Sono sempre di più i casi di morti in strada dovuti a incidenti tra auto e biciclette, soprattutto di notte. La discussione porta spesso a confronti anche aspri per capire di chi sia la responsabilità, se del ciclista o del guidatore dell’auto. Ora anche Beppe Severgnini interviene, nello spazio dedicato ai lettori che scrivono a Giangiacomo Schiavi sul Corriere della Sera, accusando i ciclisti. Per Schiavi il giornalista è da considerarsi «arruolato nella campagna di incivilimento dei ciclisti senza luci, perché non si può essere silenti a questa illogica attitudine che sta dilagando in città». Le parole di Severgini poggiano su considerazioni empiriche, rilevamenti che lui stesso avrebbe fatto: «ho contato i fanali accesi, più volte». Il giornalista pone una domanda: «Perché solo una bicicletta su cinque, in una città civile come la nostra, usa le luci? […] Credimi, questo comportamento è impensabile in altre città europee». Per Severgnini dilagherebbe un uso da irresponsabili della strada, che Schiavi associa anche ai numerosi rider «sguinzagliati» senza che si facciano rispettare i requisiti minimi di sicurezza. Ma le cose stanno davvero così?
A rispondere al vicedirettore del Corriere è lo snowboarder e ciclista esperto Emilio Previtali, per nulla d’accordo. «Ieri sono partito da Bergamo e sono andato al flashmob di Milano, mi sembrava una cosa importante. Ho parcheggiato in zona Viale Palmanova, ho tirato giù la bici dalla macchina e poi sono andato in via Solferino pedalando in bici da corsa. Per arrivarci ho rischiato di ammazzarmi almeno tre volte, non sto scherzando, tre volte: ho fatto lo slalom tra auto in sosta sulla bike-lane, aggirato lavori stradali e buche che non ho visto nemmeno a Islamabad, percorso tratti di ciclabile-trabocchetto che finiscono letteralmente nelle aiuole, ho rischiato di portarmi a casa 3 (tre) portiere aperte incautamente e sorpassato cinque volte un idiota con un Range Rover nero opaco che percorreva i controviali Zona30 a 90 km/h, salvo ogni volta farsi risorpassare alla coda del semaforo». Milano da vivere? Non per un ciclista secondo Previtali.
Poi parla, non senza ironia, dei gilet e delle luci previste affinché i ciclista possa essere ben visibile: «Appena arrivato in via Solferino uno dei flashmobbisti che c'era lì mi ha redarguito perché ero senza faro, senza casco e senza essere vestito come un addetto dell'ANAS il primo giorno di lavoro. Sono sincero, avrei voluto rispondere con un vaffanculo ma il flashmobbista era simpatico, più anziano di me, certamente animato dai migliori propositi ed era stato gentile. Era vestito con luci lampeggianti su tutto il corpo che sembrava un albero di Natale. Nessuno può fare del male ad un albero di Natale, nemmeno con le parole». Altro che luci, il problema sono le auto. Poi Previtali continua: «Ho fatto notare al solerte flashmobbista che il centro cittadino di Milano è illuminato a giorno e che per non vedere un ciclista che pedala in strada devi essere il Cieco di Gerico oppure Beppe Severgnini in persona, e che il mio piede stava appoggiato su un panettoncino in cemento armato allineato a bordo strada con altre decine di fratellini messi lì a spaccare i maroni non certo perché le bici zigzagano pericolosamente sul marciapiede ma perché le auto vanno ovunque».
Per Previtali non si può pensare di dare la colpa alle biciclette, quando Milano è governata dal caos del traffico e delle auto dedite alla guida acrobatica. Come rispondere a una lettera come quella di Severgnini allora? «Non si può far cambiare idea a uno che sostiene che il problema di Milano sono le biciclette senza faro, è in evidente malafede e va ignorato o liquidato con un accademico vaffanculo». Infine si chiede quando il Corriere inizierà a parlare dell’inciviltà degli automobilisti e non dei ciclisti: «Giangiacomo Schiavi, dialogando salottieramente con Beppe Severgnini, è usando esattamente queste parole che ha risposto. Dopo penserete anche agli automobilisti indisciplinati?» Chissà che la lettera non arrivi a Schiavi, per capire se arruolerà Previtali per la campagna di incivilimento di chi guida usando la fantasia (e non la segnaletica stradale).