“Basta parlare dei video porno nel computer di Alberto. E’ in galera, è stato condannato, ma continuiamo a parlare dei video di Alberto”. Sì, a Lo Stato delle Cose, questo è stato il picco di massimo sbrocco dell’avvocato Giada Bocellari, legale di Alberto Stasi. Tono alzato, ma senza urlare. Richiesta perentoria. Segnali di pazienza finita. Ma tenendo sempre e comunque un profilo di estrema eleganza dentro uno studio in cui nemmeno il conduttore, Massimo Giletti, a un certo punto, s’è trovato a suo agio per i modi di molti altri ospiti (collega della Bocellari, De Rensis, compreso), così abituati a inveire, raccontare pezzi, ometterne altri e giocare a chi parla sopra più a lungo anche in barba al fatto stesso che c’è un conduttore. E’ stato così ieri a Lo Stato delle Cose, ma è così praticamente ovunque nei salotti in cui si parla del delitto di Garlasco e delle indagini sulla morte di Chiara Poggi. E probabilmente è per questo se quell’avvocatessa così differente in TV cerca di non andarci e lo fa solo quando è necessario. Misurando. E, a volte, pure senza alcun problema a riconoscere chi ha ragione su un qualche fatto specifico, anche quando chi ha ragione sta sostenendo qualcosa che a lei, in quanto avvocato di Alberto Stasi, potrebbe non fare comodo.
Insomma, dai, in mezzo a una narrazione senza controllo, una così ci voleva da matti. Al di là di innocenti, colpevoli e incidenti probatori su cui, a 48 ore dal primo round, non ha più senso neanche stare a fare previsioni. Tanto vale, piuttosto, prendersi questo tempo che manca da fuoco dell’inevitabile, infuocatissimo, dibattito che seguirà il 18 dicembre, per riflettere su quanto e come un profilo d’eleganza può stare bene persino in mezzo al sangue (e purtroppo anche alla mer*a, decisamente tanta mer*a, stay tuned…) di Garlasco. Perché mantenere un profilo di eleganza nelle questioni più scabrose significa, rifiutare che la vittoria, di chiunque e a prescindere da chiunque, coincida con la degradazione reciproca. Significa affermare che anche nel conflitto — soprattutto nel conflitto — esiste una forma che salva, una dignità che non chiede permesso e non arretra. Ma avanza senza urlare, fatti alla mano. È una disciplina esigente, forse la più ardua: vincere, se necessario, senza cessare di essere all’altezza di sé stessi.
Giada Bocellari, ieri, lo ha fatto. Arrabbiandosi quando l’argomento è diventato, di nuovo, quello dei porno di Alberto Stasi, dei suoi vizietti al pc e delle pericolose diagnosi fatte senza cartelle cliniche alla mano, più come giudizi da dare in pasto a una qualche tribuna che altro. E lo ha fatto, soprattutto, lasciando intendere che su quel tema lì, quello privatissimo dell’intimità e delle tendenze o delle preferenze, ci sarebbe tato da dire. Un tanto da dire che potrebbe avere un suo peso, ma un peso che resterebbe sempre e comunque inferiore rispetto a quello del dovere del rispetto che serve. Soprattutto per Chiara Poggi. Che è la vittima, ma che è stata pure – e per fortuna visto quanto poco gli è toccato vivere – una ragazza poco più che ventenne nel bel mezzo di quella fase della vita in cui la libertà, anche quella di una intimità come ti pare, puoi permettertela veramente. L’avvocato Giada Bocellari ieri, l’ha praticamente detto senza dirlo. E è stata una gran lezione di sbrocco, quasi che imparare a sbroccare così potrebbe essere una di quei regali grossi che noi adulti dovremmo chiedere a Babbo Natale, visto il periodo.
Ok, c’è un equivoco diffuso che associa l’eleganza alla ritirata, alla sterilità del gesto di chi non vuole sporcarsi le mani. Ma niente è più falso. L’eleganza, quando è autentica, non è un vezzo, ma una postura morale: un modo di stare nel conflitto senza lasciarsi colonizzare dalla sua parte più ottusa. Parlare in mezzo a chi starnazza è esercizio di rara umanità. E’ non sottrarsi alla battaglia. Ma accettare di farla con le proprie armi, i propri modi, i propri mezzi e, soprattutto, la propria preparazione (studiare sarà sempre e solo la chiave di tutto) persino in contesti in cui prevalgono la sguaiatezza. La partigianeria. La volgarità. L’insulto. E quella insopportabile urgenza di prevalere a ogni costo. Signori, è forza distintiva. E sta bene pure quando l’argomento è un efferato omicidio. O qualche pornazzo nella memoria di qualche pc.
A prescindere dall’idea che chiunque su Garlasco può essersi fatto, soprattutto tra chi Garlasco la racconta ogni giorno (Oriana Fallaci diceva che l’obiettività è il più bugiardo dei criteri che un giornalista pensa di imporsi), l’avvocato Giada Bocellari, ieri, ha dimostrato ancora una volta che, magari da dopo il 18 dicembre quando ci saranno di sicuro argomenti nuovi (alcuni anche clamorosi) si potrebbe parlare diversamente di tutto quello che sta accadendo. E si potrebbe pure raccontarlo diversamente. Non è, sia inteso, alzare muri di superiorità, ma provare a introdurre una differenza qualitativa: resistere alla tentazione dell’immediatezza volgare, non rispondere al fango con altro fango. Insomma: rifiutare di “colorare le acque” anche quando potrebbe fare comodo e, tutto sommato, non ci sarebbe niente di male. Partecipare con eleganza, persino su Garlasco, significa riconoscere che il conflitto è un fatto umano – prima ancora che giuridico o giudiziario - e che la lealtà non esclude l’aspra determinazione. Anzi, la esige. Eraclito, nel celebre frammento 119, scrive: “il carattere dell’uomo è il suo destino”. Non è un invito al moralismo, ma una constatazione: il modo in cui si affronta lo scontro sporca l’esito dello scontro stesso. E sporca persino i processi, come purtroppo s’è già visto in tutte le circostanze in cui l’opinione pubblica, fomentata da qualche salotto, ha voluto per forza “un mostro”. Signori, il profilo d’eleganza non è mai un modo per tempi di pace, ma la perfetta scelta ontologica da fare soprattutto nel cuore di un conflitto.