C’è, ci fa o se l’è presa a cuore? E’ quello che ci siamo chiesti qualche giorno fa, raccontando di quel “Ermanno Cappa, denunciami” affidato da Francesco Chiesa Soprani ai social. L’ex amico di Paola Cappa - che nei mesi scorsi ha reso pubblici alcuni degli audio in cui la cugina di Chiara Poggi commentava le vicende intorno al delitto di Garlasco – è un imprenditore che da anni gravita nel mondo dello spettacolo e il fatto che una persona comunque così esposta in un ambiente delicato arrivasse a metterci la faccia in questo modo aveva fatto nascere quel dubbio: c’è, ci fa o se l’è presa a cuore? Ecco, adesso abbiamo deciso di chiederlo direttamente a lui, senza troppi giri e senza interpretazioni.
“La verità - ci dice - è che non è nessuna delle tre. Semplicemente sono un cittadino anche io, sono un padre, e questa storia di Garlasco dura da troppi anni. Penso che arrivare alla verità su Chiara Poggi debba essere un dovere”.
Quando hai capito che gli audio scambiati e i messaggi con Paola Cappa potevano avere un peso importante?
Quando ho riascoltato gli audio senza più il filtro dell’amicizia. Nel bel mezzo del clamore per la riapertura del caso, Paola mi ha mandato dei messaggi poco simpatici, tra l’altro senza nessuna ragione, soltanto per paura che io potessi raccontare ciò che ci eravamo detti. A quel punto li ho riascoltati con un’altra logica. E ho visto che c’erano molte incongruenze rispetto a tutte le notizie che uscivano in quei giorni. Non sono tre audio: in un giorno potevamo mandarcene anche 120, per dire.
E per quanto tempo?
Considera che ci sentivamo ormai da sette mesi tutti i giorni e che dall’11 marzo in poi — che è il giorno in cui chiesero il DNA a Andrea Sempio — abbiamo parlato soltanto di Garlasco. Sia inteso, io non ho mai dato responsabilità a Paola o alla famiglia Cappa, non ho mai detto che sono colpevoli di qualcosa. Non perché abbia paura, ma perché in effetti non posso sapere se sono o non sono colpevoli di qualcosa. Però ho notato che ci sono incongruenze enormi tra il raccontato e il verbalizzato. Siccome per altre persone, che siano Stasi o Sempio, si va a fare le pulci per ogni cosa, mi sembrava giusto che anche tutte queste incongruenze della famiglia Cappa fossero approfondite. Poi magari è stato fatto già e in futuro avremo degli stravolgimenti, però non è stato reso pubblico. Per ora ci sono dubbi e incongruenze che a mio avviso, e per quello che posso saperne, non hanno nessuna risposta.
Questi audio e il materiale che hai sono stati portati in Procura a Pavia?
Sì, certo. Sul tavolo dei magistrati c’è proprio tutto.
Tu, poi, a parte i social e qualche diretta, non sei diventato ospite fisso di qualche salotto tv. E’ stato un tuo modo di rispondere a chi diceva che avevi tirato fuori quel materiale per denaro e visibilità?
Semplicemente non l’ho ritenuto opportuno. A chi commenta in un certo modo neanche rispondo. Di Garlasco, però, sono andato avanti a parlarne perché sono diventate più di dodici — se non ricordo male — le incongruenze che io ho notato. E sono tutte fattuali. Cioè, onestamente gravi. Ad esempio, Paola, in un audio dice “A”, agli inquirenti risulta “B”, la mamma dice “C” e la sorella dice “D”. Insomma, tutte cose diverse pur parlando della stessa situazione specifica. Poi alcune volte hanno la stessa versione, ma quasi sempre dopo, come quando ci si mette d’accordo. A distanza di 18 anni, però, Paola magari ha dimenticato quello che aveva detto e a me dice nuovamente quello che invece era stato detto nella prima versione. Solo che, poi, non collima con quanto riferito dalla madre o dalla sorella.
Gli audio che sono stati portati in Procura, rispetto a quelli che conosciamo e che abbiamo ascoltato o letto, quanti sono?
