Che il DNA trovato sotto le unghie di Chiara Poggi fosse compatibile con quello del ceppo maschile della famiglia Sempio si sapeva già dal 2017, ai tempi dell’indagine poi velocemente archiviata dal pm Mario Venditti. Anzi, già in quella occasione, la stessa Procura di Pavia aveva chiesto al professor Di Stefano, che aveva analizzato quelle tracce già nel 2007 subito dopo l’omicidio (escludendo categoricamente che fossero riconducibili a Alberto Stasi), pure di pronunciarsi ancora, con Di Stefano che aveva confermato nero su bianco l’impossibilità che il materiale rinvenuto potesse condurre all’identificazione di un solo soggetto. Attenzione: non gli era stato chiesto se fossero riconducibili a Andrea Sempio in qualche modo, ma se fossero sufficienti per portare all’identificazione certa di un individuo. Insomma, al di là delle narrazioni e dei titoli a sei colonne, niente ha ancora smentito nessuno e il presunto esito della nuova perizia – anticipato in queste ore dai media – non aggiunge nulla a quanto già noto e, soprattutto, non inciderà in maniera determinante nelle nuove indagini. Di clamore se ne può creare tanto, di commenti a effetto se ne possono tirare fuori milioni, ma poi la cinica verità di indagini, procedimenti e processi, purtroppo, è sempre misera. O non abbastanza. Semmai la nuova perizia potrà al massimo – e di sicuro non è poco – essere determinante per il legali di Alberto Stasi per fondare una richiesta di revisione della sentenza di condanna definitiva, che ormai dovrebbe essere depositata a giorni. Risultato? Siamo comunque sempre al punto di partenza.
Lo sanno benissimo anche i legali di Andrea Sempio, Liborio Cataliotti e Angela Taccia, che non solo hanno già avviato una serie di consulenze (proprio perché si sapeva già a quale conclusioni si sarebbe giunti), ma in queste ore hanno anche diramato una nota stampa in cui sostengono che si tratta di contaminazione, puntando il dito principalmente verso la Play Station di casa Poggi, ma anche verso altri 14 oggetti che erano nella villetta di via Pascoli e non troppo distanti da dove poi è stato ritrovato il corpo senza vita della povera Chiara. Nello stessa nota stampa si sottolinea che il DNA trovato è “degradato, parziale, misto e non consolidato” e anche i consulenti della famiglia Poggi (che oggettivamente sta tenendo una posizione che si fatica a comprendere fino in fondo) hanno insistito nell’affermare che “non si tratta di un dato scientifico attendibile”. Così, mentre si continua a parlare e puntare i riflettori su un dato che era già noto e che è stato semplicemente confermato, si rischia, però, di togliere l’attenzione dalla vera domanda a cui l’incidente probatorio del 18 dicembre dovrà rispondere: Chiara Poggi è stata uccisa da un assassino o c’è la concreta possibilità che nella villetta di via Pascoli, in quella maledetta mattina del 13 agosto 2007, ci fossero altre persone? E’ la risposta a questa domanda, e solo questa, la vera bomba su Garlasco che potrebbe esplodere a giorni. E è questa e solo questa la domanda che chi sta seguendo in maniera mediaticamente compulsiva sia l’indagine di Pavia che quella di Brescia, non dovrebbe mai smettere di fare. E invece…