All’alba di giovedì 21 agosto 2025 Milano ha messo la firma sotto una pratica rimandata "oltre 130 volte": il Leoncavallo è stato sgomberato. Operazione scattata intorno alle 7.30 del mattino, con polizia, carabinieri e ufficiale giudiziario in via Watteau; dentro, nessuno. Lo sfratto era stato fissato al 9 settembre, ma il Viminale lo ha anticipato. Sul piano strettamente fattuale, come direbbe Vittorio Feltri, il provvedimento non fa una grinza. C’è anche il contenzioso economico: nel novembre 2024 la Corte d’appello di Milano ha condannato il Ministero dell’Interno a versare oltre 3 milioni di euro ai proprietari (gruppo Cabassi, immobiliare L’Orologio) per il mancato sgombero protratto negli anni. Tra marzo e luglio 2025, secondo gli atti citati dalla stampa, quei soldi risultano pagati, e il Viminale ha poi chiesto rivalsa sull’associazione “Mamme Antifasciste del Leoncavallo”. Che piaccia o no, la sentenza ha impresso l’ultimo colpo di leva. Applausi di governo e centrodestra, proteste e amarezza attorno allo spazio che - da 31 anni a fasi alterne - è stato un simbolo sociale e culturale. Ma se il principio è “la legge è uguale per tutti”, la domanda arriva da sola: quando è previsto lo sgombero di CasaPound a Roma?

Il doppio binario che non regge
Ricordiamo dei dati, non gli slogan. CasaPound occupa dal 2003 un immobile pubblico in via Napoleone III all’Esquilino, proprietà dell’Agenzia del Demanio. È dentro le graduatorie degli sgomberi della Prefettura almeno dal 2022 (al decimo posto), ed è rimasta nell’elenco delle urgenze anche nel 2024. Nel 2023 una sentenza ha chiarito che l’occupazione non ha finalità abitative ma politiche. Eppure quella sede è tuttora operativa: il calendario eventi estate 2025 è pubblico sul sito. Se non è un paradosso giuridico-politico, poco ci manca. Ma facciamo un breve excursus per capire le varie tappe. Nel 2003 viene occupato l’edificio di via Napoleone III e inizia il “Palazzo Parlante”. Nel 2019, mentre a Roma si pianifica una “stagione di sgomberi”, CasaPound non è nella lista prioritaria. Non lo è neppure in altri elenchi di quel periodo. Nel 2020 sequestro preventivo disposto dal gip sull’immobile occupato. Questo "ordine" di sgombero non si traduce in esecuzione definitiva. Nel 2022 la Prefettura di Roma aggiorna il piano sgomberi: via Napoleone III compare al numero 10, con la dicitura "di proprietà Agenzia del Demanio". Nel 2023 arrivano le condanne per occupazione abusiva e un giudizio che esclude la finalità abitativa. Nel 2024 il Corriere scrive che CasaPound è ancora nell’elenco dei casi urgenti. Nell'estate 2025 sono in programma eventi e conferenze nella sede romana.

Graduatorie e ordine pubblico
Perché Roma non ha ancora fatto ciò che Milano ha fatto stamattina? Le risposte, messe in fila, non rassicurano. Partiamo dalla “logica della graduatoria”. A più riprese - nel 2016 e nel 2019-2022 - i tavoli prefettizi hanno selezionato priorità, lasciando CasaPound fuori dai primi giri oppure lontano dalla vetta. È un criterio amministrativo comprensibile (fragilità sociali, pericolosità degli stabili, eccetera), ma dopo vent’anni l’argomento perde peso. L’ordine pubblico come tappo? Sgomberare una sede-simbolo dell’estrema destra comporta rischi, verissimo. Ma identico discorso valeva per il Leoncavallo, e l’operazione è stata eseguita senza incidenti. Così la sicurezza non può diventare sinonimo di immobilismo. La palla al centro della politica: nel 2023 Il Post spiegava lo scarto fra i propositi del ministero dell’Interno e la prudenza del Campidoglio sugli sgomberi “sensibili”. Siamo ancora lì: rimbalzi tra livelli istituzionali. Infine, il costo per lo Stato: dal 2019 la stampa quantifica danni erariali molto significativi legati all’occupazione di via Napoleone III, stime che oscillano fra 2,7 e 4,6 milioni a seconda degli atti considerati. Nel frattempo, la sede resta operativa.

Se vale a Milano, non vale a Roma?
Il caso Leoncavallo, nel frattempo, ci ha mostrato tre elementi. Il primo è che quando si decide, si può fare. Il secondo, che gli atti giudiziari spingono l’amministrazione ad agire più in fretta. Il terzo, che la retorica della “legalità per tutti” ha senso solo se non è selettiva. Infatti, in via Napoleone III i presupposti giuridici ci sono da anni: l’immobile è pubblico, l’occupazione è stata dichiarata abusiva, la finalità abitativa è stata esclusa, lo sgombero è stato inserito in lista e aggiornato formalmente. Cosa manca? Una data e che venga realizzato. Insomma, se Milano ha chiuso una pagina rimasta aperta per tre decenni, ora è necessario che anche Roma non ne tenga spalancata una da oltre vent'anni. Se il metro è la legge, non c’è spazio per eccezioni di comodo: bene quindi lo sgombero del Leoncavallo, senza ipocrisie, ma si dica anche quando verrà liberato l'immobile di via Napoleone III. Perché il diritto non è un telecomando con due tasti, play per i "nemici" e pause per gli "amici". E se la politica vuole riacquisire credibilità non bastano più i tweet sui social.