Gli audio sono stati presi tutti dalla Procura e quelli noti sono una minimissima parte. La Procura mi ha convocato telefonicamente. Li ho consegnati il 18 giugno, che era il giorno in cui è iniziato l’incidente probatorio. C’erano molti giornalisti, ma sono entrato da dietro. Ho consegnato il telefono e hanno copiato quello che c’era. Poi una persona in abiti civili m mi ha chiesto gentilmente — non era un obbligo o una imposizione — di non approfondire il discorso nei media. Quindi di non parlare di queste cose durante l’estate. E così ho fatto. Soltanto il 22 settembre, da Giletti a Lo Stato delle Cose, ho ripreso l’argomento. Poi nessuno ha voluto più parlarne. Onestamente il perché non l’ho nemmeno tanto capito: forse per paura di querele.
Tu questa paura non ce l’hai?
Io non ho mai dato colpe a nessuno, quindi non so di che denuncia si possa parlare. Possiamo discutere sulla privacy o sulla riservatezza, ma gli audio non è obbligatorio farli sentire. Basta parlare dei contenuti che sono reali e, di conseguenza, non possono arrivare querele. Ma in questo momento nessuno vuole parlare della famiglia Cappa, perché la solita frase è: “non sono indagati e quindi non se ne parla”.
Pensi che potrebbero esserci ulteriori novità a breve?
Le novità sicuramente a breve arriveranno. Non il 18 dicembre, perché quella data è apposita per l’incidente probatorio, quindi per il DNA e altre dimostrazioni in riferimento a Sempio, non per parlare eventualmente di altri indagati.
E’ quello che sembra lasciar intendere, ultimamente, anche la difesa di Alberto Stasi e è pure un po’ l’aria che si respira tra quelli che raccontano le vicende intorno alle indagini sul delitto di Garlasco. Proprio qualche giorno fa, però, l’avvocato De Rensis ha detto qualcosa di spiazzante, ossia che ritiene che Muschitta (l’operaio che disse di aver visto quella mattina in bici una delle gemelle cappa con in mano un attizzatoio da camino e che poi ha ritrattato tutto, ndr) sia un testimone inattendibile…
Muschitta ha detto molte cose in quel verbale che, dopo un’ora di pausa, si chiude con un lapidario “ho inventato tutto”. Ma ti rispondo su De Rensis. E’ un avvocato e dice sempre, giustamente, quello che è stato stabilito dalla Procura, dagli inquirenti, dal Tribunale. Dice anche che Alberto Stasi, fino a prova contraria, è colpevole perché è stato condannato, è in carcere, sta scontando la sua pena. Sviluppa quella che è la realtà dei fatti: Alberto Stasi è stato condannato a 16 anni, Muschitta è stato considerato inattendibile.
A proposito di Muschitta, se non sbaglio, in uno degli audio Paola ti dice che suo padre sapeva che era andato a parlare con gli inquirenti dopo appena due minuti, giusto?
Non mi ricordo se era negli audio, perché di alcune cose ne abbiamo parlato anche di persona, durante degli aperitivi che ogni tanto facevamo insieme. Ma forse sì, anche questo è negli audio sì. Su Muschitta mi disse che era, appunto, una persona che cercava dei soldi, una persona inattendibile e che suo padre aveva saputo che stava parlando con gli inquirenti praticamente in contemporanea. Però è vero pure che, soprattutto in quegli anni, Ermanno Cappa era, e lo è ancora, una persona di successo e di potere, molto influente. Quindi ci sta pure, nelle dinamiche tipiche della provincia, che ci sia stato magari qualcuno che lo ha avvisato quasi in tempo reale. Alla fine non è niente di troppo strano. Non reputo Muschitta una persona minacciata o una persona comprata come affermato nell’audio reso pubblico dall’ex maresciallo Marchetto, ma penso – ripeto, è il mio pensiero – che abbia dato delle informazioni per far indagare e tornare a casa sua senza noie nel tempo e senza dover entrare e uscire dalle aule di tribunale, in un eventuale processo, per testimoniare. Quando gli hanno fatto capire che sarebbe stato impossibile, ha detto “mi sono inventato tutto, basta che non mi fate entrare in questa storia”. Poi, però, c’è una intercettazione in cui dice al padre: “Io comunque ho detto tutto e speriamo che almeno indaghino”. E invece, oltre a dire che è inattendibile, non hanno nemmeno indagato rispetto a quello che lui aveva detto.
Ritieni che tra il materiale consegnato ci sia qualcosa che possa essere più grave di quello che invece abbiamo ascoltato tutti?
