Quali motivazioni spingono un giovane a un gesto così estremo? Ce lo spiega la crimionologa Barbara Fabbroni in un articolo tratto da Novella2000 in edicola
La tragica vicenda di Leonardo, un quindicenne di Senigallia, ha scosso profondamente l’Italia, portando alla luce il drammatico problema del bullismo e le sue conseguenze devastanti. Tutto prende avvio due mesi fa, con il cambio della scuola dove le materie sono più adatte ai suoi interessi. In quella nuova scuola Leonardo incontra il buio della relazione e accede a un viatico dove troverà solo il nulla, l’assenza, il vuoto, la mancanza. Il giovane ha deciso di togliersi la vita utilizzando la pistola d’ordinanza del padre, un gesto estremo che ha lasciato sgomenta l’intera comunità. La procura ha aperto un fascicolo contro ignoti per istigazione al suicidio. Leonardo frequentava l’istituto Alfredo Panzini di Senigallia, dove, secondo quanto emerso, era vittima di continue angherie da parte dei suoi coetanei. Il ragazzo aveva confidato ai genitori di non voler più andare a scuola, segnalando il disagio che stava vivendo. «Mi insultano, fanno la voce effeminata, mi strizzano i capezzoli, mi danno botte nelle parti intime», raccontava ai genitori.
La famiglia, preoccupata per la situazione, aveva deciso di denunciare le molestie alla preside dell’istituto, cercando di trovare una soluzione al problema. Nonostante il tentativo di coinvolgere la scuola, sembra che la risposta non sia stata adeguata. Secondo quanto riportato dal legale della famiglia, l’istituto non avrebbe nemmeno effettuato una chiamata dopo l’accaduto, evidenziando una possibile mancanza di attenzione verso la gravità della situazione. Le chat e i messaggi lasciati da Leonardo prima del suo gesto estremo rivelano un profondo malessere. In un ultimo messaggio alla madre, il giovane scrive: «Non ce la faccio più, l’ho detto al prof ma non ascolta, ha detto che la scuola fino a 16 anni è obbligatoria», esprimendo tutta la sua disperazione. Il docente di sostegno a cui Leonardo ha chiesto aiuto non avrebbe contattato la famiglia per segnalare la situazione. «Ce ne siamo accorti tardi», dice la madre disperata. «Ora quei ragazzi dicano la verità per dare giustizia a mio figlio», dichiara non comprendendo perché ancora nessuno li ha contattati. Emergono accuse anche verso i professori, che secondo il ragazzo non fanno nulla per contrastare il bullismo. «La scuola doveva proteggere mio figlio, voglio la verità», dice la madre. Questo tragico evento solleva importanti questioni sul rischio educativo e sulle responsabilità degli adulti, in particolare nell’ambito scolastico. Il dirigente scolastico Alessandro Impoco ha espresso il suo dolore in una lettera, ma resta da chiarire quali azioni concrete siano state intraprese per proteggere Leonardo e altri studenti in situazioni simili. La famiglia di Leonardo tramite l’avvocato ha intenzione di scrivere al ministro dell’Istruzione Valditara: «Per informarlo delle testimonianze che sto ricevendo da diversi genitori a proposito di casi di bullismo che si sono verificati all’interno della scuola che frequentava Leonardo. Nel caso non ne avessi la possibilità, spiega, gli farò avere un dossier di tutte le notizie di cui ho avuto riscontro certo (...) L’allarme del ragazzo è stato sottovalutato», dice l’avvocato. Il suicidio di Leonardo non è un caso isolato.
Purtroppo, la correlazione tra bullismo e comportamenti suicidari tra gli adolescenti è un fenomeno ben documentato non solo in Italia. E qui potrei partire con un elenco troppo lungo. Quali motivazioni spingono un adolescente a un gesto così estremo? La storia di Leonardo mette in luce come il bullismo possa essere un fattore scatenante decisivo. Le istituzioni scolastiche, le famiglie e la società nel suo complesso devono trarre insegnamento da questa tragedia. La morte di Leonardo non deve essere dimenticata.