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Delitto di Garlasco: perché tanta attenzione su Ermanno Cappa, la moglie e le gemelle Paola e Stefania? Dal mistero della bici nera fino agli accertamenti bancari “scomparsi”

  • di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

  • Foto di: Ansa

4 novembre 2025

Delitto di Garlasco: perché tanta attenzione su Ermanno Cappa, la moglie e le gemelle Paola e Stefania? Dal mistero della bici nera fino agli accertamenti bancari “scomparsi”
A Garlasco c’è tanta nebbia, tanta davvero. Il meteo, però, non c’entra niente e c’entra, invece la storia di un efferato omicidio su cui più si prova a vederci chiaro e più ci si ritrova a fare i conti con la confusione. Anche rispetto a persone che, almeno fino a ora, non sono mai finite direttamente nelle indagini. E’ il caso della famiglia Cappa (che tra l’altro s’è trincerata nel silenzio). Ma su Ermanno Cappa, la moglie e le due figlie Paola e Stefania sono tante le cose che non tornano…

Foto di: Ansa

di Emanuele Pieroni Emanuele Pieroni

La linea scelta, di sicuro, non ha aiutato: restare in silenzio, aspettando che gli inquirenti facessero il loro mestiere nel bel mezzo di una indagine (ora due) che è diventata morbosamente mediatica ha fatto sì che tanti, soprattutto sui soliti social, alimentassero dubbi e sospetti. Ermanno Cappa, lo zio di Chiara Poggi, ha però tenuto sempre la stessa linea: non parlare con nessuno e evitare ogni clamore, richiamando anche le figlie, Stefania e Paola Cappa, quando, soprattutto in passato, si sono lasciate andare a scarti in avanti mediaticamente pericolosi. Ma tutta l’attenzione che c’è intorno alla famiglia Cappa può essere giustificata solo con la scelta dell’assoluto silenzio fatta in controtendenza rispetto a chiunque altro abbia avuto un minimo coinvolgimento sulle indagini sul delitto di Garlasco? In buona parte sì, ma solo fino a un certo punto. Perché qualche ombra (in diciotto anni di indagini e processi in cui comunque le ombre sono state sempre più delle realtà accertate) oggettivamente c’è stata.

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Ecco perché, pur non essendo mai stati formalmente indagati, i Cappa sono tornati al centro dell’attenzione per una serie di elementi processuali e informativi che rimandano a omissioni e incongruenze nelle indagini iniziali, fino all’ultima strana storia degli accertamenti bancari disposti e poi non fatti. Ma andiamo per ordine: primo fra tutti c’è il giallo della bici nera. Più testimoni — fra cui Franca Bermani e la vicina Manuela Travain — identificarono, fin dal tardo pomeriggio di quel maledetto 13 agosto del 2007, una bicicletta da donna nera con borse laterali sgualcite nel cortile di via Pascoli. Una bici del tutto simile, almeno stando alle dichiarazioni della mamma di Chiara Poggi, ce l’aveva sua cognata, sorella del marito e moglie di Ermanno Cappa, ma l’oggetto non fu mai fotografato. Né sequestrato. Né confrontato in maniera diretta con le testimoni o con le altre bici simili che c’erano a Garlasco. L’unica bici simile che finì invece al centro dell’attenzione degli inquirenti fu quella nella disponibilità di Alberto Stasi, insieme alla famosa storia dei pedali con tracce biologiche scambiati con un’altra bici.

