Ieri sera, ospite a Quarta Repubblica, Javier Milei, il presidente dell'Argentina. Un personaggio che non possiamo nemmeno definire di destra, quanto più di estrema destra. Me lo rivedo davanti agli occhi mentre abbraccia Giorgia Meloni, con la stessa enfasi con cui si abbraccia una vecchia amica alla quale non si hanno tante cose da dire, ma si ha molto da condividere. E così, in un'intervista con Nicola Porro, Milei è stato definito un "vero rivoluzionario", per quei risultati che gli ammiratori gli attribuiscono: rigore sull'apparato pubblico, disciplina economica e toni da palco da rockstar del capitalismo. Liberale, liberista, amante della libertà. Della sua, ovviamente. Della libertà degli altri, no. Milei viene presentato come un presidente che ha mantenuto i suoi impegni. Certo, è un oratore grintoso, uno che sa accattivarsi le masse di destra. Ma chi davvero ama la libertà sa che c'è una parola che nel suo anno di governo è stata dimenticata: povertà. Già, perché mentre nei salotti televisivi si parla di inflazione crollata grazie alla mannaia sulla spesa pubblica, la realtà è che con Milei il tasso di povertà in Argentina è salito al 52,9%. Cinquantadue virgola nove. Per capirci: altri 5,2 milioni di argentini scivolati sotto la soglia di povertà, mentre la moneta si rafforza e i salari si sgretolano. Quelli dei dipendenti pubblici, in particolare, crollati del 17,5%.
Ma tranquilli, Milei è un uomo di parola. Aveva promesso di usare la "motosega" sui conti pubblici, e così è stato: -24% di spesa. Peccato che, tra i tagli, ci siano finiti i sussidi all'energia (-34,3%) e gli investimenti per infrastrutture e opere pubbliche (-76,8%). Quindi meno povertà? No. Meno Stato? Sì. Meno futuro? Decisamente. Tutto questo in nome di un sogno americano che Javier Milei vuole importare in Argentina, come se il modello fosse un Elon Musk qualunque, a cui ieri sera è stato addirittura paragonato a Michelangelo e Leonardo da Vinci. È chiaro: la macchina del culto dell’eroe funziona alla perfezione, e Porro applaude mentre Milei scivola sul ghiaccio sottile del populismo più trito e ritrito. Le tasse? "Un furto". Lo Stato? "Un nemico". I diritti? "Una zavorra". E le famiglie povere, intanto, fanno la fila per pagare il prezzo di questa pseudo-rivoluzione. Non poteva mancare, ovviamente, il bersaglio preferito della destra più estrema: il "cancro socialista" e la cultura woke. Secondo Milei, infatti, il post-marxismo avrebbe trovato una nuova casa nell’ambientalismo e nella lotta per i diritti civili. Nicola Porro, a un certo punto, prova a fare un’osservazione sensata: “Ma scusi, cosa c'entra il marxismo con il desiderio di un ambiente pulito?”. E Milei, con la sicurezza di un uomo che ha sempre la risposta pronta, ribatte “Appunto, ha a che fare con il marxismo!". Non ci è dato sapere come, ma è chiaro che per Milei, preoccuparsi del riscaldamento globale è roba da sinistra. Poco importa se a bruciare non è una bandiera, ma il pianeta intero. E così, tra slogan apocalittici e derive pseudo-scientifiche, la logica finisce nel tritacarne della propaganda: ambientalismo? "Male". Diritti? Male. Aborto? "Peggio dell’omicidio". Sì, avete capito bene: per Milei l’aborto è peggio di buttare una persona giù da un aereo. Lo dice con un fervore che lascia sgomenti, mentre Porro gli ricorda che il diritto all’aborto è considerato un grande successo dell’Occidente. Ma Milei non si scompone: l'aborto è assassinio, punto. E così, dopo aver lasciato il Paese con infrastrutture in ginocchio, salari ridotti all’osso e famiglie sull’orlo della disperazione, Milei rivendica l’ultimo caposaldo del conservatorismo più estremo: il controllo sul corpo delle donne. L'epilogo, poi, è quasi comico. Milei contro l’Onu. Milei che si scaglia contro tutto ciò che non è "libertà" (a modo suo). Milei che si abbraccia Meloni. Due mondi diversi, è vero, ma con un nemico comune: la sinistra, o meglio, la caricatura della sinistra che piace a chi vuole combatterla. È questa la libertà che Milei vuole esportare? Una libertà che taglia i ponti col futuro, con i diritti e con il buon senso. Perché se c'è una cosa che ieri sera è stata chiara è che la realtà è un lusso che la politica di Milei non può permettersi. Altrimenti, anziché incensare la motosega, qualcuno dovrebbe cominciare a contare le teste.