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Della morte di Roberto Brunetti detto Er Patata nessuno si indigna se si parla di cocaina (al contrario di De Rienzo)

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

4 giugno 2022

Della morte di Roberto Brunetti detto Er Patata nessuno si indigna se si parla di cocaina (al contrario di De Rienzo)
Roberto Brunetti, noto anche come "Er Patata", è stato ritrovato privo di vita nella sua abitazione. A quasi un anno dalla morte di Libero De Rienzo, un altro attore ci lascia prematuramente. L'estate scorsa, però, si era creato un gran dibattito intellettuale e giornalistico intorno all'opportunità, da parte della stampa, di rivelare i dettagli del decesso, soprattutto quando ipoteticamente connessi alla droga. Se 365 giorni orsono eravamo tutti indignati, di fronte al medesimo trattamento della stessa delicatissima situazione, oggi nessuno fa un plissè. Come mai?

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

Morti e mortastri. L'estate scorsa è stata funestata dalla notizia dell'improvvisa scomparsa di Libero De Rienzo, ritrovato privo di vita nella sua abitazione. In casa, erano state rinvenute sostanze stupefacenti (sui quantitativi e le tipologie, non ci soffermiamo). La stampa nazionale non mancò di darne notizia, sciacallando sui particolari: ipotetici usi e abusi, screen di chat con possibili spacciatori e così via. Il tutto per stabilire se l'interprete fosse venuto o meno a mancare per via di un'overdose. Tutto questo, ad autopsia non ancora eseguita e senza alcuna certezza in merito. Certezza che, in ogni caso, sarebbe stato corretto spiattellare sulle prime pagine di testate online e cartacee, con buona pace del rispetto verso chi non poteva più risponderne e, soprattutto, di un certo doveroso tatto verso una situazione che risultava evidentemente molto delicata? In soldoni: la gente, chi aveva amato De Rienzo, doveva necessariamente sapere, post mortem, dei suoi eventuali problemi di dipendenze? Mancavano solo i sondaggi Instagram sul TotoCausamorto, ma non dubitiamo che qualcuno sia pur riuscito a farne. Da lì, si era creato un grande dibattito tra intellettuali e giornalisti, portato avanti per mesi, in merito ai confini del diritto di cronaca. Tutte parole al vento, dato che oggi, davanti alla prematura scomparsa di un altro attore, Roberto Brunetti, siamo da capo. Anche se nessuno sembra aver voglia di indignarsi...

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Roberto Brunetti, "Er Patata"

Ma veniamo a Brunetti: l'attore aveva 55 anni quando, la notte scorsa, il suo cuore ha cessato di battere a Roma, in via Arduino, nell'abitazione in cui l'interprete risiedeva. All'interno della stanza dove è stato rinvenuto privo di vita dalla compagna, la stampa ha già cominciato a scrivere come fossero presenti "tracce di cocaina". Alcuni articoli, riportano le parole "tracce di cocaina" con link. Il link conduce a un altro pezzo di approfondimento sulla scomparsa di Brunetti. Ma, stavolta, riservato agli abbonati. Come sia morto ancora non si sa, ma tu, intanto... paga. 

E che le cause del decesso non siano ancora stabilite, è scritto chiaro ovunque: "si attendono i risultati dell'autopsia". Ma chi li attende davvero, a parte la stampa? La notizia di una morte prematura basta già a portare click, se proprio questo deve essere il punto, ed è, soprattutto triste di suo e di per sé. Che poi la persona - perché, ricordiamolo, è di una persona che stiamo parlando, sia morta d'infarto, di bagordi, di depressione o schiacciata da un'elefante, costituisce oggettivamente fattore rilevante, ripetto alla tragedia in sé?

Al di fuori di un episodio di CSI, chi davvero, continiuamo a domandarci senza risposta, "attende" nella vita reale "i risultati dell'autopsia"? E nel frattempo bisbiglia, pontifica, ipotizza collegamenti tra un decesso e le sue possibili cause? Non potremmo lasciare che questo tipo di retropensieri a chi segue i reality e, di settimana in settimana, mentre attende l'esito, quello sì, delle nomination su chi uscirà dalla casa, dall'isola, dalla fattoria, pontifica sulle dinamiche di gioco tra i concorrenti o sulla scorrettezza del pongoregolamento? La morte è altra cosa e ci sembra davvero così risibile doverlo scrivere nero su bianco. Ma va fatto, a quanto pare. 

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Oppure dobbiamo pensare che sia lecito entrare nel privato di un defunto, qualora lo stesso defunto non abbia interpretato, in vita, uno o più celeberrimi ruoli? Libero De Rienzo era stato il mitologico Bart in Santa Maradona e tra i protagonisti della saga di Smetto quando voglio. Erano in tanti a essere affezionati alle sue perfomance, ad aver sognato di avere un amico come i personaggi a cui l'interprete aveva prestato il volto, forse addirittura a sentirlo un po' come uno di famiglia. Da qui, l'indignazione generale, il daje allo sciacallaggio mediatico. 

Per Brunetti, invece, non si muove foglia. O, almeno, l'attore non appariva sul grande schermo dal 2012, pur avendo ottenuto, in passato, ruoli di un certo peso, soprattutto in fortunate commedie cinematografiche come Fuochi d'Artificio di Leonardo Pieraccioni (1997) o Paparazzi di Neri Parenti (1998). Volto riconoscibilissimo, l'avevamo poi ritrovato anche in pellicole drammatiche come Romanzo Criminale per la regia di Michele Placido (2005). Non stiamo a ripercorrere la sua filmografia, tanto ora come ora l'unica cosa che la stampa crede possa interessare, sono le cause dalla morte della sua morte. Soprattutto se "torbide". 

La speranza è che i lettori, questa volta, magari memori dello sciacallaggio perpetrato alla memoria di De Rienzo giusto lo scorso anno, non diano ragione a questo necrofilo sistema d'informazione, sempre che "informazione" possa essere definita. A fare la differenza, alla fine, siamo sempre noi. Almeno questa volta, vediamo di farla. Anche perché la morte, qualsiasi morte, fa già abbastanza schifo di suo. 

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