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Ciro Grillo viene condannato per stupro di gruppo e noi abbiamo ancora voglia di scherzare su una legge che metta al centro il “consenso”?

  • di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

24 settembre 2025

Ciro Grillo viene condannato per stupro di gruppo e noi abbiamo ancora voglia di scherzare su una legge che metta al centro il “consenso”?
Il problema del consenso è al centro della definizione di “stupro” della Convenzione di Istanbul, firmata anche dall’Italia. Allora perché non cambiare anche la legge sulla violenza sessuale? Lo propone il Pd dopo la condanna di Ciro Grillo (ma anche in Francia stanno lavorando nella stessa direzione), ma qui ancora abbiamo voglia di scherzare su una legge che dovrebbe mettere d’accordo tutti, destra e sinistra. Un esempio? La prima pagina de La Verità…

di Riccardo Canaletti Riccardo Canaletti

“Specula sulla condanna del figlio del suo alleato”, questo lo scrive La Verità per il Pd, che sulla scia della condanna a Ciro Grillo, figlio di Beppe, per stupro di gruppo, vorrebbe proporre una legge per far passare la definizione di stupro della Convenzione di Istanbul, quella basata sul consenso e su cui anche la Francia, soprattutto dopo il caso Gisèle Pelicot, sta lavorando. “Il Pd vuole il green pass anche per fare l’amore”. Questo lo scrive La Verità per i lettori complottisti fermi al 2019-2022, ai tempi della Pandemia e della campagna di disinformazione che svariati giornali hanno messo in piedi contro i vaccini anti-Covid. In realtà nel pezzo si chiarisce che una legge contro lo stupro, ovviamente, in Italia esiste, e che il termine consenso potrebbe essere aggiunto così da fermare l’avanzata delle “Erinni” della sinistra woke. Non solo, si ricorda che l’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, in cui lo stupro viene definito come un rapporto sessuale senza consenso, e dunque sarebbe ridondante tornarci sopra con una nuova legge. Quello che non si dice è che il disegno di legge, che prevede la modifica dell’articolo 609-bis del Codice penale, serve per valorizzare l’uso di un termine che è già presente nel Codice penale (per esempio nel caso della violazione di domicilio).

A inquietare, prima di passare al cuore del discorso, è però la logica tribale applicata anche a un tema che dovrebbe riguardare tutti. Quando La Verità interpreta la proposta di Valeria Valenta (Pd) come una sorta di attacco fratricida contro un alleato (il Movimento 5 stelle), sta dando prova che evidentemente di fronte ai casi di stupro, il “primo pensiero, miglior pensiero” in redazione, visto che poi con questo titolo aprono il giornale di oggi, non è stato sul fenomeno della violenza sessuale, ma sulle scaramucce di partito e sul “tradimento” politico del Partito Democratico. Al ché viene da chiedersi: la fazione politica ideale secondo La Verità, di fronte a una condanna in primo grado a otto anni per il figlio di un leader politico (perché quello è stato, fino a poco tempo fa, Beppe Grillo) alleato, come dovrebbe comportarsi? Dovrebbe evitare di calcare la mano anche se la condanna riguarda un reato schifoso, una violazione di quei limiti che definiscono la persona (perché non è mai solo sesso, è umiliazione, alienazione, senso di impotenza, disumanizzazione)? A casa dei partiti che piacciono a La Verità non si possono proporre leggi per inquadrare un fenomeno che ha colpito un amico del partito?

Ciro Grillo fuori dal tribunale
Ciro Grillo fuori dal tribunale Ansa

Ora passiamo al tema del consenso. Pascal Brucnker problematizzava la questione già una decina di anni fa, forse quindici. Il consenso può essere, secondo alcuni, un’arma di ricatto nei confronti dell’uomo, che si può trovare in una situazione consensuale e un momento dopo diventare uno stupratore. Questo perché, a preoccupare, sarebbe sia la definizione di consenso (esiste un consenso implicito, che non viene espresso ma che viene comunicato attraverso il corpo e che dà il permesso all’uomo di approcciare sessualmente una donna?) che il problema della “continuità del consenso” durante tutto l’atto sessuale. Sì, perché non esiste che una donna possa cambiare idea a metà dell’atto. Ormai si è partiti e l’uomo deve soddisfare i propri impulsi, aperta la porta non puoi chiuderla più, mica è casa tua, mica il corpo è una proprietà, mica puoi gestirlo per quanto tempo vuoi. Se inviti a cena degli amici, poi non puoi lamentarti se loro scelgono di occuparti casa anche quando li inviti ad andarsene. Ancora più strano, poi, è il modo in cui immaginano, i critici, il consenso femminile. Come qualcosa di puramente volatile, di estemporaneo, fragile, fluido. Le donne non sono affidabili a sufficienza per poter gestire solo tramite il consenso una relazione amorosa. È un’immagine che ricalca le caricature di alcuni spettacoli comici all’italiana di qualche decennio – ma ormai pesano come secoli – fa. Una donna cambia sempre idea, è in preda ai capricci, è superficiale. Il consenso verrà usato come arma per vendicarsi di uomini inermi che dovranno patire per aver semplicemente chiuso una relazione. Oppure il consenso verrà usato per sbilanciare la relazione a favore dei desideri della donna. E che ne è delle legittime pulsioni maschili?

Ecco, questi discorsi puzzano di negazionismo della violenza sessuale. Non tanto perché ne neghino l’eventualità, ma perché ipersemplificano il fenomeno della violenza al punto da considerare “vero stupro” solo ciò che la legge italiana attualmente indica, e cioè una sorta di ratto di Proserpina, in cui le donne vengono strappate con la forza alla fuga in un bosco, mezze nude e indifese, mentre il maschione dominante le blocca con prepotenza. Un meme. Il resto violenza non è, perché dovremmo fidarci della parola di una donna. Perché potrebbe non lasciare segni. Perché il corpo della donna, biologicamente, potrebbe aver reagito normalmente, dimostrando le bugie dette dalla presunta vittima. E fidarci, in una società che sponsorizza la violenza palese, quella dei discorsi di odio (di destra e di sinistra), è troppa fatica. Davvero troppa fatica.

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