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Bologna è una merda: tanfi e puzza per le strade per colpa degli studenti e l’assurdità dei “navigli” pre elettorali

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

19 novembre 2025

Bologna è una merda: tanfi e puzza per le strade per colpa degli studenti e l’assurdità dei “navigli” pre elettorali
Sempre di più si parla di Bologna, ma davvero la “città rossa” è quella “sintesi perfetta tra Milano e Torino” di cui tutti parlano? Città evoluta, ma ancora “vera”, radicale e colta, intellettuale, patria dei tortellini e di Cremonini. Tutto bello, ma Bologna è anche una città che puzza di urina e feci, di spazzatura, gettata ovunque, e la politica sta lavorando per le elezioni comunali, non per i cittadini

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

Bologna in tre atti, scritti da chi ci vive da quasi dieci anni, prima da studente, poi da lavoratore. I bus, i limiti e la retorica dei 30 km/h e la puzza per le strade. Una città che ha sostituito il romanticismo della cultura al sentimentalismo. Di Bologna ne stiamo parlando per tanti motivi, il calcio, la Virtus e le proteste anti-Israele, Cesare Cremonini, il re della musica pop in Italia, il caro affitti, la sicurezza nelle periferie. Bologna sembra essere la sintesi perfetta tra Milano e Torino, meglio di Milano, più a sud di Torino. Ma è davvero così? Dissacriamo la narrazione a paillettes della città rossa, che è ancora punk e per questo, in fondo, non funziona benissimo e puzza di merda. 

Bentornato a Bologna una fava (ricordo vero di un giorno d'estate)

Scendo alla stazione di Bologna, stranamente il treno è in perfetto orario. Bene, mi dico, ora prendo e vado a casa. Vediamo se c'è il 21. Di fuori il deserto. C'è un bus alla pensilina, mi avvicino. L'81, niente. Arriva il 32, la circolare, ottimo, venti minuti di bus e ci sono. Mi avvicino, sto per salire, l'autista scende. Deve aspettare il cambio perché il turno è finito. Va bene. Il cambio non arriva. Deserto. Intanto arriva il 39, ho un vago ricordo di averlo visto sotto casa mia qualche volta. Mi avvicino, il conducente apre e chiedo: 

"Ferma a Collegio di Spagna?"
"Sì". 
"Grazie. Stavo aspettando da mezz'ora" gli sorrido e lui mi sorride. Ha capito che ero stanco di aspettare. 

La strada è giusta, superiamo via Amendola, la rotonda, una parte di Marconi e poi si ferma. Scende, fine turno, arriva il cambio. Sale, parte, fermata. Arriva uno e gli chiede "questo va all'Ospedale Maggiore?" e lui "Sì" e io penso che se va all'Ospedale Maggiore non va in Collegio di Spagna, mi avvicino e gli chiedo: 

"Scusi, ne approfitto anch'io. Questo ferma in Collegio di Spagna giusto?" 
"No"
"Come no, il suo collega mi ha fatto salire e mi aveva detto di sì". 
"Fammi pensare. Ah sì, ci passa vicino". 
"In che senso? Dove ferma?" gli chiedo. "In via Saragozza". 
"Ah ok, quindi Collegio di Spagna". 
"Sì. Però il giro è lungo". 
"In che senso?" 
"Eh, ti ci porto fra almeno quaranta minuti". 
"Ah," dico io, "allora scendo alla prossima e vedo quale altro bus prendere". 
"Guardi, se scende qui e attraversa la strada da lì passa il 38 che la porta in Collegio di Spagna."
"Grazie". 

Scendo, attraverso la strada, alla fermata il 38 non passa, non è neanche tra le linee previste dai fogli in bacheca. Però c'è il 23, il 23 è buono, c'è una deviazione a causa dei lavori per la linea del tram, ottimo mi dico: prima ferma in piazza Malpighi, poi in Collegio di Spagna. Due fermate e sono a casa. Prendo il 23, fa un giro strano, torna in Marconi però la direzione è giusta. Chiedo al conducente: 

"Questo ferma in Collegio di Spagna?" (è scritto sul foglio, quindi è una di quelle domande che soddisfano l'ansia da prestazione del viandante, che anche se legge qualcosa deve sempre chiedere). 
"Sì". 
"Bene, grazie". 

