Il frastuono mediatico, con conseguente macchina del fango nei confronti di Pietro Orlandi, è partito da qui. O meglio, dalle parole di Marcello Neroni, ex sodale di Enrico “Renatino” De Pedis boss della Banda della Magliana. Dopo Il caos provocato dalle sue dichiarazioni su Wojtyla, riportate in diretta tv dal fratello di Emanuela Orlandi, i riflettori sulla sua persona sono lentamente scemati, riconsegnandolo ancora una volta a un lato marginale. Eppure, nel silenzio assoluto, il giornalista Alessandro Ambrosini sul suo blog “Notte Criminale”, ha dato notizia che il promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi lo avrebbe incontrato: “Una notizia che avrebbe meritato il giusto risalto, perché il protagonista è stato l’innesco che in questi ultimi otto mesi ha dato forza alla pista della pedofilia. Marcello Neroni colui che abbiamo registrato, senza che lui lo sapesse in una conversazione nel 2009, si è incontrato, o ha parlato telefonicamente, con il promotore di Giustizia Alessandro Diddi. Non si è ancora capito se è stato dentro o fuori dal Vaticano, se è stato solo sentito al telefono. Particolare fondamentale, e importante, visto che la giurisdizione di Diddi si ferma dentro le mura vaticane e che di rogatorie non si è mai parlato. Nel caso fosse stato un contatto telefonico non avrebbe nessun valore. Una cosa però risulta dai commenti di Diddi su questo fatto: Neroni è afflitto da demenza senile. Una notizia che potrebbe non sorprendere vista l’età della persona. Neroni ha superato da poco gli 80anni e non ha certo fatto una vita morigerata”.
Facciamo un passo indietro. Questo l’audio di Marcello Neroni che mesi fa ha suscitato tanto scalpore: “Enrico De Pedis è sepolto lì (Basilica di Sant'Apollinare) per grazia ricevuta, non per quello che dice quella pazza della Minardi (al tempo amante di De Pedis). Allora Wojtyla… pure insieme se le portava a letto, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano. Quando è diventata una cosa che ormai era diventata una schifezza, il Segretario di Stato ha deciso di intervenire. Ma non dicendo a Wojtyla ‘mo le levo da mezzo’, si è rivolto a chi? A lui. Essendo esperto nel carcere, perché faceva il cappellano ai riformatori e poi al carcere, si è rivolto ai cappellani del carcere. Uno era calabrese e l’altro un furbacchione, un certo Luigi e un certo Padre Pietro e gli hanno detto ‘sta succedendo questo, ci puoi dare una mano’. Punto. Il resto sono tutte cazzate”. Marcello Neroni ha incontrato Alessandro Ambrosini nel 2009 in una villetta alla periferia di Roma, per motivi che nulla avevano a che fare con la scomparsa di Emanuela Orlandi, ma per tracciare un quadro di Roma durante il periodo di dominio da parte della Banda della Magliana. Neroni, a differenza di altri che avevano fatto parte dell’organizzazione malavitosa non era mai stato ascoltato e, in quella chiacchierata registrata di nascosto a sua insaputa, rivolse accuse pesantissime nei confronti di Papa Wojtyla. Accuse che attendono un riscontro da anni. Ambrosin conclude così: “Il gioco sporco che si sta perpetrando nei confronti di Pietro Orlandi deve finire. Cercare lo scoop, non in virtù del rapimento di Emanuela, ma solo per indebolire e fiaccare la volontà della famiglia è stato contribuire a un depistaggio voluto. A un boomerang consapevole ma necessario per instillare il dubbio. Per cambiare lo scenario. Per allontanare dal Vaticano tutti i dubbi che sul Vaticano, ragionevolmente, si possono e si devono avere. Questa è una partita allargata, dove i giocatori non sono tutti allo scoperto. Dove ci sono pedine di diverso valore e tipo. Dove s’intrecciano fili tra ambienti di diverso valore morale. Dove il bene e il male si mischiano”.