Il Tribunale di Torino ha condannato Sara Cherici a 16 anni di reclusione per concorso in tentato omicidio nel caso della bicicletta lanciata dai Murazzi. La sentenza, emessa il 9 gennaio dalla terza sezione penale presieduta da Immacolata Iadeluca, rappresenta la pena più severa finora comminata nel caso che ha sconvolto Torino. Secondo quanto emerso dal processo, Cherici non lanciò materialmente la bicicletta, ma era presente quando il gruppo - composto da Victor Ulinici e due minori (M.U. e F.G.) - compì quello che il PM Livia Locci ha definito "il gioco del male". La giovane non intervenne per impedire il gesto e, nei giorni successivi, pur sapendo delle gravi condizioni della vittima Mauro Glorioso, scelse di non denunciare l'accaduto. Durante la requisitoria, durata quattro ore, il Pm ha ricostruito gli eventi del 21 gennaio 2023 attraverso le immagini di centoventi telecamere e le testimonianze dei presenti. Particolare attenzione è stata data alla deposizione di D.T., all'epoca sedicenne, che ha tentato di scagionare Cherici ritrattando precedenti dichiarazioni, rischiando ora l'accusa di falsa testimonianza.
Per l'accusa, la presenza di Cherici non fu passiva: "Le ragazze seguono l'azione nel suo integrale sviluppo. Potevano allontanarsi, dire 'non fatelo'. Sono rimaste lì, rafforzando l'intento criminoso dei maschi," ha sostenuto Locci. Il Pm ha inoltre sottolineato la gravità delle conseguenze per la vittima, lo studente di medicina Mauro Glorioso, le cui condizioni non gli hanno permesso neanche di testimoniare. La sentenza ha provocato una forte reazione emotiva nell'imputata, che ha accolto il verdetto crollando a terra in lacrime e dicendo: "Non è giusto, devo pagare. Ma non così". Gli avvocati difensori, Enzo Pellegrini e Federico Milano, hanno definito la pena "veramente dura" e "sproporzionata rispetto al ruolo dell'imputata". La famiglia Glorioso, attraverso i propri legali Simona Grabbi e Alessandro Argento, ha commentato che "anche questo esito processuale non può restituire a Mauro e a noi una qualità di vita accettabile". La condanna probabilmente tiene conto dell'equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti contestate dalla Procura, tra cui i futili e abietti motivi e la minorata difesa.