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Conte porta il Sud all’opposizione
(grazie al reddito), ma un Paese
spaccato in due tiene?

  • di Andrea Muratore Andrea Muratore

3 dicembre 2022

Conte porta il Sud all’opposizione (grazie al reddito), ma un Paese spaccato in due tiene?
Giuseppe Conte è il vero leader dell’opposizione e con l’evento di Scampia per la tutela del reddito di cittadinanza che il governo Meloni vuole gradualmente cancellare ha scelto anche definitivamente il suo bacino elettorale: il Sud. Di fronte a un Terzo Polo intento a dialogare col governo e a un Partito Democratico in stato confusionale che, soprattutto sulla manovra, non fa altro che provare a far sua la retorica contiana, l’ex premier e accademico guida il Movimento Cinque Stelle tornato di lotta. Ma siamo sicuri che il Paese tenga spaccato in due?

di Andrea Muratore Andrea Muratore

Svestita la cravatta, scomparsa la pochette, indossato il dolcevita esistenzialista che in tempi di sobrietà energetica è anche più in tema, Giuseppe Conte non si è risparmiato. Ha compiuto una rimonta insperata fino al terzo posto alle elezioni del 25 settembre battendo su una terna molto chiara: pacifismo, ambiente, welfare. Da allora in avanti non ha fatto altro che guadagnare nei sondaggi e ora mira a costruire la rete politica e sociale per il nuovo Movimento, creatura socialdemocratica con venature populiste schierato nel campo progressista. Potenziale collettore per un’ampia coalizione che va dalla Sinistra radicale agli ecologisti passando per il movimento del cattolicesimo sociale e progressista e i sindacati avente nel Sud il suo bacino elettorale. Mettendo la partita sulla dialettica attorno al reddito Conte compie un’operazione di peso: portare il Sud all’opposizione, compatto, per la prima volta nella storia repubblicana. Creare una faglia politica attorno a un tema di percepita emergenza sociale legato alla povertà, all’assenza di prospettive, alla tragica situazione economica del Mezzogiorno.

Giuseppe Conte beve un caffè in un bar di Scampia con l'ex presidente della Camera, Roberto Fico
Giuseppe Conte beve un caffè in un bar di Scampia con l'ex presidente della Camera, Roberto Fico

Conte risveglia il Sud dimenticato partendo dal cavallo di battaglia del suo ex alleato Luigi Di Maio per le trionfali elezioni politiche del 2018, quel reddito di cittadinanza costruito forse male, sicuramente imperfetto e pasticciato nel tentativo di mettere assieme welfare e creazione di lavoro ma che per centinaia di migliaia di persone, piaccia o meno, ha fatto la differenza tra una povertà decorosa e la nera miseria. I senza reddito non hanno potuto contare su di attenzione adeguata neanche nel periodo in cui la sinistra è stata la governo a partire dal 1996: il Movimento Cinque Stelle maggioritario al Sud ha fatto del reddito il suo cavallo di battaglia nel 2018 e della sua difesa la “linea del Piave” con cui tutelare la residua posizione elettorale nello scorso settembre.  Ad agosto sono state 1,18 milioni le famiglie beneficiarie per 2,51 milioni di persone coinvolte e un importo medio a famiglia di 549 euro. Il 64,2% delle famiglie beneficiarie sono al Sud e nelle isole e percepiscono un assegno medio di 581 euro, e i dati INPS più aggiornati sembrano dunque mettere seri dubbi sull’equazione tra percezione del reddito e disincentivo al lavoro che in molti settori, soprattutto nelle professioni stagionali, molte imprese avevano costruito in estate. Inoltre, i nuclei con disabili percettori di reddito di cittadinanza sono quasi 200 mila e rappresentano il 17% dei nuclei beneficiari, coprendo il 18% delle persone interessate. Sul complesso dei nuclei con disabili, i nuclei monocomponenti sono quasi 80 mila e rappresentano il 40% del totale.

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Giuseppe Conte e il bagno di folla a Scampia

Conte vuole far passare di fronte alla sua roccaforte elettorale la graduale fine del reddito di cittadinanza come una vera sottrazione di risorse al Sud e come, soprattutto, un colpo alla sua dignità. Da “Roma Ladrona” a “Milano Ladrona”, potremmo semplificare pensando alla postura pro-imprese del governo Meloni che molto ammicca al mondo produttivo del Nord e alla penetrazione di Fratelli d’Italia nelle (ex?) roccaforti leghiste. Un po’ Peron, un po’ Masaniello, un po’ Achille Lauro e un po’, soprattutto, Ciriaco De Mita della sua generazione Conte guarda alla fu Magna Grecia come alla base politica per la costruzione di un Movimento competitivo. Capace di fare barrage a qualsiasi discesa politica di forze ostili, conscio che un’Italia funzionante deve essere governata in alleanza e non in opposizione col Sud.

La rete di alleanze costruite da Conte, dalla Comunità di Sant’Egidio di Andrea Riccardi alla CGIL di Maurizio Landini, può essere sostenuta solo con un progetto politico degno di questo nome e il reddito di cittadinanza può apparire come la bandiera attorno a cui le nuove anime della “socialdemocrazia populista” non più grillina si possono radunare. Costruendo una vera opposizione a Giorgia Meloni che si muova sul filo sottile tra malcontento sociale e dialettica politica e vada oltre la base di consenso personale di Conte. Giuseppe De Rita, noto politologo, ha di recente sottolineato sul Corriere della Sera “la crescente propensione ad una «domanda di partito», al bisogno cioè di poter fare riferimento non ad avventurose leadership personali, ma ad una macchina organizzativa capace di confrontarsi pubblicamente con idee, proposte, poteri, istituzioni”. Conte sta provando a fare del Movimento nato come “post-partito” la formazione per eccellenza in tal senso. Radunandosi attorno a temi e idee partendo dal reddito di cittadinanza per poi arrivare alla questione ambientale e al pacifismo, altro cavallo di battaglia capace di unire. Dall’atteggiamento della coalizione di governo e del nuovo contismo d’opposizione dipenderà molto del futuro del rapporto tra il Sud e le istituzioni romane. Per Conte la vera sfida è non cedere al ribellismo fine a sé stesso capace di scollare il Sud dal resto del Paese come del resto una narrativa centrata sul costante “tradimento” del Mezzogiorno da parte di Roma punta da tempo a fare. Per il governo Meloni la partita sarà comprendere la domanda di protezione insita nel richiamo crescente alla politica e passante anche per un welfare in grado di proteggere i fragili e gli esclusi. Peraltro spesso centrali nella dialettica elettorale che ha portato la destra critica della globalizzazione e delle sue storture al governo. E la cui dimenticanza può alimentare i semi di una futura sconfitta elettorale.

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