Milano violenta? A guardarla con la lente deformante dell’ultimo episodio di sangue, parrebbe di sì. Sei persone accoltellate, inclusi due uomini accorsi a difendere una giovane donna aggredita dal rapinatore Abrahman Rhasi, 23enne marocchino senza fissa dimora e con un precedente per furto, il quale in una manciata di minuti, la sera di lunedì 6 marzo, ha scatenato il terrore nei dintorni della Stazione Centrale, è cronaca non inconsueta, purtroppo. Ma non in tutta Milano. A farlo presente, per riportare i fatti alle loro dimensioni reali senza per questo sminuirne la gravità, è un’istituzione del giornalismo meneghino, un cronista che sulla “capitale morale” d’Italia ha scritto innumerevoli pagine, fra inchieste e libri, che lo rendono un po’ una memoria storica sotto la Madonnina: Piero Colaprico. Dimessosi nel 2021 dopo quattro anni da capo della redazione milanese di Repubblica, oggi è direttore artistico dell’antico Teatro Gerolamo, a due passi dal Duomo. Ma ovviamente non ha smesso di osservare la realtà della metropoli in cui vive, anche la più cruda.
Qual è la situazione della Stazione Centrale di Milano oggi?
La situazione è peggiorata negli ultimi 7-8 anni in maniera notevole. Per quanto ci siano pattuglioni di polizia e carabinieri, per quanto ci sia un presidio di militari, lì il problema sono, chiamiamoli così, cani sciolti che fanno razzìe di strada. Di per sé sono difficilmente controllabili. Lo stesso fenomeno lo abbiamo visto, per esempio, alla stazione di Roma, dove uno è stato ridotto in fin di vita dopo essere stato circondato e accoltellato, un’altra ragazza è stata accoltellata ed ha rischiato la pelle nella metropolitana sempre sotto la stazione. Voglio dire, tutte le grandi città stanno vivendo una stagione molto complicata sotto questo profilo.
Da cosa dipende questo fenomeno?
Dipende non dalla politica, come viene fatto credere. I sindaci, o gli assessori alla sicurezza, non hanno strumenti per intervenire se non mettere un po’ di polizia locale sul posto. Il tema vero è la gestione dell’immigrazione, affrontato in modo ultra-dilettantesco. Secondo me si dovrebbero separare le persone bisognose di protezione, come le famiglie, da quelli che vengono continuamente fermati accumulando precedenti penali. Al contrario, l’ordine dato da ministri insensati alle forze di polizia è di prendere chiunque non abbia i documenti a posto e schiaffarli nei centri di permanenza, mettendo assieme mamme, bambini, persone che sono perbene, con altre che sono emigrate soprattutto per delinquere. Questo crea solo casino.
L’identikit dell’accoltellatore è ricorrente: straniero, sbandato, con precedenti. In genere sono persone che entrano ed escono dal carcere, perché i magistrati stando alle leggi non possono tenerli rinchiusi sine die. Cos’è, dobbiamo rassegnarci?
Tu hai ragione, e infatti il tema è sempre lo stesso: questa situazione si può risolvere solo stabilendo che la protezione del debole, uso questo termine se vuoi improprio ma per capirci, deve avere un suo circuito, mentre il perseguimento dei reati, commesso da clandestini o altri, deve averne un altro. Ci vorrebbe una legge votata in parlamento per cui il clandestino senza documenti non va messo in carcere, ma sconti la pena in attesa di rimpatrio in un centro di prigionia temporanea. Ma non puoi metterci la mamma di trent’anni coi figli, perché è uno schifo. È un insulto alla dignità e anche alla razionalità. I magistrati a un certo punto mettono tutti fuori perché la legge non gli consente di tenerli dentro, e quindi poi esce anche chi non dovrebbe uscire.
Matteo Salvini con un certo ritardo rispetto ai suoi ritmi ha scritto sui social che “stanno lavorando” alla sicurezza. Ma ovviamente non abbiamo assistito al solito can can per gridare all’insicurezza collettiva. Un bel paradosso per i cittadini specie votanti a destra, no?
Secondo me da questo punto di vista noi ormai stiamo perdendo la razionalità e favorendo le reazioni di pancia. Se oggi ministro degli Interni ci fosse un post-comunista, senza contare che il sindaco appunto è Sala ed è di centrosinistra, su quest’ultima storia si sarebbe levato un can can incredibile, come dici tu. Siccome ministro degli Interni è il “lupo”, autodefinizione di Matteo Piantedosi, uno si chiede: cavoli, ma abbiamo un “lupo” al ministero degli Interni, come mai succedono le stesse cose che succedevano con le pecore? La realtà è che il singolo individuo che fa reati predatori di strada è imprevedibile, è una scheggia impazzita. Puoi sorvegliare lo spaccio, puoi sequestrare la “roba”, puoi fare il contrasto e tutte le operazioni utili del caso, ma difficilmente riuscirai a contenerlo. Se non lavorando su quella corsia differenziata per cui crei dei posti dove coloro che commettono più reati vengono messi in attesa di rimpatriarli, così da toglierli dalle strade. È molto semplice.
Ma Milano è più insicura o no, oggi?
Solo nella zona della stazione e di Porta Venezia. Per il resto Milano mi sembra enormemente migliorata di anno in anno, senza dubbio. A parte le risse per strada e i furti di Rolex, e a parte la delinquenza attorno alla stazione, io non mi ricordo un periodo così calmo per la città di Milano. Tutto mi sembra meno che ingovernabile e fuori controllo.
Milano è anche la prima città d’Italia per numero di furti, però. Ti risulta?
