Caro Sindaco di Milano, città in cui sono nato, cresciuto e dove ho lavorato, ma si rende conto di quanto la sua opera “green” tra ciclabili, aree B, C, ZTL, mezzi pubblici rari, sporchi, lenti, carissimi (per chi li paga… se non si viene scippati dalle solite note) e insicuri sia fatta con i paraocchi della demagogia?
Una tra le canzoni più importanti degli anni ‘80 fu quella di Glenn Frey indimenticabile chitarrista degli Eagles, You belong to the city, inserita nella colonna sonora della famosissima serie Miami Vice.
La canzone, nel suo testo, rappresenta perfettamente e in maniera romantica lo stato di quelle persone che si vedono girare per strada, apparentemente in cerca di nulla, ma che in realtà sono in pace con se stesse, immerse nel loro mood. Sono tutt’uno con la città, la sua linfa vitale.
Tutti noi apparteniamo al luogo in cui viviamo e nel quale magari siamo cresciuti o lavoriamo. Qualsiasi sindaco o amministratore questa cosa dovrebbe imparare a capirla perfettamente.
Siamo noi, i cittadini, quelli che fanno parte della città, mentre voi siete quelli che devono farci stare al meglio e in tranquillità all’interno del nostro habitat.
Per cui, prima di pensare se ciò che fate nell’interesse della comunità è frutto di una reale necessità, provate a farvi un giro da soli per le strade, osservando ed ascoltando le persone che incontrate ma, soprattutto, cercando di guardare la realtà. Cercate di essere sinceri nei confronti di ciò che vedete e non di ciò che vorreste vedere.
Confondere la realtà con l’utopia è un gravissimo errore. Lavorare per gradi in direzione di una realtà che in partenza può apparire quasi irraggiungibile è, al contrario, un impegno molto importante, che porterà a migliorare il luogo in cui tutti viviamo. Per questo, però, ci vuole tempo.
Se andiamo troppo veloce adesso vuol dire che siamo stati lenti prima. Ciò non giustifica il fatto di dover correre dietro alle cose, con il rischio di dimenticarci qualche pezzo e fare male delle cose che andrebbero studiate e analizzate in profondità, magari da esperti del settore.
Siete in ritardo? È un male, ma non peggiorate gli effetti della vostra negligenza: fate le cose per bene, prendetevi il vostro tempo, date le responsabilità alle persone giuste. Figure che sappiano essere critiche in maniera costruttiva. Fatevi un giro nella vostra città, magari ascoltando e cercando di capire la canzone di Glenn Frey.
Esca dalla sua scatola di Palazzo Marino, sindaco, dalla sua Zona Uno, anch’essa terra di nessuno quando arriva la sera. Scenda dal piedistallo e torni nel mondo vero. Vedrà traffico, spaccio di droga, degrado, paura per le donne la sera e per chi cammina da solo.
La città non appartiene a voi politicanti.
È lei stessa che vi ha dato mandato, attraverso i cittadini, di amministrarla nel miglior modo possibile.
E se, ascoltando la canzone, pensa di essere a Miami la avviso che non ci sono gli stessi spazi e le stesse infrastrutture di quella città o di altre, in Europa, con viabilità prossime a ciò che lei vorrebbe imporre.
Le cose si costruiscono creando senso di appartenenza, condivisione, crescita culturale.
Imporre cose che, in parte, potrebbero avere senso è controproducente. Il cittadino non capisce il senso del tutto subito ma è consapevole del fatto che state correndo a mettere una pezza a ciò che, colpevolmente, non avete fatto.
Piuttosto chiuda il solo centro, se ne ha il coraggio.
Forse avrebbe più senso.
Ma non arrocchi… perché il prossimo giro di giostra potrebbe non essere il suo.