Il terremoto che ha travolto la Juventus è stato innescato da una sola persona: la dottoressa Daniela Marilungo, consigliere non esecutivo e indipendente della società e membro del Comitato Controllo e Rischi e del Comitato ESG (Environmental social and corporate governance) del club bianconero. La Marilungo ha avviato la slavina delle dimissioni cui il presidente Andrea Agnelli non ha potuto rispondere in altro modo se non gettando la spugna.
Il comunicato con cui la dottoressa Marilungo ha annunciato le dimissioni parlando di accesso ridotto alle informazioni che le rendevano impossibile svolgere il suo lavoro è di una gravità inaudita. La questione parte dal presupposto che, spulciando sugli archivi del sito del club bianconero, si comprende come la dottoressa Marilungo fosse figura di raccordo tra l’amministrazione e la supervisione delle attività della squadra. Come ogni società quotata, la Juventus adotta un sistema di amministrazione e controllo di tipo tradizionale che prevede una ripartizione di competenze tra l’Assemblea degli Azionisti, il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio Sindacale. Quest’ultimo, in casa bianconera, si relaziona direttamente con un sotto-organo del CdA incaricato di supervisionare alla correttezza delle relazioni di bilancio e di amministrazione che prende il nome di Comitato Controllo e Rischi.
Tale Comitato supervisiona la relazione sulla Corporate Governance, e ovviamente la dottoressa Marilungo si sarebbe trovata in una posizione delicatissima. Chiamata a firmare una relazione da far approvare dal consiglio di amministrazione di cui fa parte in assenza di dovute informazioni. Se i frontman della Juventus erano il presidente Agnelli assieme a Maurizio Arrivabene e Pavel Nedved, ad e vicepresidente uscente rispettivamente, la Marilungo era la componente del CdA con gli inarichi più prestigiosi fuori dal club bianconero. Dal 2010 la manger classe 1970 è Senior Vice President e Head of Public Policy and ESG International per Bank of America Merrill Lynch a Londra. In precedennza è stata dal 2004 al 2009 Responsabile dell’Ufficio Rapporti con le Istituzioni Comunitarie dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) a Bruxelles. La Relazione sulla Corporate Governance del 2021 indica che Marilungo, ex manager di importanti società e nota lobbista, “è stata valutata quale componente e Presidente del Comitato Controllo e Rischi dotato di adeguata conoscenza ed esperienza in materia contabile, finanziaria e di controllo e gestione dei rischi, avendo ricoperto nella sua carriera diversi incarichi nel settore finanziario e occupandosi in particolare di relazioni regolamentari e istituzionali in Italia e all’estero”.
Il Comitato Controllo e Rischi della Juventus ha il compito di assistere il Consiglio di Amministrazione nell’attività di definizione delle linee di indirizzo del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e di verificare, per il tramite delle funzioni aziendali preposte, che vengano effettivamente rispettate le procedure interne, sia operative sia amministrative, adottate per assicurare una seria ed efficiente gestione e per identificare, prevenire e gestire eventuali rischi di natura finanziaria e operativa. Il venire meno della fiducia tra uno dei suoi membri e il CdA ha inevitabilmente posto fine alla stabilità di quest’ultimo. Da qui le dimissioni: di fronte alle inchieste apertesi contro il club, alle richieste di rettifica della Consob sul bilancio e all’imminente assemblea dei soci amministratori non esecutivi come la Marilungo hanno, legittimamente, cercato di auto-tutelarsi. Non dimentichiamo che la Legge 231/2001 rende penalmente perseguibili per illeciti commessi da persone che rivestono ruoli di rappresentanza, gestione e amministrazione; entità organizzative autonome; persone soggette alla direzione e vigilanza, come i dipendenti.
E di fronte al caso in cui c’è la possibilità che emergano criticità legate proprio ai problemi di cui il Comitato Controllo e Rischi si deve occupare Marilungo ha messo nero su bianco l’accusa ai membri del consiglio di non averla tenuta al corrente di qualcosa. Il riferimento, con ogni probabilità, è alle scritture private stipulate dalla società con i calciatori che secondo i giudici inquirenti oggi sulle tracce di Agnelli e di molti dirigenti ed ex vertici della Juventus non sono state comunicate correttamente al mercato. A cui si aggiunge, chiaramente, la richiesta di rettifica da parte della Consob: nella convulsa riunione emergenziale del 28 novembre la Juventus ha anche modificato il progetto di bilancio d’esercizio consolidato al 30 giugno 2022, fine dell’anno fiscale per le società sportive, che fanno coincidere con il termine di ogni stagione l’esercizio finanziario. L’amministrazione bianconera uscente è intervenuta correggendo il rendiconto con 254 milioni di euro di perdite per poter sottoporre all’approvazione degli azionisti, in programma per il 27 dicembre dopo due rinvii della seduta, il bilancio di lacrime e sangue chiuso il 30 giugno scorso.
Marilungo ha – legittimamente – agito per autotutela di fronte alle possibilità di un grave addebito penale per il CdA uscente e alla natura torbida delle dinamiche connesse alle indagini sulla Juventus. Al contempo, il CdA non ha potuto far altro che prendere nota di “non condividere” i suoi addebiti una volta che, però, la rottura era conclamata. Da qui la fine dei dodici anni di presidenza Agnelli. A cui Exor sta rispondendo, ora come ora, indicando come soluzione un governo “tecnico” che sembra rispondere alla necessità di trasparenza finanziaria e ordine amministrativo che gli addebiti della Marilungo sottendono. La nomina di due manager della “ditta” vicina alla famiglia Elkann come Maurizio Scanavino, ad di Gedi nominato Direttore Generale, e il commercialista e “uomo dei conti” Gianluca Ferrero, destinato alla carica di Presidente, sembra di fatto dare ragione alla consigliera che ha aperto la battaglia contro il duo Agnelli-Nedved e portato alla loro decadenza assieme a quella della “meteora” Arrivabenne. Alla Juventus serve una cura di trasparenza e rigore che tali nomine di discontinuità sembrano prefigurare: indipendentemente da quello che i giudici decideranno e le indagini faranno emergere, questa appare già una sconfessione del management uscente. La Spada di Damocle della Legge 231 e dell’incriminazione della società, del resto, è una minaccia che il club di Via Druneto vuole prevenire finché c’è ancora tempo per farlo.