Non lo so, non è che non voglio risponderti, ma è tutto in evoluzione: delle piccole cose che prima sembravano non importanti, riascoltate in base a quello che esce poi di mese in mese, assumono importanza. Quindi sicuramente l’audio sul tutore — che Paola definisce “gesso”, quindi “mi sono tagliata il gesso da sola per aiutare gli inquirenti” — è sicuramente un audio che lascia molti punti interrogativi. Quello riferito alla sorella, che ha saputo della morte dichiarando “oggi quando ero in piscina”, lascia tantissimi dubbi, perché la mamma invece dice che era sotto la doccia, mentre Stefania stessa all’epoca diceva che era in piscina, per poi invece nella versione successiva dire che era sotto la doccia. Alcuni audio neanche me li ricordo francamente.
Quale è, realmente, il rapporto di Paola con la sorella Stefania?
È un rapporto conflittuale. Infatti, sempre negli audio mi dice che preferiva andare a trovare i nipoti, cioè i figli di Stefania, quando la sorella non c’era. Avevano e hanno caratteri molto diversi. Lo dimostra un po’ anche quello che è emerso in uno degli audio andati in onda: se Paola vive reagendo e arrabbiandosi nel modo giusto, quindi controllando chi magari racconta delle cose inesatte, Stefania invece, stando a quello che racconta Paola, andava in confusione, perdeva proprio la ragione appena si parlava di riaprire il caso o di parlare ancora dell’autopsia o di qualcosa che potesse riguardare la loro famiglia. Erano racconti che mi colpivano, perché comunque mi dispiaceva.
Da persona che ha a che fare con lo spettacolo, secondo te, al netto dell’idea personale che ognuno di noi può avere, questo silenzio in cui si è trincerata la famiglia Cappa in una vicenda che invece è totalmente mediatica, dove tutti parlano e forse anche troppo, è pericoloso per loro? Oppure potrebbe essere una scelta buona? Insomma, come la giustifichi?
Questa è una domanda intelligente che non mi è mai stata posta. Nel senso che, da esperto di comunicazione, lo trovo un comportamento assolutamente fuori luogo. Perché se io fossi Stefania o Paola Cappa e fossi innocente — come sicuramente attualmente risultano — io non mi nasconderei. Mi farei intervistare nei tempi e nei modi dovuti, evitando sovraesposizioni. Paola negli audio mi diceva che un cugino — non ricordo se Reale o come si chiama — si era comprato una casa a Roma andando in TV. Cioè, nei loro panni capirei quasi di più se cercassero di guadagnare. E sarebbero, in ogni caso, occasioni per replicare. Mi confronterei con le persone, farei valere le mie ragioni senza espormi troppo. Insomma, avrei usato un atteggiamento da persona onesta. Razionale. Innocente. Trincerarsi invece dentro un silenzio assurdo e anche un po’ rabbioso rischia di fare un’impressione opposta. C’è sempre un percorso comunicativo da seguire. Loro invece hanno preso la strada del silenzio puro. Pur essendo innocenti e non indagati: è immotivato.
Ti riferisci anche alla rabbia di Ermanno Cappa?
Se sei innocente, tua moglie è innocente, le figlie sono innocenti, sei un avvocato, conosci tutti i metodi della comunicazione a livello legale, per quale motivo devi essere aggressivo o arrogante? Al di là di Fabrizio Corona, che è uno che fa arrabbiare tutti, ma in generale perché, da avvocato, non puoi andare in TV o rilasciare una bella intervista a qualche quotidiano e spiegare in modo chiaro come stanno le cose? Se ti senti forte della tua innocenza, se ti senti forte dell’innocenza di tua moglie, se ti senti forte dell’innocenza delle tue figlie, è la cosa più bella che ci sia.
A proposito di scelte di comunicazione, di quelle di Andrea Sempio che mi dici?
Non puoi dire “mi hanno rovinato la vita” quando, da innocente come ti ritieni, potresti vivere quello che ti sta capitando anche cercando di monetizzare, considerando le spese legali da sostenere. Quindi perché stai sempre chiuso in cameretta come se fossi ai domiciliari? Chi ti obbliga? Ti hanno messo ai domiciliari? No. Ti stanno inseguendo? No. Puoi fare quello che vuoi. Hai anche il passaporto per andare all’estero, fare un viaggio e staccare la testa, come ti ha suggerito Lovati.
Quale sarebbe la giusta misura, per i Cappa, per Sempio o per chiunque altro?
