Una coppia normale. Lo zio Ermanno Cappa? “L’aveva idealizzato”. Lo racconta Alberto Stasi, in uno dei tanti confronti con gli inquirenti in cui ha ricostruito la relazione con la ragazzina conosciuta all’oratorio di Garlasco insieme a cui era cresciuto negli ultimi anni. Una coppia di ventenni che, nella solita narrazione costretta al politicamente corretto che impera in questi tempi, è finita descritta come “il tato” e “la tata”. Insomma, come due che si chiamavano così nelle loro conversazioni. Come due che sicuramente si amavano. Che sicuramente progettavano. Che sicuramente si supportavano, ma che alla passione non ci pensavano neanche. Non era così. Non è mai stato così. C’era, come era normale che fosse, anche una complice e vivace intimità. E oggi che l’attenzione dell’inchiesta bis si concentra sui computer dei due fidanzati tutto questo sta emergendo. Insieme a molto altro che è rimasto, per un qualche errore del passato, un po’ nella nebbia, come le attività residue nei telefoni e sulle telefonate impossibili da spiegare. A cominciare dalla rete di relazioni familiari in cui la ragazza viveva e che, per quanto rimasta sullo sfondo per anni, oggi appare più che mai centrale. Non per puntare il dito verso qualcuno, sia inteso, ma per capire chi era davvero Chiara Poggi, cosa era davvero Garlasco e, magari, anche dare qualche risposta a tante domande rimaste sospese tra testimoni apparsi dopo quasi due decenni, altri che hanno ritrattato dopo un’ora di pausa sospetta e giornalisti e inviati che si sono trasformati in investigatori.
Non può limitarsi tutto a quella settimana in cui Chiara fu sola, con i genitori che erano fuori e un fidanzato, Alberto Stasi, che c’era, sì, ma rimbalzando tra preparativi per il colloquio alla Price e capitoli di tesi, alternando mezze giornate con lei a lunghi silenzi. Sappiamo che Chiara si muoveva tra il lavoro, la cura dei gatti, qualche uscita, la casa di riposo della nonna e la cucina dove la cugina Stefania Cappa si presentava, dopo un rapporto recuperato, quasi ogni giorno per fumare una sigaretta in cucina (dove in effetti, in quel maledetto 13 agosto, c’era un posacenere pieno di cenere, ma senza neanche un mozzicone). Parlare della famiglia Cappa non è accusare, è raccontare di qualcuno che comunque c’era nella quotidianità di Chiara. E che aveva le chiavi della villetta di Garlasco. La famiglia Cappa – al di là di alibi, testimonianze varie, fantasie più o meno fervide che gli inquirenti e solo gli inquirenti dovranno approfondire - non è un contorno. È un blocco compatto. Influente nei giorni di Chiara. Influente a Garlasco. Lo zio Ermanno era una figura di riferimento: il parente vicino che ce l’aveva fatta. Chiara, come diceva all’exfidanzato e ai conoscenti la cugina Stefania, era la prima dei “contadini” Poggi a essersi laureata. Le gemelle, Paola e Stefania, poli opposti – come raccontato ance con un giudizio piuttosto duro dal padre di Chiara Poggi in un verbale – sono state comunque entrambe presenti nel suo ultimo scorcio di vita: l’una costretta a letto da un disturbo alimentare e un infortunio, l’altra a occupare il vuoto di una relazione durata ei anni appena finita e di attenzioni tutte concentrate sulla sorella malata. E poi le telefonate, i contatti incrociati, i cellulari intestati a un componente, ma usati da un altro. Un dedalo di chiamate che, negli atti, lascia tracce difficili da ricondurre a una logica.
E’ in quel dedalo che, tra il 7 e il 9 agosto, si inseriscono anche le tre chiamate di Andrea Sempio (che gli costeranno, insieme alla storia dello scontrino del parcheggio, una richiesta di rinvio a giudizio molto più di quanto potrebbe costarglielo la perizia sul DNA depositata dalla dottoressa Albani) al telefono di casa Poggi. Durate brevi. Spiegazioni ancora più brevi (“uno sbaglio”), ma collocate in momenti in cui Chiara era sola. Adesso, però, è nei computer dei due fidanzati che si concentra l’attenzione degli investigatori. Da un lato il portatile di Alberto, su cui Chiara — secondo alcuni incroci di orari e movimenti — avrebbe frugato per pochi istanti la sera prima di morire. Dall’altro il PC della ragazza, con quella famosa cartella “protetta” che secondo alcune ricostruzioni sarebbe stata bloccata all’accesso pochi giorni prima della tragedia (e da cui sarebbe scomparso uno dei video intimi con Alberto, il 2 per la precisione).
E poi le ricerche hot che risultano salvate in orari in cui Chiara non era in casa e non poteva essere dietro quel PC, le immagini del Santuario della Bozzola scaricate mentre lei era al lavoro, il file sugli abusi sessuali ecclesiastici custodito nella chiavetta trovata accanto alla televisione. Segni di un’attività postuma? Di un accesso non autorizzato? O semplicemente l’esito di investigazioni condotte con la convinzione che “tanto l’assassino è il fidanzato”? Al dubbio si aggiunge anche un altro dei racconti mai chiariti: le luci accese nella casa della nonna a Gropello Cairoli la sera del 12 agosto. Tre testimoni parlano di finestre illuminate in un’abitazione disabitata, chiusa da inferriate e senza segni di effrazione. “Chi entrò aveva le chiavi”, ha suggerito più di un investigatore. Eppure la perquisizione avvenne solo all’esterno. Senza verificare — per motivi mai spiegati — se qualcuno avesse passato la notte precedente all'omicidio proprio in quella casa.
Tutto complicato, tutto inincastrabile in un’unica, solida, ricostruzione se non accettando amnesie. Incertezze. Discrepanze. E, purtroppo, errori grossolani che restano irrimediabili. E poi c’è la vita privata di Chiara, quella che sfugge alle ricostruzioni troppo ordinate. I messaggi con Alberto. Affettuosi. Quotidiani. A volte, ma che male c’è a dirlo, anche erotici. Le uscite in mezzo ai doveri di due che stanno in quella fase lì in cui diventi adulto veramente. Le passeggiate. Gli aperitivi. Lo shopping con i soldi guadagnati lavorando. E le confidenze alle colleghe anche su amori che “vivono un periodo di stasi”, intrallazzi con “il piccione”, e un aperitivo in città con un adulto mai identificato (un altro dei racconti mai chiariti). Una ragazza che non era solo la “fidanzata perfetta”, ma una ventiseienne che cercava spazi propri. Confidenze. Normalità. Oggi gli indizi su Andrea Sempio, il nuovo incidente probatorio e le schermaglie tra accusa e difesa attirano morbosamente tutti. Ma intorno, nelle pieghe (tutt'altro che torbide, ma normalissime) della vita di Chiara, resta un mondo che non è mai stato davvero sviscerato. E forse è esattamente lì che stanno tutte le risposte.