E invece, prima di piazza Malpighi gira in via Lame. Aspetto la fermata, mi avvicino al conducente ma lui sta già uscendo dal bus, è l'ora del cambio, entra il sostituto, mette in ordine dei fogli, chiude le porte, mi avvicino: 

"Scusi, questo non va in Collegio di Spagna?" 
"Assolutamente no". 
"Come no, mi avevano detto di sì". Sorrido. 
"Chi glielo ha detto?"
"Il collega che ha appena salutato. Stessa cosa nel 39. Il primo collega mi dice di sì, il secondo dice di no". 
"Ah guardi, mi dispiace, ma stiamo andando a Borgo panigale". 
"Allora scendo". 
"Ormai alla prossima". 
"Ma così allungo". 
"Ma il tempo per scendere è finito". 
"Ha presente il film Un giorno di ordinaria follia?"
"No". 
"Veda di farmi scendere". 
"Ok, ma non si scaldi"-
"Arrivederci"

(nella mia testa: arrivederci una fava)

Matteo Lepore inaugura la Bologna a 30 km/h
Matteo Lepore inaugura la Bologna a 30 km/h

La mobilità bolognese come caso estremo

C'è una pagina, 30logna, che si occupa esclusivamente di difendere le leggi sui limiti a 30 km/h nelle grandi città e i più infervorati commentano che a Bologna, ora che abbiamo "fatto ordine" con le auto, dovremmo intervenire sui monopattini elettrici e le e-bike troppo veloci.

Alcuni sperano che vengano aggiunti dossi e chicane. Le chicane. A Bologna.

Se fosse per loro dovremmo muoverci tutti a piedi e, possibilmente, senza correre. Partire con largo anticipo da casa per evitare di superare i pedoni che già si troveranno sul marciapiede. Guai ad accelerare per infilarsi sotto a un portico quando piove. Male che va crescerete di qualche centimetro.

Ricordate le auto di Io, robot? Velocissime, con il pilota automatico, in strade adatte a quel tipo di veicoli (larghe, soprattutto; ben tenute). Eccola la soluzione. Facciamo come Io, robot. 

Quello che si dovrebbe fare è differenziare, evitando di avere auto in cunicoli tra palazzi antichi, chiese ed edicole affrescate, permettendo invece una circolazione a 50 km/h in strade decenti, lontane dai monumenti.

Anche perché se il problema sono gli incidenti, diciamolo: porre il limite a 30 km/h permetterà di ridurre gli incidenti, ma vietare di circolare in auto li porterà facilmente a zero. Ed è proprio quello che vorrebbero.

30logna gioisce per i 170mila euro spesi per i nuovi cartelli stradali. Ora la gente che violava i 50 potrà violare consapevolmente i 30. Nel frattempo i bravi automobilisti bolognesi continueranno ad andare, in media, a 34 km/h.

Il limite a 30 è l’apripista di altre proposte ambientaliste. C’è per esempio la volontà di ridurre il numero di parcheggi. L'obiettivo è disincentivare gli spostamenti in auto. Questo vorrebbe dire che l’attuale numero di parcheggi era invece un incentivo?

Purtroppo l'alternativa con 42 gradi in estate percepiti è il bus, ma sistematicamente le linee vengono soppresse, i veicoli hanno dei guasti e il sistema (monopolio) Tper non risponde di nulla, lasciando le persone ad aspettare per circa 40 minuti uno dei 33 che fanno la circolare.

La soluzione sarebbe quella di Milei, la liberalizzazione del servizio dei trasporti pubblici. Ma cosa vuoi che ne sappia il primo presidente da decenni che porta l’Argentina in deinflazione.

Intanto l’ambiente ringrazia? Certo, mentre veicoli a combustione fanno i lavori per la nuova linea del tram.

Sono meglio i progressisti della Graziella, che auspicano un mondo di biciclette e catenacci indistruttibili per parcheggiare in piazza Verdi. No, scherzo. Le due categorie dovrebbero coincidere, a meno che tu non abbia una Graziella elettrica.

Via Rizzoli e Ugo Bassi a Bologna
Via Rizzoli e Ugo Bassi a Bologna

L’odore di Bologna (un problema di ontologia politica)

A Bologna gli spazzini raccolgono, riporta Il Resto del Carlino, 12 quintali di immondizia lasciata per strada. Hera investe, ma i “bolognesi” (non i cittadini con residenza a Bologna ma chiunque attualmente viva a Bologna) sporcano. I cassonetti sono pieni, ma quali cassonetti? Quelli che avrebbero dovuto evitare di mettere. 