Bisogna affrontare i media senza esagerare: prendi una o due trasmissioni importanti, una volta ogni 15 o 20 giorni ti fai vedere, fai vedere la tua serenità, fai sentire la tua voce. Lasciare che ti giudichino. Lascia anche che qualcuno dica che sei colpevole. Tu non vai a giustificare il fatto che non sei colpevole, ma a mostrare la tua serenità, il fatto che non hai niente da nascondere. In questo modo invece i sospetti aumentano ogni giorno di più.
Se la guardo da provinciale prima che da professionista, mi viene da dire che in provincia è quasi normale che, quando accadono certe cose, si inneschi in ognuno una corsa a dimostrare chi non è stato, che è molto più veloce e frenetica, purtroppo, della corsa a capire chi è stato. Solo che poi ognuno, senza saperlo e magari in buona fede, fa dei danni enormi.
È così. Però, nel caso delle incongruenze che emergono nei miei audio con Paola, che male ci sarebbe a chiarire? Anzi. Ci sta che un ricordo possa essere fallato, per l’ansia che comunque c’è, per il tempo che è passato. Invece il silenzio o la rabbia alimentano e basta. Però sì, la provincia purtroppo in questo è così.
Anche il discorso del famoso fotomontaggio è pesato molto…
Vero! Ma, sia all’epoca che adesso, non sarebbe di sicuro sbagliato o peggiorativo presentarsi in TV e dire ‘sì, abbiamo sbagliato per la foto. In quel momento, in piena gioventù, a vent’anni, per l’euforia di tutte le televisioni che abbiamo visto nella nostra provincia, pur soffrendo per la morte di nostra cugina Chiara, abbiamo sbagliato nel volerci esibire e di questo ce ne siamo rese conto col tempo, crescendo’. Io questo lo avrei suggerito anche come padre. E a quel punto chi può ribattere qualcosa? Uno sta zitto davanti a una spiegazione del genere, tra l’altro reale.
Negli audio o nelle vostre conversazioni, Paola ti ha mai raccontato di quella foto?
Sì, mi diceva chi ha realizzato quel fotomontaggio, perché l’hanno pubblicato. Solo che, anche lì, finendo per insultare una persona terza che non lo so se ha responsabilità.
Cioè?
Lei dava la colpa a una amica, la definiva “la cicciona”. E dice che l’errore suo e di sua sorella è stato solo quello di pubblicare la foto che questa amica gli aveva fatto avere senza pensare che fosse un fotomontaggio. Questa cosa andava spiegata in maniera corretta. Loro erano giovani, ma io, per la foto come per mille altre cose, non mi spiego come il padre, una persona intelligente e preparata, un legale di fama nazionale, possa fare questi errori grossolani di comunicazione. Secondo me basterebbe mettersi intorno a un tavolo — lui, la moglie, le figlie — e dire: ‘non abbiamo fatto niente, nessuno di noi quattro. Da domani basta coi media, ma prima diamo le nostre spiegazioni’. Perché a quel punto, dopo aver dato spiegazioni, anche qualsiasi denuncia diventa pesante se davvero sei intenzionato a denunciare chiunque. Ma se non dai spiegazioni, le denunce non valgono niente. Perché se tu non spieghi, è normale che chi si occupa della vicenda, per diritto di cronaca, dica: questa cosa non torna e nessuno vuole spiegarla.
Uscendo da dinamiche di comunicazione, ex amicizie e audio, su Garlasco, a tuo avviso, che novità potrebbero esserci?
Vedo che si sta tornando a parlare molto del computer di Chiara. Credo che concentrarsi su quella ragazza, sulle sue cose, possa essere il segno anche che le indagini si stanno indirizzando su questo. Mi dispiace non poter dire altro ora, ma io, in merito al computer di Chiara, ho scoperto alcune cose. Cose nuove, importanti, che nessuno può assolutamente immaginare.
Per capire: sono due foto, per caso?
No, no. Non riguarda assolutamente un discorso di foto, ma è qualcosa che farà riflettere molto. Ripeto: non sono cose che chiariscono l’omicidio, ma sono cose che aprono una voragine su quello che si pensava di sapere.
A proposito di scoop, da uomo vicino allo spettacolo e alla TV, Le Iene stanno giocando o c’è qualcosa di veramente serio in quel servizio che continua a non andare in onda?
