Non ha detto gioia. Iva Zanicchi, concorrente di Ballando con le Stelle, alla premiere di sabato 8 ottobre su Rai 1, ha dato della "troia", tramite l'abituale becco da Aquila di Lingochio qual è, alla giudice Lucarelli. Motivo? La paletta Selvaggia aveva affibbiato un cocente zero alla prova di danza della cantante. E non certo, o meglio non ancora, per la condotta. Le scuse sono già arrivate via Twitter, la cenere sul capo è stata cosparsa in modo porfuso. Ma il video dell'insulto è virale e sui social l'indignazione non si placa contro la voce di Zingara (ben più nota negli ultimi anni per le sue marachelle televisive). Come ha potuto pronunciare la T-word (qualcheduno sicuramente la chiamerà così, oggi come oggi) in diretta tv? Terribilmente afflitti per l'indecenza, andiamo a capire se questa nuova polemica domenicale abbia davvero senso di esistere. Partendo da un presupposto che, lo sappiamo, non ci attirerà simpatie: c'è "troia" e "troia".
Iva Zanicchi, ora come ora prima in tendenza su Twitter perché la domenica è davvero il giorno più noioso della settimana checché se ne dica del lunedì, ha reagito alla bocciatura di Lucarelli usando, ben due volte, un termine che di certo non metteremmo sulla torta di compleanno di un cinquenne, glassato al pistacchio. Avrebbe potuto dire "Eh, te pareva!" oppure "Acciderbolina" ma anche esclamare "Mamma Saura!" per sottolineare la propria delusione. Invece, ha scelto il turpiloquo andando a pescare una parola che, nell'uso comune, descrive con accezione dispregiativa una donna che del sesso fa la propria vocazione, per diletto e professione. Ma cosa intendeva, Zanicchi? Il contesto, questo sconosciuto, può tornarci molto utile per spiegare, una volta ancora, l'ovvio alla furia del web.
La fu conduttrice di Ok, il prezzo è giusto, era divertita da quello zero. A differenza del collega di gara Giampiero Mughini, per esempio. Poco prima, infatti, l'opinionista dall'occhiale variopinto, con una cattiveria nello sguardo che solo Zequila in presenza di Pappalardo, davanti allo stesso voto aveva sostanzialmente lasciato intendere al giudice Guillermo Mariotto "Ti aspetto fuori". Per quanto nessuno ne sia rimasto turbato, per via dell'assenza di effettitivo turpiloquio, quella non era stata una bella scena, prendendo la forma di una reazione realmente esagerata rispetto al contesto. Invece, "troia" è sempre grave. Perché?
Il senso di quell'esternazione, pronunciata ridendo, non voleva essere svilente. Si potrebbe equiparare con serenità a "stronza", "canaglia", per i più morigerati. Tanto che anche il ballerino Samuel Peron, se l'è ghignata insieme a Iva, senza irrigidirsi o prendere le distanze. Sarà scemo? No, semplicemente il contesto era disteso, nonostante il termine "forte". Termine "forte", poi, perché? Perché la tv ha il compito di educare il telespettatore a non dire parolacce nella vita? Perché il sempre probo telespettatore che oggi si indigna sui social non turpiloquia mai, ogni giorno, anche solo per scherzare? Se siamo qui a scrivere e leggere, possiamo ben sottindenere di aver superato tutti l'asilo. Dunque, siamo ben abituati a quella "troia" della nostra collega, come anche della nostra migliore amica, di più del nostro migliore amico. A quella "troia" che noi stessi siamo, perfino. Perché "Troia", spesso e volentieri, non ha sesso. Specialmente nell'uso comune.
Non è, anche nel caso di Zanicchi, un insulto mirato a sottolineare il significato primario del termine e se volete vivere in un mondo in cui la massima colorazione per una reazione (divertita) sia "Guarda che birba", forse dovreste davvero tornare all'asilo. O su Instagram, nella vostra bolla protetta dalle brutture del reale. Che non sono brutture perché ci offendono direttamente a livello personale ma perché "non sta bene" usare un determinato linguaggio, come direbbero mamma e papà davanti al loro bimbo che ha imparato una parola inadatta alla sua età: "E allora gelato per una settimana".
La violenza verbale esiste ed è di certo un'orrenda piaga dei nostri tempi. Ma scandalizzarsi davanti a una singola parola, pronunciata in un contesto del tutto privo di rabbia o aggressività, è atteggiamento da madre superiora di una scuola elementare privata. E, tra l'altro, non coglie nemmeno una sillaba del vero problema. Questa polemica Zanicchi vs Lucarelli e ritorno, in sé, appartiene al retaggio più orrendamente cattolico che ci portiamo dietro da secoli, lo stesso che genera stupidaggini tipo propinare la castità fino al matrimonio come unica via per evitare gravidanze indesiderate o malattie veneree. Quindi, è sufficiente non dire parolacce, per ottenere un mondo più pulito, rispettoso, senza odio e intriso di pace e amore. Per cortesia. Le brutte intenzioni e soprattutto la maleducazione, alle volte, sono il sale della vita.
Se "troia" può essere termine odioso e tra i peggiori, non lo è automaticamente e sempre. Per via dei contesti. In alcuni, certamente non adatti alla tv, diventa pure divertente, ludico in senso eccitante. Questo lo sappiamo tutti, però non si dice. Perché non si dice? Perché viviamo in una società che si crede tanto progressista ma resta bigotta fino al sempre miope midollo. Bigotta al punto da pretendere dalla televisione, stiamo ben vedendo al Grande Fratello Vip i disastri che prendono fuoco quando la morale, sempre ammesso che debba esistere, viene affidata a direttori di rotocalchi rosa e influencer, di rappresentare un mondo che non esiste ma che sarebbe idealmente più bello perché bisogna sempre tener conto della pubblica decenza.
Chissenefotte della pubblica decenza. Cos'è, poi, la pubblica decenza? Se qualcuno dovesse sentirsi offeso dalle parole di un altro, l'altro in questione fa pur bene a scusarsi, magari spiegando l'intenzione. È così che si costruisce un confronto sano e forse addirittura fruttuoso, tra persone, al di fuori di Twitter. Ma ciò non toglie a ognuno di noi la libertà di colorare il proprio linguaggio come meglio crede o gli viene, nella vita di tutti i giorni, come durante uno show televisivo. Altrimenti, nononstante le tante ostentate belle intenzioni, non è il confronto di cui sopra che si cerca, ma il rogo.
E al rogo, secoli fa come purtroppo anche oggi benché in altri modi, ci finivano le streghe. Ossia le "troie", nel senso peggiore possibile. È questo che si deve combattere, il significato, la mentalità, non la mera giustapposizione di lettere. Oh discoli, avete mica un accendino?