"Se a 25-26 anni ancora non avete fatto successo, difficilmente potrà accadere in futuro". Così l'ex Carramba Boy Massimiliano Varrese ha epitaffiato i coinquilini più giovani di lui nel corso dell'ennesima puntata del Grande Fratello, la quarantesima diretta di questa sventurata edizione. Ora, non è che dal papà di tutti i reality si possa pretendere di fare enormi riflessioni riguardo alla vita, all'universo e a tutto quanto. Premesso ciò, la frase del simpaticissimo e mai astioso concorrente è in qualche modo figlia di una boiata madre. Boiata madre che c'è, è tra noi, ci allatta fin dalla culla. Si tratta della granitica certezza per cui a una volta compiuti i 30 anni, sia tutto finito. Chi ha avuto, ha avuto. Chi ha dato, ha dato. Da lì in poi sarà solo tempo di bilanci e, nella maggior parte dei casi, rammarico. Lo abbiamo visto questa settimana anche nel talent Netflix Nuova Scena dove un contendente, al momento dell'eliminazione, si è prodotto in uno sfogo fuori scala al grido di: "Ho 30 anni, un contratto a me non lo fanno più, sono finito". E mentre gridava, spaccava il cesso del backstage dai portasapone alle toilette. Calma. Non siamo life coach, non vogliamo vendervi corsi di auto-aiuto né insegnarvi alcunché. Dispiace, però, veder dilagare anche in tv, dalla generalista alle piattaforme streaming, cotanta boiata madre. E allora, abbiamo pensato di scriverci sopra due righe. Perché sì, contrariamente a quanto si possa pensare, c'è vita oltre i 30.
Magari il metabolismo. Non c'è anima che, superati i trenta, non abbia almeno qualche accenno di gastrite. Non sarà più tempo di orsetti gommosi annegati in baslotte di vodka scadente, va bene, ma ciò non significa che se ne sentirà la mancanza. La nostra generazione, quella degli over 30, deve fare i conti con dati di fatto ben più dolorosi. A partire da questo: siamo stati dimenticati. Cresciuti a colpi di stage "perché da qualche parte bisogna pur iniziare a lavorare" e pare che tocchi proprio farlo gratis, lo dicevano anche fior di Ministri al Tg, oggi ci ritroviamo precari. Oppure con un posto a tempo, alle volte, indeterminato che non sarà quasi mai ciò per cui abbiamo studiato. E che paga 1200 al mese, mentre la città in cui tentiamo di abitare ne vuole 300 in più per comodissimi loculi dai bagni ciechi. Il problema, però, sono i poveri studenti universitari universitari fuori sede che non possono permettersi l'affitto. Come se chiunque altro, all'infuori di Khaby Lame, potesse. Anche la salute mentale, tema quantomai dibattuto grazie pure a luminari come Federico Lucia in arte Fedez, riguarda "i giovani", non chi giovane lo è stato, è cresciuto bevendosi un sacco di boiate, e oggi a nessuno importa chi o come stia perché non fa più parte dell'elettorato né del mercato pregiato. Insomma, sì, aver superato i 30 anni nel 2024 è una merda, il quadro è tanto spietato quanto sciaguratamente reale.
Il fatto, però, di non aver "concluso" granché entro quel nefasto genetliaco significa poco. O meglio, nulla. Ci sarà chi già fa l'influencer a tempo pieno o la mamma o l'imprenditore, certo. Di solito, sono tutti accomunati dal fatto di essere nati molto ricchi di famiglia. O stupidi, incoscienti. Magari invece, più svegli. O più fortunati di altri che, invece, sedimentano sul divano a guardare il soffitto. O Instagram, rosicando per i successi di quelli che ce l'hanno fatta e invece io. E invece tu?
E invece tu, magari, ti senti Spender di Nuova Scena. Uno con un sacco di cose da dire, ma il cui principale ostacolo è se stesso. Difficile non puzzare di sfiga con le contigenze che abbiamo appena descritto e che sono quelle in cui versano gli over 30 oggi. Eppure, bisogna trovare il modo di non puzzare di sfiga per non soccombere alle stesse. Sfigati lo siamo, spesso non è nemmeno colpa nostra, lo abbiamo scritto. L'individuazione di alibi è però sport da divano che nessuno sarebbe disposto a pagare per sentirsi sciorinare. Serve solo ad accomodarsi nel pantano in cui si vive, a farlo durare, a dargli spazio. E così via fino alla tomba, solo, ben prima di esservi sepolti.
"Ho 30 anni, sono finito" grida Spender spaccando tutte cose quando lo eliminano dal talent Netflix. E lo possiamo pure capire, a tratti molto bene. Le sue urla risuonano forte e chiaro dentro chi non è più ventenne da un po'. Perché sono le sue stesse urla, magari inespolose, di frustrazione. Campare di frustrazione però non si può, quella non si monetizza. E se ogni singola lacrima fosse mai servita a cambiare anche di un millesimo il proprio mesto quadro generale, si piangerebbe tutti, indefessemente. Solo, purtroppo, non funziona. Per cambiare le cose bisogna agire, partendo dal presupposto di non essere sconfitti. E manco arresi. Pensare di non poter andare da nessuna parte sapendo mettere in fila le parole è oltraggioso nei confronti prima di tutto di se stessi. Pensare di non poter andare da nessuna parte avendo qualunque altro tipo di talento o abilità - ve lo assicuriamo, chiunque ne tiene almeno un paio - vuol dire essersi lasciati avvelenare da una retorica che ci vuole addivanati, mesti, eternamente scudisciati. Come Fantozzi, ma senza il posto fisso, la casa, la famiglia brutta, la macchina. Non serve spaccare i cessi di un locale per sentirsi qualcuno a 30 anni (e passa), nemmeno a 40. In ogni momento, a qualunque età, siamo quello che siamo ed è l'unica cosa che nessuno potrà portarci via. Tocca andarne fieri, anche solo perché non c'è altro. Viviamo in un mondo dalle infinite possibilità, pressoché tutte orrende, ma se abbiamo superato i venti ne conosciamo ogni oscuro anfratto. E ci siamo già passati attraverso, potendoci oggi dirci vivi. Storicamente, all'interno della nostra personale epica - ognuno si racconta la propria, è chiaro - abbiamo superato tutte le sciagure che a 20 anni ci terrorizzavano. E se è successo, significa che è possibile. Dunque, ripetibile. Questo è il super potere che teniamo. Poca cosa, sembrerà. Non lo è affatto. Ogni fine è un nuovo inizio che condurrà a qualche cosa di forse ancor più disastroso. Ma siamo skillati, armati, detonati, gli Xena e Hercules della sfiga. Abbiamo superato almeno 12 apocalissi personali e siamo qua, tocca riconoscercelo. Anche "soltanto" alla luce di ciò, chi ci crede in grado di niente, è solo un Carramba Boy che lui no, non ce l'ha fatta.