Le Iene non giocano. Le Iene, lo dico chiaramente, dal mio punto di vista si stanno comportando in maniera molto seria e molto corretta.
E il tuo amico, o ex amico, Fabrizio Corona? Ha fatto un gran lavoro, ma perché si è fermato così?
Perché Fabrizio Corona si muove se ci sono notizie che possono portare denaro. Quando ha notizie che possono fargli fare soldi, esce con Falsissimo o parla. Quando non ne ha, si ferma. È sempre stato così. Non è un mistero. E non mi sembra neanche qualcosa di tremendo. Di sicuro non è fermo perché qualcuno lo ha intimidito o spaventato, non è il tipo che si fa intimidire o spaventare.
E tu?
Io invece mi muovo per un altro motivo. Mi muovo perché credo che questa sia una vicenda che non è mai stata chiarita del tutto. Non accuso nessuno, non ho mai accusato nessuno. Ma credo che ci siano ancora troppe domande senza risposta.
Secondo me non vedremo rinvii a giudizio, o provvedimenti, a breve. Insomma, al di là di questioni più o meno interessanti da un punto di vista giornalistico, faccio fatica a pensare che una qualche svolta possa arrivare a breve dal punto di vista formale e della giustizia…
Io invece penso che la Procura abbia in mano molto materiale. Penso che abbiano intercettazioni, dati informatici, elementi che non sono mai usciti pubblicamente. Il problema è che devono verificarli tutti. E per verificarli serve tempo. Sono convinto che abbiano elementi importanti e che prima o poi dovranno spiegare, ad esempio, perché eventualmente rinviare Sempio a giudizio oppure perché non farlo. In ogni caso, una spiegazione formale dovrà arrivare.
Un’idea te la sei fatta?
Sì. Ma me la sono fatta per me. Non la dico pubblicamente e non l’ho mai detta pubblicamente. Io non ho mai accusato nessuno di essere l’assassino di Chiara Poggi. Però una cosa la posso dire: secondo me Chiara Poggi ha decretato la sua morte il giorno in cui ha aperto la porta, lo dico in senso metaforico inteso come “riallacciare i rapporti”, .a Stefania Cappa. Da lì nasce tutto. Sia chiaro: non sto dicendo che Stefania Cappa sia l’assassina. Sto dicendo che da quel momento nasce il movente. Nascono le confidenze. Confidenze su problemi familiari, su problemi di altro genere, anche su droga e frequentazioni. Se Chiara non fosse entrata in contatto con Stefania, per come la vedo io, questo omicidio non sarebbe mai avvenuto.
Nell’idea che ti sei fatto, quante mani hanno ucciso Chiara Poggi?
Per uccidere non lo so. Ma per spostare il corpo servivano almeno due persone: una che prendeva il corpo dai piedi e una dalle braccia. Il corpo è stato gettato sulle scale: non è caduto da solo. E poi c’è un’altra cosa che andrebbe chiarita: chi tra i sospettati è mancino? Perché tutta la dinamica delle ferite e la dinamica della caduta suggeriscono una persona mancina. Il corpo di Chiara si ferma al terzo gradino, poi scivola nel sangue, stando alle ricostruzioni. Ma la scala di casa Poggi curva verso sinistra: se una persona destrorsa lo avesse lanciato, il corpo sarebbe andato fino in fondo. Una persona mancina, invece, spinge verso l’inizio della curva. Ed è esattamente quello che è successo. Anche le ferite fanno pensare che a colpire sia stata una persona mancina.
Qualcuno, tempo fa, ha detto questa frase: “sia Stasi che Sempio, a volte, sembrano avere più paura della verità che della galera”. Che ne pensi?
A me Sempio appare molto tranquillo. Però è vero pure che se guardiamo le sue immagini del passato e quelle di oggi è cambiato tanto. È una persona sofferente. Leggo che ha una sessualità particolare e seguiva contenuti forti online. Anche Stasi, ma su Stasi hanno fatto perizie psichiatriche. Su Sempio ancora no. Non c’è mai stata una vera parità di trattamento. Di sicuro in quelle indagini fatte in passato ci sono tanti buchi neri, tante cose, troppe, che non tornano e, come qualcuno ha ammesso, ci sono stati anche tanti errori,. Se in buona fede o meno non sta a me dirlo. Penso che a breve, comunque, potrebbero spuntare anche altri nomi.