Due incidenti mortali, ma completamente diversi: per tempistiche, motivazioni, ma soprattutto protagonisti. Uno senza gogna social, l'altro con.
Il primo è l'incindente mortale avvenuto in A1, nel tratto valdarnese fra Arezzo e Firenze, dove un tir è andato fuori strada, ha travolto la barriera ed è finito nell'altra corsia, andando a sbattere su un altro mezzo pesante e un'auto che trainava una roulotte; nel frattempo, sui mezzi coinvolti, si è schiantata anche un'ambulanza che trasportava un paziente. Sia il paziente che i due operatori sono morti sul colpo, a cui si aggiungono ben quindici feriti coinvolti.
Tre persone anche nel secondo incidente: tre ragazzi diciottenni si sono schiantati a bordo di una Porsche, andando a sbattere contro un cancello. Solo che l'auto era rubata, e se questo non fosse già abbastanza, i tre erano anche di origine Rom. Uno di loro è morto, mentre gli altri due al momento sono ricoverati gravissimi nell'ospedale di Tivoli.
Secondo le prime ricostruzioni della polizia, l'auto era stata rubata in un'auto-carrozzeria di Tivoli. Etnia Rom e furto, uno stereotipo che si riconferma: inclusi i commenti razzisti di quelli che, dall'altra parte della tastiera, rom non sono.
Così, con la scusa che lo Stato non punisce i colpevoli e che tutto sembrerebbe permesso, sono partiti i commenti: i più sobri sono quelli che esprimono solidarietà al proprietario della Porsche o che considerano tutto ciò un "rischio del mestiere". Per rendersene conto, basta scorrere, ad esempio, i commenti lasciati sui profili social delle pagine che hanno dato la notizia. In particolare, ha attirato la nostra attenzione quello che ha fatto più numeri, sulla pagina Facebook del Messaggero: siamo perciò andati a vedere perché.
Senza scomodare l'ovvio, e cioè che se tre ragazzi non Rom avessero rubato un'auto e fossero andati a schiantarsi, sarebbe stata una bravata finita male; senza scomodarlo perché non ha senso spostare il discorso. Abbiamo capito presto il perché del successo del post: i commenti. C'è chi esprime la speranza che non ne sia morto solo uno, chi si augura che gli altri due ragazzi lo raggiungano presto, e via di bestialità. Di sarcasmo in sarcasmo, di faccina in faccina, dandosi gomitate virtuali e sentendosi autorizzati a dire tutto, magari lamentandosi del "buonismo" che avrebbe portato la gente all'esasperazione.
Sul perché il post abbia avuto tanto successo la risposta è ovvia anche a chi di social mastica poco: l'odio fa engagement. Lo sa la politica, che sull'intolleranza ci soffia, e lo sa chiunque abbia dimestichezza con web e social: più sono i commenti, più il post finisce nelle home degli utenti che, aloro volta, intervengono a commentare.
Le testate hanno abituato i lettori ad una lettura semplicistica della realtà, fornendo ai lettori narrazioni che rimangono in superficie. Così un articolo di mera cronaca, come nel caso dei tre ragazzi che hanno rubato l'auto, con gli elementi "giusti" finisce per trasformarsi in una cloaca nella sezione commenti. Spiace, ma tant'è: per andare virali, serve l'odio social; o almeno una polemica.
