Non bisogna mai, e sottolineo mai, prendersela con le bestie, esse sono bestie, come il tizio che ha sparato all’orsa Amarena, che mi pare una bestia. Non è corretto, la mia opinione è che sia al di sotto della bestialità: la bestialità ha un senso dell’esistenza che a questi esseri manca; hanno un buco nero di nichilismo che inghiotte qualunque bellezza, essi restano attaccati alla vita coi denti e poi con la dentiera senza sapere perché. Non faccio il nome del tizio in questione perché non è un mio animale domestico e perché della sua identità non me ne importa un fico secco. È solo un rappresentate sub-bestiale di una umanità largamente sub-bestiale (che tutti gli umani siano uomini è una cosa tutta da dimostrare e io non mi fido dei luoghi comuni). Questo tizio fa parte dell’umanità. È con questa che dobbiamo prendercela, non con il tizio in particolare.
Avevo appena finito di inviare su Whatsapp a mia sorella il video dell’orsa Amarena che, su una strada di San Sebastiano dei Marsi, guardava a destra e a sinistra per fare attraversare i suoi cucciolo, mentre la gente intorno scattava foto e la riprendeva da pochi metri di distanza senza che l’orsa mostrasse niente di aggressivo, come se facesse parte del paese e umani e orsa vivessero in armonia, che ho appreso la notizia della fucilata. Mi ha fatto male. Parte della fucilata ha preso anche me, nello stomaco. Se si tratta di animali sono portato al patetico, lo so e non posso farci niente, se non cercare conforto in riflessioni metafisiche che aiutano ma mica poi così tanto. Nella fattispecie: ha senso prendersela con questo qui? Non bisognerebbe invece prendersela (e non sarebbe più utile?) con la cultura nella quale è cresciuto e nella quale uscire fuori casa imbracciando un fucile - al posto di tapparsi dentro e magari gettare qualcosa da mangiare all’orsa dalla finestra – è sinonimo di machismo e di protezione della famiglia? Se proprio doveva sentirsi un essere eiaculante non poteva sparare in aria (magari dalla finestra, e dopo averle lanciato da mangiare se non per lei per i suoi cuccioli – ho visto gatte affamate e felici mentre i cuccioli mangiavano)? È la stessa aberrante e nichilistica mancanza di senso degli aberranti tizi che hanno preso a calci fino alla morte una capretta. O di coloro che si dilettano a stuprare. Non pensate anche voi che questo aberrante machismo che vuole riempire il vuoto esistenziale a colpi di fallo spruzzante (spesso metaforico) sia un problema che andrebbe affrontato su larga scala? C’è un libro di Roberto Calasso, “Il cacciatore celeste”, che spiega in qualche maniera il nostro essere cacciatori e carnivori (ben prima che i raccoglitori diventassero agricoltori). In quel libro sta insieme la giustificazione ma anche il limite. Il gesto del tizio che ha sparato all’orsa ha un senso? Ha un limite? O non è forse un atto isterico, malato di quella isteria da nichilismo che investe tutta la nostra epoca?
Molti dicono che abbia sparato per paura: minchiate. Aveva un fucile e una casa. Ha sparato per nichilismo. Non è un uomo in preda alla paura, ma in preda a quella mancanza di senso per la quale togliere una vita riempie per un attimo la sua.
Così come non ha senso prendersela col tizio. Non risolve il problema, sarebbe come uccidere un qualsiasi animale per motivi non legati alla sopravvivenza. Chi lo minaccia è fatto della stessa pasta. Il dolore che proviamo bisognerebbe riversarlo sulla nostra immonda cultura. Non su quell’essere spaventato (dal nulla, non dall’orsa), tremedondo, isterico e pazzo come gran parte dell’umanità. Che farebbe qualsiasi cosa pur di non chiedere aiuto. Persino sparare.