Solo un mese di tempo per tentare la fortuna e vedere dal vivo Chiara Ferragni. Bisogna però essere disposti a spendere minimo 150 euro nel suo negozio della Capitale. Neanche il biglietto per Bruce Springsteen costa tanto. Per questo “l'insalata bionda” nell'ultimo atto della saga personale promuove quest'imperdibile opportunità: “da circa un mesetto abbiamo aperto il nostro primo store a Roma firmato Chiara Ferragni - dice via IG - a novembre faremo un cocktail party d'inaugurazione e da qualche giorno c'è questo concorso: se nel negozio di Roma spendete almeno 150 euro avete la possibilità di vincere un ingresso. Quindi affrettatevi, non vedo l'ora di vedervi...”.
C'è da scommetterci, l'aperitivo salatissimo, in cui annusare forse da lontano la diva dei social, sarà preso d'assalto da flotte di gruopie fanatiche. Una storia che si ripete dopo il tour promozionale dello scorso anno, con in palio un selfie a 50 euro (da spendere sempre in suoi prodotti) e che ripropone l'annoso dibattito su chi merita d'essere ripreso: chi vende il nulla o chi quel nulla se lo compra, pure a caro prezzo? Del resto le imbonitrici via Instagram e TikTok, dette pure inflencer, hanno lo stesso potere persuasivo delle televenditrici (e televenditori) di una volta, e più sono note, e più è ampio il loro bacino d'utenti, più influenzano facilmente le scelte.
Questo perché i modi saranno pure cambiati, e forse stiamo un po’ più attenti a non seguire chi ci dà dei “lardosi” (non è sempre detto) ma la nostra capacità d'illuderci, con una distanza tra la realtà e ciò che aspiriamo sembra non essere stata intaccata. Quindi diventa difficile dare torto pure a Wanna Marchi e figlia quando chiedono retoricamente (nel documentario Netflix) se sono delinquenti loro o coglione chi compra per milioni una bustina di sale che dovrebbe cacciare via il malocchio... Lei ha la sua visione, ha truffato mezza Italia e pensa che la colpa sia di chi si fa truffare, come replicherà Stefania Nobile (stasera) alla “belva” Fagnani: “Non è che io devo provvedere all’ingenuità…”. In questo caso, ovvio, i coglioni che vanno incu*ati sono proprio quelli che ingurgitano bidoni di aggiornamenti sull’imperatrice digitale. Non che ci sia qualche giudizio morale da emettere nel suo caso, figurarsi: Chiara Ferragni ha messo su un impero, essendo marchetta vivente, e fattura 1200 euro all'ora! Ci vende le sue ciabatte di plastica e la sua vita, ma non diamole la responsabilità di monetizzare su qualunque persona o fatto per i propri scopi. È l'affamato di vojerismo-fanatismo che le riempie il portafoglio. D’accordo?