Altro nodo riguarda le incongruenze nei racconti sugli spostamenti del 13 agosto: Ermanno dichiara di essere uscito “verso le ore 8.50”, mentre il transito al Telepass risulta intorno alle 8,35. Sua moglie parla invece di una partenza “verso le 9,30”, ma una testimone (ora deceduta) avrebbe riferito di aver visto un’auto simile a quella della moglie di Ermanno Cappa proprio in via Pascoli nella prima mattinata del 13 agosto 2007 e un commerciante ha collocato in paese la donna già molto prima. E poi ci sono le due figlie, cugine di Chiara, che nel tempo hanno fornito versioni talvolta discordanti rispetto alle ricostruzioni poi emerse in fase di indagine e nei processi. A cui si aggiunge, oggi, anche il materiale reso pubblico da Francesco Chiesa Soprani, in cui Paola Cappa, tra le altre cose, fa anche una affermazione coì: “Se parlo io, un giorno racconterò tutto ma dovranno pagarmi bene”. Le gemelle, tornando al passato, furono anche coinvolte in dinamiche complesse con la stampa e con gli inquirenti. Stefania partecipò a un colloquio registrato con Stasi in caserma a Vigevano, con tanto di trascrizione che omette passaggi ritenuti significativi, ma emersi solo oggi. Paola, fragile e reduce da un tentato suicidio l’11 agosto, rilasciò dichiarazioni ai mezzi di informazione che non trovarono immediato approfondimento investigativo, così come non furono indagate a fondo alcune sue allusioni a episodi di violenza infantile, né i segni sul collo rilevati da volontarie della Croce Garlaschese. Così come non si è mai andati abbastanza a fondo rispetto alla testimonianza, poi ritrattata, di Marco Muschitta, che raccontò – salvo poi riferire di essersi inventato tutto – di aver visto Stefania Cappa in bicicletta dirigersi da via Pascoli (dove è la villetta in cui è stata uccisa Chiara) verso Tromello (la piccola frazione in cui sono stati rinvenuti alcuni oggetti nel canale su cui si affaccia proprio l’abitazione della nonna della madre di Ermanno Cappa).

La villetta della famiglia Poggi a Garlasco
La villetta della famiglia Poggi a Garlasco

Le intercettazioni emergenti a distanza di anni hanno mostrato poi un Ermanno Cappa impegnato a tenere le ragazze lontane dal palcoscenico mediatico, con frasi spesso anche molto dure rivolte alle “ambizioni” di apparire in tv e ripetute sollecitazioni a evitare i giornalisti sia dopo il primo arresto che dopo il rilascio e poi la condanna di Stasi. Ma anche intercettazioni da padre che prova a rassicurare la figlia: “Stai tranquilla che l’indagine va avanti come si deve che quel cretino lì se devono incastrarlo lo incastrano”. Basta? No, perché ci sono anche le conversazioni di settembre 2007, che compaiono solo retrospettivamente: diciotto telefonate annotate all’epoca furono ritenute irrilevanti e accantonate. Così come fu ritenuta irrilevante la quantità di utenze telefoniche sia di Ermanno Cappa che delle figlie. A complicare ulteriormente il quadro c’è ora un’altra stranezza parallela emersa solo poche settimane fa, in merito alle notizie sull’inchiesta contestualmente aperta dalla Procura di Brescia per corruzione e che vede indagato l’ex pm, Venditti (quello che nel 2017 archiviò l’indagine su Andrea Sempio), e Giuseppe Sempio (qui raccontiamo tutto) e, a breve, anche l'avvocato Lovati: nelle annotazioni della Guardia di Finanza relative agli accertamenti disposti, in una prima lista di giugno, i Cappa erano tra le diciotto persone per le quali si chiedevano “mirati accertamenti bancari”. Poi, però, nella nota di settembre che riferiva l’esito degli accertamenti, i loro nomi non compaiono più (come scomparso è anche il nominativo del Gip Fabio Lambertucci, ndr). L’assenza è stata interpretata come probabile decisione della Procura di non estendere quei controlli, ma l’eliminazione dei nomi senza un chiarimento pubblico ha inevitabilmente alimentato dubbi e ipotesi: la documentazione, inviata alla pm bresciana, ha iniziato a circolare e lasciato spazio a sospetti. Sospetti che, è bene ricordarlo, non sono comunque confortati dai riscontri formali. Dalle informative della GdF risulta in generale che i controlli bancari non hanno evidenziato anomalie significative rispetto agli altri soggetti sottoposti a verifica, ma il fatto che siano stati chiesti accertamenti e poi non richiamati nelle note successive ha inevitabilmente riaperto a domande sulla completezza delle verifiche e sull’eventuale selezione degli ambiti da approfondire.

Infine, le tensioni mediatiche e processuali dei giorni immediatamente successivi al delitto — con fotomontaggi, irruzioni di personaggi dello spettacolo e presunte pressioni politiche citate in alcune conversazioni — hanno contribuito a un clima che, agli occhi di chi oggi rileggere quei fascicoli, appare segnato da omissioni rilevanti e zone d’ombra che oggettivamente sono difficili da spiegare. Tutto ciò, comunque, non prova responsabilità, ma spiega perché attorno a Ermanno Cappa, a sua moglie e alle gemelle graviti ancora una cortina di perplessità che la Procura e gli organi giudiziari chiamati a riesaminare atti e procedure dovranno chiarire. Tra le centinaia e centinaia di cose che, purtroppo, restano non chiarite.

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