A Torino manca qualcosa. Hai voglia a parlare di Salone del Libro, Juventus Stadium, Museo Egizio e arte. Di cultura, caffetterie eleganti, locali aristocratici, atmosfera reale (o regale che dir si voglia) e di Mole Antonelliana. A Torino c'è un vuoto percepibile a pelle e visibile a distanza siderale. Là dove un tempo venivano sfornate le automobili d'Italia, dove centinaia di migliaia di lavoratori contribuivano a sviluppare un settore strategico – quello dell'automotive appunto – e dove iconici imprenditori accoglievano i leader mondiali, presentandosi come ambasciatori non ufficiali di Roma, oggi non c'è rimasto quasi niente. Le Monde ha fotografato la desolante situazione torinese scrivendo che Fiat è ormai diventata soltanto “l'ombra di se stessa dopo la sua diluizione in Stellantis”. Quattro anni di gestione Tavares hanno “accelerato l'indebolimento dell'azienda torinese, azienda nazionale per eccellenza, suscitando l'ira del governo di Giorgia Meloni”, ha proseguito il quotidiano francese, che in questi giorni sarà comunque impegnato a riportare i fatti e i misfatti della corte di Emmanuel Macron. In estrema sintesi, è successo che gli eredi della famiglia Agnelli, a capo di Fiat prima e Stellantis poi, hanno scelto di diversificare il loro core business. Niente più automobili (e, forse, neppure più media) ma Fintech, finanza, venture capital. Scelte legittime, sia chiaro. Ma che, unite alle incapacità dei vari governi italiani nel prevedere, nel corso degli anni, il conseguente e graduale affossamento di un'industria strategica nazionale come quella dell'automotive, hanno portato Torino a diventare la Detroit d'Italia. E l'Italia a perdere, di fatto, il timone della produzione di automobili.
La crisi dell'automotive sta travolgendo l'intera Europa. Le auto elettriche non sono riuscite a imporsi – anzi, hanno affossato interi gruppi e aziende – mentre le città culle delle quattro ruote, come Torino appunto, prendono in pieno gli effetti della tempesta perfetta. Se a tutto questo aggiungiamo le strategie degli Elkann e i numeri ottenuti da Stellantis – la versione a batteria della Fiat 500 viene ancora prodotta in Piemonte ma è venduta col contagocce – per il capoluogo piemontese suona un preoccupante requiem. Anche perché Carlos Tavares, fino al 1 dicembre 2024 direttore generale di Stellantis, è stato l'uomo che aveva “orchestrato l'accelerazione della diluizione della Fiat nella globalizzazione automobilistica” (cit. Le Monde). Risultato: l'unico produttore non di lusso dell'Italia ha visto la sua produzione diminuire. Il governo Meloni, incapace di fermare la debacle delle quattro ruote, non sa più che cosa fare. L'esecutivo ha incontrato Jean Philippe Imparato, responsabile europeo del gruppo, in un tavolo convocato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo D'Urso. Dal cosiddetto Piano Italia presentato da Stellantis, si intuisce che Mirafiori dovrebbe diventare un hub complesso (parola ambigua), centro di produzione di veicoli e di economia circolare, sito di test e sviluppo di batterie.
Sarà dunque ancora la diversificazione l'ossigeno incaricato di rianimare Torino. Una Torino pronta a produrre la 500 ibrida e riprendere in mano il dossier delle quattro ruote (senza troppa convinzione a dire il vero). Ma che, nel frattempo, scottata dal disimpegno tavaresiano, aveva provato a puntare su qualsiasi salvagente pur di restare a galla. Benissimo il turismo, ok pure lo sport con l'appeal della Juventus, ancor meglio la cultura libraria. Ma tutto questo quanti lavoratori può coinvolgere? Meno di quelli che, fino a qualche decennio fa, facevano grande l'Italia della Fiat. Qualunque piano Stellantis intenda presentare, la realtà è che Torino è diventata impermeabile alle automobili. Basta dare un'occhiata alla fabbrica del Lingotto. Lunga mezzo chilometro e disposta su cinque piani, la struttura è stata convertita in uno spazio commerciale e sito di eventi dopo la cessazione della produzione di auto nei primi anni '80. Al suo interno troviamo negozi e ristoranti, zone giochi per bambini, mostre e musei. Niente auto. Del resto Torino è attraversata da 80 linee di autobus, otto linee di tram, 22 stazioni della metropolitana e da ben 258 chilometri di piste ciclabili per premiare chi sceglie di non guidare. Nel frattempo il 95% dei residenti vive entro 300 metri da una fermata dei trasporti pubblici e (dati del 2020) meno della metà degli spostamenti locali avviene in auto...