Gianluigi Nuzzi, conduttore di Quarto Grado, in un’intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale è tornato a parlare del caso della scomparsa di Emanuela Orlandi. Il giornalista ha avanzato l’ipotesi che lo Ior, l’Istituto per le Opere di Religione, insieme ai soldi provenienti dalla criminalità siano alla base di un ricatto nei confronti del Vaticano: “Credo che questa indagine abbia subito una vera intossicazione. Una serie infinita di fumogeni lanciati per rendere impenetrabile l’accesso alla verità stessa. Fumogeni lanciati non per proteggere chissà quale cardinale, Papa o presidente del mondo. Ma per ricattare, fare pressioni nell’ambiente vaticano. Affinché si esercitassero dei poteri all’interno di dinamiche soprattutto finanziarie che c’erano tra soggetti criminali e lo Ior”. Nuzzi si riferisce al collegamento tra il crack del Banco Ambrosiano, le responsabilità dello Ior e la scomparsa di Emanuela. Sparizione avvenuta un anno dopo l’omicidio di Roberto Calvi nel 1984: “In questa vicenda considero il Vaticano come istituzione, non come uomini, e come parte lesa. Naturalmente in maniera del tutto diversa dalla famiglia Orlandi. Molti depistaggi non hanno avuto lo scopo di coprire personaggi eccellenti ma di ricattare e minacciare. C’è un punto a tutt’oggi trascurato ma interessante. Prima che arrivi papa Francesco, accade che allo Ior chiudano centinaia di conti privati. Conti non riconducibili a enti o soggetti religiosi, quindi che non avevano diritto a essere lì. Un movimento massiccio e unisono apparentemente inspiegabile. Per cambiare banca ci devono essere dei motivi, invece questa movimentazione improvvisa anticipa addirittura le dimissioni di Benedetto XVI”.
E sull’ipotesi che vedrebbe coinvolto lo zio di Emanuela, Mario Meneguzzi: “Qui il Vaticano dopo decenni di silenzi finalmente ha battuto un colpo. Incredibilmente ha trovato dei documenti che ha trasmesso alla procura di Roma e questo dimostra due cose. Uno, che dei documenti c’erano al contrario di quanto affermato fino a ieri. E due, che, come pista, era stata già scartata. La storia dello zio potrebbe essere stata una mossa per far rientrare la vicenda in una dimensione familiare quindi non meritevole di una commissione di inchiesta. Per renderla così superflua”. Il giornalista ha anche commentato la vicenda legata alla sepoltura di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, nella Basilica di Sant’Apollinare e quella delle ossa nel Cimitero Teutonico: “Qui l’unica cosa interessante è che gli scavi alla tomba vengono fatti e poi interrotti. Alla repertazione delle ossa mancano diverse cassette di zinco. Gli inquirenti dissero semplicemente che non erano afferenti alla famiglia Orlandi. Ma nessuno può dire il contrario, nessuno ha potuto fare delle controperizie. Le cassette sono state messe via e basta”.