Da qualche anno a Bologna hanno sostituito la raccolta porta a porta dell'indifferenziata con dei cassonetti che si aprono soltanto grazie a una tessera. 

La tessera può essere virtuale o cartacea. La tessera virtuale l'attivi tramite app grazie a un codice inviato a un indirizzo di posta elettronica dopo svariate pratiche. La tessera cartacea non viene spedita, devi andare a prenderla dall'altra parte della città, in un palazzo troppo bello in un quartiere troppo brutto. 

La tessera virtuale è decisamente più comoda, anche se non sempre funziona; tuttavia, se hai un iPhone non puoi attivarla. Per ora (cioè da tre o quattro anni almeno) la tessera funziona solo su Android. Insomma, alcuni degli smartphone più diffusi e incredibili in circolazione vengono messi in scacco dall'incapacità di alcune aziende partecipate. 

Quindi bisogna andare a prendere la tessera cartacea, un anacronismo disfunzionale, in orari incompatibili con qualsiasi lavoro. 

L'adozione di questi cassonetti ha portato a un unico risultato. Più puzza, più sporco e sacchetti di qualsiasi genere appoggiati all'esterno di queste macchine inadempienti. 

Nel frattempo la Città ha scelto anche di non dare più, gratuitamente, i sacchetti per l’immondizia.

Hanno creato le premesse e le condizioni per averne necessità: mentre prima, con la raccolta porta a porta, si gestiva la differenziata in modo tale da arrivare all’unico giorno della settimana di ritiro, ora la tendenza è di eliminare, quando si può e quando si esce di casa, ciò che non vuoi avere sotto al lavandino o fuori nel terrazzo. 

E una volta creata la fame, hanno creato la povertà. E contestualmente la puzza.

Un altro modo per rovinarsi la giornata è passeggiare in una via qualsiasi del centro storico e godere dei suffumigi gratuiti di piscio tiepido e anonimo, una particolarità che si crederebbe da criminali di basso calibro (ladri e baby gang di quartiere) ma che si rivela essere una specialità tutta studentesca e quindi, per usare un termine a loro caro, “sistemica”. Son loro che, a fine serata, dopo uno Spritz e la lotta di classe, urinano o, peggio, defecano in una traversa di via del Pratello, nel ghetto ebraico, o in via delle Rose (dove abita il professor Romano Prodi). 

Bologna ha un problema, oltre a quello della sicurezza, ed è la puzza di feci. Un problema di ontologia politica, poiché da anni la comunità mente credendosi alfiere della buona cucina e del turismo storico e artistico, quando ciò che emerge è proprio la chilometrica fragranza intestinale di chicchessia. 

In questa fase di ristrutturazione generalizzata e cantieri, che esprime la banale ma logica strategia pre-elettorale del sindaco Lepore, si inaugurano non solo le linee della tram, ma “i navigli di Bologna”, cioè dei canali finora rimasti coperti in via Riva Reno. Che l’unico “naviglio” di Bologna, sotto alla finestrella (uno dei sette segreti), strana attrazione turistica, sia quasi perennemente secco e tristissimo, nessuno lo dice. Ma immaginatevi le passeggiate nella via tirata a nuovo, sul bordo di un naviglio, immersi in una solforosa fragranza di fogna. È questo il tipo di impegno immaginato per i cittadini? 

Dicevamo ontologia politica, nel senso che si è passati da ciò che Bologna “può essere” a ciò che Bologna è costretta a essere. Mentre la gente crede che il caro affitti sia il vero problema della città, mentre la sinistra combatte le proprie battaglie anti-povertà aumentando il costo dei biglietti del bus (bus che seguono una nuova legge di Murphy: se devi prenderne uno non passerà), ciò che resta di radicato nel tessuto urbano è quest’odore profondo, questo simbolismo olfattivo, quest’aria medievale.

E pensare che Bologna resta una città vivibile, accogliente, suggestiva (anche se, di notte, forse un po’ troppo buia). Ma è anche una città sempre più insicura e puzzolente, sempre più vittime del proprio stesso cliché, di centro trasgressivo, studentesco, scapigliato. Ma, come tutti gli scapigliati, quando si perde il confine tra realtà e maschera, rischia anch'essa di lavarsi troppo poco. 

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