Nel luglio 2025, il prezzo medio dell’energia elettrica in Italia ha raggiunto 113,3 €/MWh, uno dei più alti in Europa, secondo i dati di Ember e del Market Operator. Per capire meglio questa cifra, è utile confrontarla con altri Paesi europei nello stesso periodo: Svezia 29,3 €/MWh, Spagna 73,9 €/MWh, Francia 79,4 €/MWh, Germania 90,0 €/MWh, Austria 91,6 €/MWh, Repubblica Ceca 93,2 €/MWh, Slovacchia 99,8 €/MWh, Polonia 103,4 €/MWh, Ungheria 103,7 €/MWh, Romania 104,8 €/MWh, Ucraina 107,4 €/MWh. Da questo confronto emerge chiaramente che l’Italia paga circa quattro volte di più rispetto alla Svezia e un margine considerevole rispetto anche a Paesi economicamente avanzati come Francia o Germania.
Una delle principali ragioni del prezzo elevato è il mix energetico italiano. Circa il 50-60% dell’elettricità consumata in Italia proviene da fonti domestiche, mentre il resto è importato. L’Italia dipende in particolare dal gas naturale, i cui prezzi sono molto volatili sul mercato internazionale. Paesi come la Svezia producono la maggior parte della loro energia da nucleare e idroelettrico, fonti a basso costo e stabili, e pagano molto meno per l’energia. Anche Francia e Spagna beneficiano di un mix più economico, grazie a nucleare nel caso della Francia e a rinnovabili in quello della Spagna.
L’Italia utilizza un mercato elettrico marginalista, in cui il prezzo finale è determinato dal costo dell’ultimo produttore necessario a soddisfare la domanda, spesso centrali a gas. Questo significa che, anche se gran parte dell’energia proviene da fonti meno costose, il prezzo finale risente fortemente delle fluttuazioni del gas. In Svezia, invece, l’energia idroelettrica e nucleare domina il mercato, mantenendo i prezzi stabili e bassi.

Un’altra componente significativa del prezzo è rappresentata da tasse, accise e oneri di sistema, che in Italia incidono per circa il 40-50% del prezzo finale. Questi fondi servono a finanziare incentivazioni alle rinnovabili, gestione delle reti elettriche, sussidi e altre politiche energetiche. Altri Paesi europei applicano oneri simili, ma in Italia sono storicamente più elevati, contribuendo al prezzo finale alto. La manutenzione e la gestione della rete elettrica italiana comportano costi elevati, in parte dovuti a dispersioni e inefficienze. Questo incide sul prezzo finale, mentre paesi con reti più efficienti riescono a ridurre questi oneri. Eventi internazionali, come crisi del gas o tensioni geopolitiche, colpiscono direttamente i prezzi italiani, più esposti rispetto a Paesi autosufficienti come Svezia o Francia.
Il prezzo elevato dell’elettricità in Italia non è dovuto a un singolo fattore, ma a una combinazione di dipendenza dal gas, mercato marginalista, tasse e oneri elevati, mix energetico costoso e costi infrastrutturali. Confrontando i dati europei, appare evidente che Paesi come Svezia, Francia e Spagna riescono a mantenere i prezzi più bassi grazie a un mix energetico più economico e stabile e a una minore esposizione alle fluttuazioni del mercato globale. In sostanza, in Italia l’elettricità è costosa perché paghiamo più caro l’energia più cara, anche quando consumiamo energia prodotta a costi più bassi.
