuori dell'hype social, invitarla in puntata? Per il tipo di programma che è Belve, no. Cento volte una Eva Robins (andatevi a recuperare la sua intervista su RaiPlay) meno mainstream, ma più "parlante", rispetto a tanta parsimonia di contenuti.
Lo stesso vale per altri personaggi chiamati in queste prime due puntate come Massimo Giletti, Rocco Casalino (che ha fatto solo gaffes, non aggiungendo né togliendo alcunché al "mito" intorno alla propria figura), la soporifera Wanda Nara che niente poteva dire e infatti nulla ha detto. Belve dovrebbe reggersi (come è sempre stato) sul carisma dellla conduttrice e non restare in balia della generosità degli intervistati. Per il momento, purtroppo, sono loro a fare il bello e il cattivo tempo all'interno del programma. Fuori format. Poi c'è la sciatteria.
In questo "nuovo" Belve dilaga una sciatteria fuori controllo. Ed è quasi doloroso doverla notare, soprattutto da fan della prima ora del talk. Il montaggio delle interviste è criminale. Sembra essere stato fatto con la cazzuola a pochi minuti dalla messa in onda. Abbondano stacchi di camera brutali, momenti in cui possiamo vedere il labiale della conduttrice o dell'ospite muoversi senz'audio, sillabe saltate e punti di raccordo claudicanti. Perfino Fagnani, pur essendo registrata, arriva a sbagliare i nomi degli ospiti, sin dal momento dell'annuncio. Nella serata del 28 febbraio, per esempio, ha introdotto con gioia l'imminente ingresso di un certo "Rocco Casalini". Si poteva rifare, è stato tenuto così com'era. Boris vibes.
Per quanto riguarda la prima puntata, altro errore: le anticipazioni diramate dall'ufficio stampa Rai avevano "spoilerato" praticamente tutto, ogni cosa. Le dichiarazioni salienti degli intervistati circolavano già online molto prima della messa in onda, con tanto di polemiche annesse, soprattutto riguardo l'affaire Ignazio La Russa ed eventuale figlio omosessuale. E quindi a che pro guardare il programma? Stavamo già tutti troppo impegnati a litigare sui social. Un errore da dilettanti, confermato dalla seconda puntata, prima della quale, invece, non si è quasi mossa foglia: solo poche frasi sono state anticipate alla stampa, generando scarsissimo interesse. Il sospetto è che la comunicazione di Belve la curi Rocco Casalino o non si spiega. Passiamo agli sciagurati innesti che strizzano l'occhio alla rete...
Ecco arrivare le @Eterobasiche che nulla aggiungono né tolgono agli snodi del talk. Il loro apporto, la cui unica qualità è la brevità, è così fondamentale da essere stato trinciato dal finale della seconda puntata, nonostante lieto lancio della conduttrice (che, poi, si è scusata via Twitter). Ancora una volta, sciatteria. Che dire inoltre di Ubaldo Pantani, annunciato in fior di comunicati stampa come presenza fissa dello show e apparso solo la sera del 28 febbraio per non più di sessanta secondi? Alla faccia del cast fisso, poche idee e sviluppate pure con criminale incertezza (nulla di tutto questo, chiaro, è imputabile all'imitatore toscano. Ma a chi scrive scaletta e cs stampa, ammesso che lo faccia realmente, invece sì).
Di problema in problema, arriviamo al peccato originale di Belve: la conduttrice, armata di agendina rossa come solo Loredana Bertè a The Voice Senior, ha da sempre l'abitudine di chieder conto all'intervistato di dichiarazioni esose o bizzarre da lui o lei rilasciate nel corso degli anni. Regola base del giornalismo: le fonti vanno citate. Se non a voce - ogni volta appesantirebbe la schermaglia e ce ne rendiamo ben conto, si potrebbero mostrare almeno sullo schermo led dello sfondo o in sovraimpressione. Invece, Fagnani non lo ha mai fatto. Questo porta a due conseguenze: in primis un senso di scorrettezza deontologica e professionale che certo non tocca il pubblico a casa, e poi una serie di risposte svicolanti da parte dell'ospite: "L'ho detto io? Ma quando mai?". Palo perenne. Tale tipo di quesiti, infatti, finisce ben poche volte per arrivare a una risposta interessante o di approfondimento. Nella puntata del 28 febbraio, miracolo, Fagnani ha voluto citare solo Libero e Guia Soncini. Tutte le altre testate o firme da cui lei e il suo team di autori hanno pescato a strascico, mai. Non è il massimo. E nemmeno il minimo.
La novità del pubblico in studio resta poi inspiegabile. Anzi, se proprio, rovina l'atmosfera "intima" come quella che dovrebbe esserci tra boia e condannato a morte che manteneva costante la tensione nella versione dello show in seconda serata. Inoltre, la premura generale sembra essere quella di dare a Twitter contenuti per meme e clip "lol", più che di regalare interviste cult. Ma Belve è tuttora scritto da autori o social media manager della Gen Z? Il talk, in qualità di "content generator" perde parecchio del proprio valore intrinseco. Oltre a snaturarsi per digi-involversi in molto meno di ciò che potrebbe e dovrebbe essere.
Francesca Fagnani è perfettamente in grado di stare al timone di uno show fitto, graffiante e feroce. Basti pensare che durante il Festival di Sanremo è riuscita, con belle parole e altrettanta eleganza, a tirar fuori da Gianni Morandi l'origine della leggenda metropolotina che riguarda lui e ciò che, si dice, porti fortuna quando incontra le suole delle nostre scarpe mentre passeggiamo. Perdonate la perifrasi, ma ci siamo capiti. Nessuno mai prima aveva osato l'azzardo. E tantomeno anima viva pensava che si potesse toccare tale tema con un garbo così sopraffino. Sul palco dell'Ariston, per giunta. Lo stesso palco su cui Fagnani ha chiesto ad Amadeus se portasse o meno le mutande "visto che tra il pubblico c'è chi scommette anche su questo".
La conduttrice, in quello che dovrebbe essere il suo regno, ha perso tono e graffio. Legatissima alle domande in scaletta, si limita a qualche commento a margine in romanesco (a cui siamo comunque molto affezionati anche perché cifra della trasmissione), ma è come se non ascoltasse più chi ha davanti, perdendo occasioni d'oro per affondare. E, di conseguenza, intrattenere.
Sarà la tensione da prima serata (ma de che? Non è nemmeno in diretta!), sarà che quattro interviste - già diventate tre alla seconda - siano troppe per un programma che dovrebbe essere pungente e rapido come uno schermidore. L'unica certezza, purtroppo, è che tale versione arraffazzonata, sciatta e confusionaria di Belve in primetime sia, al momento, un'amara delusione. Peccato per chi, come noi, ci credeva.