Nella villetta di via Pascoli, a Garlasco, è stata individuata una nuova impronta di scarpa insanguinata, collocata in cima alle scale che conducono alla cantina dove il 13 agosto 2007 venne ritrovato il corpo senza vita di Chiara Poggi. Esattamente sotto l’ormai famosissima “impronta 33”. Insomma: l’assassino s’è appoggiato al muro con una mano, facendo leva con un piede, verosimilmente per avere la forza necessaria a scaraventare sulla scala il corpo di Chiara Poggi. La bomba l’ha sganciata questa sera il TG1, nell’edizione delle 20. E no, non è solo una curiosità in più o un altro pezzo misterioso che si aggiunge a un quadro già assurdo. In primo luogo perché l’indiscrezione confermerebbe qualcosa che la difesa di Alberto Stasi aveva ipotizzato già tempo fa. In secondo luogo perché racconta che la Procura di Pavia potrebbe avere in mano molto più di quanto s’è pensato fino all’incidente probatorio del 18 gennaio. E, infine, perché conferma che le primissime indagini del 2007 sono state una sequela – ora infinita – di errori che si fa fatica a chiamare “solo errori”. Stanno per partire nuove notifiche di 415bis? E’ possibile. Ma non imminente. Ciò che, invece, è attualissimo, è che la nuova traccia che sarebbe stata trovata, secondo le ricostruzioni investigative più recenti, sarebbe compatibile per posizione e dinamica proprio con l’impronta 33, quella palmare impressa sul muro e oggi attribuita dalla Procura di Pavia ad Andrea Sempio.
Non si tratta di un dettaglio marginale. Al contrario, questa impronta di scarpa — che emergerebbe dal gradino più alto della scala — rischia di anticipare, almeno sul piano narrativo, gli esiti della Bloodstain Pattern Analysis dei Ris di Cagliari e della consulenza dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, due tasselli ancora coperti dal segreto istruttorio ma destinati a incidere profondamente sulla rilettura della scena del crimine. Anche perché l’orario della morte sarebbe diverso da quello su cui la Cassazione ha fondato la sentenza di condanna di Alberto Stasi e, almeno stando a quanto si dice, non si categorizza che l’azione omicidiaria sia stata commessa da una sola persona.
La scala interna della villetta Poggi è da sempre uno snodo cruciale del caso. Tredici gradini ripidi, privi di corrimano, su cui Chiara sarebbe stata spinta dopo aver disattivato l’allarme e aperto la porta al suo assassino. La sentenza definitiva che ha portato alla condanna di Alberto Stasi afferma che l’aggressore non scese mai in cantina, fermandosi in cima alle scale. Una ricostruzione che, per anni, ha retto anche grazie a un dato apparentemente granitico: l’assenza di impronte insanguinate sui gradini. Oggi, però, quello scenario torna a incrinarsi. L’ipotesi investigativa rilanciata dal Tg1 è che chi aggredì Chiara si sia fermato proprio in cima alle scale. E, purtroppo, non è la prima volta che si parla di tracce “dimenticate” sulle scale. Già mesi fa, l’esperto di Bloodstain Pattern Analysis, Enrico Manieri, come riporta IlGiorno, aveva segnalato la presenza, nelle fotografie dell’epoca, di una strisciata riconducibile a una suola con risalti rettangolari, diversa da quella a pallini della scarpa Frau numero 42 attribuita a Stasi. Una traccia mai repertata, mai analizzata, eppure visibile sul muro e sui primi gradini, quasi perpendicolare all’impronta palmare 33.
La nuova impronta insanguinata rilanciata dal Tg1 sembra inserirsi esattamente in questo solco. Non chiarisce ancora se sia preesistente o contestuale all’omicidio, né a chi possa appartenere. E è qui che il nodo probatorio si stringe. La sentenza definitiva ha sempre sostenuto che sulla scena del delitto vi fosse una sola tipologia di suola insanguinata. Ma nel pomeriggio del 13 agosto 2007, nella villetta entrarono almeno venticinque persone tra soccorritori, carabinieri, medici legali e necrofori, non tutte dotate di calzari. Un dato che, già in passato, ha alimentato dubbi sulla genuinità e sulla datazione di alcune tracce.
Il tempismo dell’indiscrezione, poi, non è casuale e è inutile fare finta di niente. Arriva a ridosso della chiusura dell’incidente probatorio sul Dna e mentre si attende il deposito della relazione Cattaneo, che potrebbe riscrivere la dinamica dell’aggressione, ipotizzando colpi inferti in momenti diversi e un possibile epilogo proprio sulle scale. Insomma: la bomba sganciata dal TG1 sembra dialogare con accertamenti scientifici ancora coperti dal segreto e che, se tutto sarà confermato, potrebbe incrinare ulteriormente una ricostruzione che, di fatto, è sempre stata debolissima.