Buone notizie: il prossimo 31 marzo terminerà l'edizione del Grande Fratello attualmente in corso. La cattiva notizia invece è che anche se quest'agonia sta per concludersi, se ne preparano altre. In sequenza: The Couple, che del Grande Fratello si annuncia come uno spin off a coppie, L'Isola dei Famosi e poi, a settembre, stando alle anticipazioni di Davide Maggio, un Grande Fratello Gold per onorare i 25 anni di messa in onda del reality. In pratica, un passaggio di testimone da un reality all'altro per un'intera annata televisiva. Nel 2023 si potevano leggere queste parole di Piersilvio Berlusconi nel Libro dei Fatti, pubblicazione annuale dell'agenzia stampa AdnKronos destinata agli addetti ai lavori. L'amministratore delegato Mediaset sosteneva: “Mi sembra che quello che con snobismo viene chiamato 'trash televisivo' si riferisca unicamente a singoli momenti infelici, tv fatta bene o fatta male. Ma se, come è giusto, si lascia libertà a chi ha il compito di creare contenuti sempre caldi e sempre vivi, può capitare di andare oltre. E noi dobbiamo fare tutto il possibile per evitare eccessi”. In conclusione, “la tv popolare anche quando è leggera e divertente piace al pubblico, piace a me e svolge anche un importante ruolo sociale”. Il concetto era stato ribadito alla presentazione dei palinsesti Mediaset 2023/2024: “Vorrei che gli autori si sforzassero di lavorare per raccontare storie senza eccessi. La colpa è sempre di chi fa il prodotto. Ci siamo distratti, la colpa è stata nostra”.

“Singoli momenti infelici”, ”quota minima”, “evitare eccessi”, persino “ruolo sociale”, scriveva Piersilvio Berlusconi. Le conseguenze? Non pervenute. Basti pensare alla stagione televiva in corso: sei mesi di Grande Fratello con ben due prime serate a settimana. Di cui si ricordano: lancio di bollitore pieno di acqua, una coppia sempre appiccicata a favore di telecamera, crisi notturna con pugni al muro, rottura di oggetti e urla. Si aggiungono poi tutti i litigi, le offese sessiste e le bassezze che i concorrenti sono stati capaci di indirizzarsi a turno. Gli ascolti? Non esaltanti: il Grande Fratello è sceso al 16,7% di share, la stessa media aveva ottenuto la scorsa edizione dell'Isola dei Famosi (16,63%). I format sono logori, il pubblico assuefatto sia ai volti che alle dinamiche. Va molto meglio con Temptation Island, il cui sfruttamento intensivo ha però fatto scendere gli ascolti dall'edizione di giugno-luglio a quella di settembre (dal 29,23% di share medio al 22,32%). Si tratta comunque di un reality diverso, senza estenuanti dirette in studio.

Piersilvio, scusa se ti scriviamo come una Littizzetto qualsiasi, ma non s'era detto basta? Forse non te ne sei accorto, ma il trash sta ancora lì, pure se Barbara D'Urso non c'è più. Il problema non è che il Grande Fratello non abbia più niente da dire, ammesso che ce l'abbia mai avuto dopo le primissime edizioni. Così come non è un problema che sia un programma brutto, già lo sai. Il problema è che è la massima espressione della povertà creativa della rete che lo trasmette, l'ammiraglia Mediaset Canale 5, e di riflesso, di tutte le altre. Rete 4 è ormai ostaggio di talk show dove il trio composto da Nicola Porro, Mario Giordano e Paolo Del Debbio fa rimpiangere l'Emilio Fede dei tempi d'oro, che era altrettanto fazioso, ma dato che nelle tasche di chi lo guardava circolavano più soldi, al massimo risultava folcloristico. Italia Uno, ad eccezione de Le Iene, va avanti a film in prima serata. Canale 5 invece vive di Maria De Filippi e reality, riciclando i concorrenti da uno all' altro: mesi e mesi di gente che non si sopporta più lascia spazio ad altra gente, stavolta affamata, che non si sopporterà più. O che, arrivata l'estate, si farà andare bene ogni bugia pur di uscire in coppia da Temptation Island. Ma ha senso questa staffetta, alla luce dei risultati ottenuti? Brutta tv e ascolti tutt'altro che soddisfacenti. Piersilvio, abbiamo capito che un cast di semisconosciuti ti costa poco e che con lo stesso studio televisivo ci copri mesi di programmazione, ma ogni tanto pensa pure a noi. Al “ruolo sociale” e a noi, pubblico: questo Paese ha votato tuo padre per vent'anni, un po' di gratitudine cribbio.
