A Franco Cardini, uno dei medievisti e degli storici più ascoltati in Italia (già fellow di Harvard e Directeur de Recherches presso l’Ecole des Hautes Etudes di Parigi), son bastati tre minuti a Libropolis - festival dell'editoria e del giornalismo - per dirci chiaramente cosa pensa della Russia di Putin, del rischio nucleare, degli Stati Uniti e dell’antifascismo in campagna elettorale di chi aveva paura di Giorgia Meloni. Fin dall’inizio della guerra, in televisione e nei giornali, oltre che nel suo blog, «Minima Cardinalia», Cardini si è sempre opposto non solo alla narrazione dominante degli eventi in Ucraina, ma alla miopia storiografica di quanti, digiuni di Marc Bloch e del suo La guerra e le false notizie, credono che le cose possano davvero essere, in particolare durante un conflitto, o bianche o nere. La paura su cui i media stanno calcando di più la mano in questi giorni, è la minaccia nucleare, che potrebbe essere innescata da Vladimir Putin. Cardini non la pensa così: “La guerra nucleare può essere scatenata, come ha detto più volt Netanyahu quando era presidente di Israele, solo se una potenza che la possiede si trova in grave pericolo nazionale, con l’acqua alla gola. Cosa che, nonostante quello che ci raccontano quei bugiardi dei nostri media, non è ancora così per la Russia”. Si è parlato infatti molto della crisi politica ed economica in Russia, degli esodi verso altri Paesi e di un’opposizione crescente. Le cose forse non stanno proprio così. Il 7 ottobre scorso Putin ha compiuto 70 anni (se li porta molto bene) e il consenso per lui in Russia è ancora molto alto. Secondo le stime del centro indipendente Levada-Center, che spesso si è esposto anche in opposizione a Putin, il consenso di cui gode il governo russo e il suo capo è ancora alto, nonostante un leggero decremento per la richiesta di mobilitazione di agosto.
“Sicuramente in Russia c’è una certa crisi politica che si sente, perché la Russia non è una dittatura. La Russia ha penuria di manodopera agricola e industriale, lo sappiamo fin dai tempi di Stalin, e quindi anche di manodopera militare” continua Cardini. Ma questo non basta. Anche perché la memoria storica e strategica di Putin sembrerebbe non vacillare. “Putin vuole seguire il buon esempio di Stalin che nemmeno durante l’invasione russa volle fare la coscrizione obbligatoria e la mobilitazione generale, memore del fatto che l’aveva fatto lo zar Nicola ed era stata la sua pietra tombale. Non useranno l’atomica – la chiamo ancora alla vecchia maniera – perché si usa solo in estremo bisogno”. Cardini dunque non ha paura di Putin, o almeno non ha paura solo di lui. E puntualizza: “anzi, le dittature sono altre cose e storicamente tra loro nemmeno esistono)”. La Russia non sarebbe dunque una dittatura, togliamocelo dalla testa. E togliamoci dalla testa il rischio nucleare, perlomeno da parte dell’orso dell’est.
E arriva la stoccata dello storico: “C’è solo un Paese così criminale che l’ha usata quando la stava vincendo. Anzi, quando il trattato di pace era ormai stato scritto, sia sul tavolo del presidente degli Stati Uniti, sia su quello dell’imperatore del Giappone. Nonostante questo, con cinismo pari alla criminalità, hanno usato per due volte l’atomica. Gli Stati Uniti non vengono considerati riprovevoli perché hanno la forza necessaria per evitarlo”. Se un qualunque altro Paese avesse fatto una cosa del genere, il giudizio sarebbe stato corrosivo per i rapporti con esso. Ma in modo evidente gli USA hanno potere da vendere e sanno come usarlo per far leva sui Paesi sotto la propria area di influenza.
Cardini chiude con due battute sui risultati elettorali italiani. Altro che ondata nera. “Chi temeva un ritorno del fascismo era fuori dal mondo. Era così cretino che rasentava la genialità. Il fascismo è una cosa complessa, non si sa bene cos’è e a fortiori non si sa cos’è l’antifascismo (quello di Benedetto Croce, quello di don Sturzo, quello di Gramsci?). Le idee sono molto confuse nella testa della gente, e per questo prevale il chiacchiericcio. Più si hanno le idee confuse e più ad alta voce si grida”.