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Stefano Sollima è
il vero erede di Sergio Leone

  • di Ilaria Ferretti Ilaria Ferretti

4 settembre 2023

Stefano Sollima è il vero erede di Sergio Leone
Presentato al Festival del Cinema di Venezia, il film Adagio di Stefano Sollima che uscirà nelle sale il 14 dicembre, ha insegnato anche agli americani come si porta al cinema la criminalità. Questa è la prova che l’Italia può realizzare dei prodotti di qualità nei film noir. Nella sua ultima pellicola, il regista parla di padri e di figli, di rapporti umani ossidati, mentre sullo sfondo Roma brucia

di Ilaria Ferretti Ilaria Ferretti

La Capitale è in pieno blackout e in preda alle fiamme, questa è la Roma che Stefano Sollima ci fa vedere nel suo ultimo film: un luogo che si spegne e si accende lentamente così come le vite spezzate dei suoi protagonisti, con un passato da dimenticare e un presente difficile da affrontare. Ultimo atto della trilogia su Roma criminale, Adagio ha un cast pazzesco, ci sono: Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Toni Servillo e Adriano Giannini, praticamente i migliori attori italiani in circolazione. Protagonista del racconto è Manuel (interpretato dal giovane esordiente Gianmarco Fanchini) che mentre si prende cura del padre malato e anziano finisce vittima di un ricatto ed è costretto ad andare a scattare delle foto compromettenti ad una festa. Sentendosi in trappola, il poveraccio (che è un ragazzo qualunque) decide così di scappare, ritrovandosi in una serie di questioni assurde, più grandi di lui, che lo porteranno a chiedere protezione ad alcuni ex criminali, vecchie conoscenze del padre. Il film è, parafrasando le parole di Sollima: “Immerso in una umanità senza redenzione”. I più anziani che sono malati (il personaggio di Mastandrea è cieco), problematici, divorziati, e pieni di rimpianti cercano in una notte di redimersi dai propri peccati. Gli uomini di Adagio (il cast è tutto al maschile) vivono in una città illuminata dall’alto o perennemente immersa nel buio (la fotografia è formidabile ed è merito di Paolo Carnera). 

Stefano Sollima sul set di Adagio
Stefano Sollima sul set di Adagio

Sparatorie, pozze di sangue e corruzione, con Sollima è sempre una questione di violenza. In Adagio, a volte, si sente la crudeltà di Breve, film sull’uccidere di Kiéslowski in cui un giovane sbandato ammazza un tassista in maniera atroce senza nessun apparente motivo. “Uccidere" in Sollima non è sempre un’azione banale. Parafrasando anche le parole del critico cinematografico Roy Menarini nei suoi film c'è una sapiente dose di realismo: “Lo scontro a fuoco è soggettivizzato fino a sentirsene parte integrante”. La morte non è vista da fuori, è reale, le viene dato un valore che manca nella maggior parte dei film polizieschi o gangster. Forse l’eredità di Sergio Leone e del suo cinema ha trovato un erede in Stefano Sollima. Certo è che la crudeltà con cui Leone aveva partorito la scena straziante e scioccante dello stu*ro in C’era una volta in America, probabilmente, non avrà mai eguali. Forse soltanto nel cinema di Gaspar Noé...

Adagio
Adagio

In Adagio una scena resterà ben stampata nelle menti e negli occhi degli spettatori, quella in cui il giovane Manuel, che sta per partire e andarsene da Roma, vede attorno a sé uno stormo di uccelli e una pioggia di cenere ma lui, senza batter ciglio, continua per la sua strada. Sullo sfondo c’è l’Urbe appassita, asfissiata dal caldo torrido, devastata dagli incedi e dal buio del blackout. Negli anni è cambiato Sollima ed è cambiata pure Roma, osservata dagli occhi del regista che percorre le strade della città, adagio. Tutti hanno da ridire sulla Capitale e di certo non è una novità, l’abbiamo visto anche con Paolo Virzì nel suo paradossale e distopico film Siccità, ma in Sollima, da qualche parte, in un vicolo buio, nella sua ultima pellicola si accende uno spiraglio di luce. È la nuova generazione.

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