Mi risulta, ma il numero di furti dipende prima di tutto dal fatto che a Milano abitano 1 milione e 400 mila persone, e poi da due circostanze: una è che molte case restano incustodite, fra weekend, uso dei social in cui si scrive dove si è e dove si andrà, e il lavoro dalla mattina alla sera, perciò i ladri hanno campo libero, essendoci meno controllo da parte del vicino, la seconda è che se i dieci quartieri più costosi in tutta Italia sono a Milano, questo significa che c’è una ricchezza diffusa. Ecco, io non riesco mai a sintonizzarmi con coloro che ritengono che i criminali siano degli idioti. I ladri sanno muoversi, anziché rubare a Bari dove vuoi che vadano a rubare?
E in effetti, sempre stando sulle classifiche, Milano è la terza città più cara d’Europa per affitti.
Sì, assolutamente. Qui la gente paga tanto per affittare, c’è una corsa alla casa, ci sono gli immobiliaristi che stanno facendo soldi pazzeschi, e c’è tutto un giro di investimenti da parte di società soprattutto a capitale straniero che puntano agli affitti lunghi, perché si sono accorti che le case costano troppo e quindi meglio gli affitti 5+5. Per esempio in tutta l’area che stanno costruendo a Sesto San Giovanni nelle ex aree Falck sorgeranno case tutte in affitto. Lo stesso nell’area ex Trotto vicino San Siro. Molti investitori stranieri stanno decidendo che quello è il mercato, perché molti vogliono vivere a Milano. E ciò prova che evidentemente non è una città così insicura.
Se dovessi individuare i tre cambiamenti più vistosi a Milano negli ultimi dieci anni, cosa diresti?
Il primo, e positivo, è stato dato da Expo, perché ha portato molti turisti e ha fatto capire che questa è una città dove ci si può divertire e si può lavorare. Il secondo secondo me sono le università, che hanno 200 mila studenti, molti dei quali stranieri, che si concentrano alla Bicocca piuttosto che al Politecnico, e portano una ventata internazionale. Il cambiamento negativo, invece, riguarda quella che era la borghesia milanese, le cosiddette grandi famiglie. È come se avessero abdicato, non governano più dietro le quinte la città. Non sono più classe dirigente. Comanda solo il denaro senza più faccia. Una volta c’era un’idea di Milano che in qualche modo teneva insieme il grande ricco e il povero, questo si vedeva in tante cose, come il volontariato. I super-ricchi oggi hanno abbandonato il ruolo di guida che un tempo avevano. Sono spariti. È venuto meno un collante di marca meneghina che andava al di là di quel che era giusto esclusivamente per il proprio portafoglio.
E non è stato sostituito da niente, sembrerebbe.
Guarda, io mi sono dimesso nel 2021, son stato capo della redazione di Milano per quattro anni. Già negli anni scorsi si faceva fatica a trovare delle persone intelligenti da intervistare che rappresentassero la città. Una volta avevi una grande scelta, non solo fra gli imprenditori, ma anche fra gli attori, gli avvocati eccetera, ora se devi intervistare qualcuno ti riduci a chiamare me (ride, ndr).
L’amministrazione del sindaco Beppe Sala vorrebbe introdurre il limite dei 30 chilometri orari in alcune zone della città. Secondo te i milanesi sono pronti?
Io abito in zona Maciachini, in un delirio di traffico. Secondo me, te lo dico andando in controtendenza, i milanesi sono pronti. Non dappertutto, ovviamente. In alcune zone del centro, accanto alle scuole, lo capiscono che il limite a 30 va bene. Se però si mette sul ponte della Ghisolfa o su alcuni viali grossi, è chiaro che è una stronzata, lo capisce chiunque. Ma in alcuni quartieri, in alcuni segmenti, il limite a 30 il milanese già lo applica. Per esempio nei quartieri di nuova costruzione che stanno alle spalle di via Ripamonti.
Ma se già di fatto il limite c’è, perché questa misura? Per sventolare una bandierina?
Diciamo che sicuramente diminuisce gli incidenti. Purtroppo per me che sono motociclista, ho visto aumentare i punti di intersezione dei vialoni. Una volta si poteva correre un po’ di più, adesso c’è un sacco di gente che, non ho capito perché, attraversa i vialoni senza manco guardare. Ho provato tempo fa ad avere una statistica dai vigili ma non sono stati in grado di tirarla fuori. Avrò visto almeno 100 persone a terra, eh. Almeno.
In generale, che consiglio daresti al sindaco Sala?
Di solito non sono tipo da dare consigli. Ma in questo caso un consiglio mi sento di darglielo: dovrebbe alzare la voce contro Milan e Inter e fare in modo che questa storia dello stadio trovi finalmente una quadra. Perché questo batti e ribatti, dal 2019 al 2023, è davvero improprio, non è possibile. O dentro o fuori. Ma fuori significa che se le squadre continuano a farsi gli affari loro e fanno un torto alla città, il sindaco, finché resta al potere, dovrebbe render loro la vita un po’ difficile, perché si può fare in tanti modi. Avrei preferito che Sala facesse sentire di più la voce della città e dei tifosi, ecco. Che ci dicano che ristrutturano e costruiscono lo stadio nuovo, e se lo ricostruiscono ovviamente deve essere fatto vicino San Siro e chiudere la partita lì, fine. Bisognerebbe portare a galla tutto quello che sta accadendo dietro le quinte. Davanti alla cittadinanza. Io che sono tifoso interista devo sapere se l’Inter non ha soldi e se si sta comportando male. È tutto troppo nascosto.