L’esplosione del conflitto Israele-Hamas il 7 ottobre scorso ha avuto, come primo effetto indiretto, l’abbandono repentino - e anche abbastanza cinico - della narrativa occidentale sulla guerra in Ucraina, lasciando spazio ad una novella e cruenta emergenza mediatica e suscitando moti di piazza in tutto il mondo. Fiumi di gente sventolante la bandiera palestinese hanno manifestato contro la reazione violenta di Israele nelle maggiori città italiane, a favore di una Palestina libera e sovrana, internazionalmente riconosciuta e creando un cortocircuito ideologico nelle correnti di pensiero più disparate, a partire da quelle definite come liberal-progressiste, partigiane di lotte culturali per i diritti civili di ogni tipo. Il capitalismo woke italiano, insomma, si è schierato quasi all’unanimità a favore della Palestina e contro Israele, contrapponendosi alla maggioranza di governo, la cui reazione è stata più complessa, ricca di movimenti diplomatici sotterranei con i paesi nord africani, ma a favore di Israele nella narrazione ufficiale, seppur critica verso la sproporzione della reazione militare israeliana all’attacco terroristico di Hamas. Una maggioranza di governo alle prese con scandali ed eventi politici paralleli alla cruenta guerra, come ad esempio la chiamata da parte dei comici russi a Giorgia Meloni e la questione della riforma costituzionale. Anche il camaleontico Papa Francesco, alle prese con il Sinodo, ha auspicato un cessate il fuoco che permetta alla diplomazia di lavorare in prospettiva di una pace mediata dall’alto, in nome di Dio. L’Occidente, e in esso l’Italia, sono apparsi divisi internamente riguardo un conflitto che ha radici storiche antiche e che non smette di polarizzare gli spiriti. Abbiamo dunque deciso di porre qualche domanda ad un pensatore che ha fatto della lotta contro il cosiddetto “pensiero unico” il proprio cavallo di battaglia, ovvero Diego Fusaro, allievo del filosofo Costanzo Preve, professore universitario e autore dell’ultimo volume “La Fine del Cristianesimo” edito da Piemme.
Professor Fusaro, il conflitto israelo-palestinese ha radici che risalgono almeno alla fine della Seconda Guerra mondiale, se non ai primi sviluppi dell’ideologia sionista. I presupposti dello scontro si sono trasformati negli anni o sono ancora gli stessi?
Certamente è giusto richiamare il fatto che questo conflitto non è nato ieri, ma è radicato nella storia, intessuto nella violenza e sporco di sangue, con responsabilità enormi da tutte e due le parti. Questo è quanto ha ricordato pure il segretario dell’Onu Guterres, il quale recentemente ha dichiarato che il terrorismo di Hamas non nasce dal nulla, ma è radicato in una tradizione di violenza biunivoca. Quindi sicuramente si tratta di una ferita non cicatrizzata, di una ferita ancora aperta che ora come non mai sta buttando fuori sangue e si sta in qualche modo infiammando e infettando come mai prima. Quindi è giusto storicizzare lo sguardo e prendere consapevolezza della questione palestinese irrisolta storicamente.
La reazione dell'opinione pubblica in Occidente sembra aver in parte preso una strada diversa da quelle dei governi. C’è un sentimento filopalestinese importante. Perché?
In effetti stiamo vedendo in relazione alla questione palestinese una sorta di opinione pubblica deforme rispetto a quella dei desiderata dei padroni del discorso e delle classi dominanti, le quali sono totalmente schierate dalla parte di Israele, come del resto dalla parte di Tel Aviv sono schierati i loro giornali aziendali di completamento senza esclusione. Tutti, da destra a sinistra, sono dalla parte di Israele. Spiego questa rinascita di un’opinione pubblica deforme in relazione al fatto che la vicenda palestinese ha una sua storia e che i più anziani non hanno mai dimenticato e poi soprattutto per il fatto che appare anche al netto delle informazioni setacciate dall’industria culturale. Vi è un’asimmetria della violenza tale per cui sostanzialmente l’Occidente consente a Israele di fare letteralmente tutto e chiama ciò diritto d’Israele di difendersi. Ecco, l’opinione pubblica... si sta in qualche modo ribellando in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti. Anche moltissimi ebrei fuori da Israele si stanno indignando contro le politiche di Israele. E soprattutto, bisogna ricordare l’ovvio, cioè il fatto che la sacrosanta critica delle politiche imperialistiche di Israele non ha nulla a che vedere con l’idiota pratica dell’antisemitismo.
Il governo ha assunto nel corso di questi mesi delle posizioni considerate filo-atlantiste sia nel contesto della guerra in Ucraina che in questo. Tuttavia Giorgia Meloni, vittima di uno scherzo di due comici russi, secondo i critici avrebbe dimostrato di essere stanca del conflitto ucraino, come altri leader europei. L’Occidente non si sente di poter gestire due guerre?
La sinistra, che io da tempo definisco “sinistrash”, per sottolinearne il carattere irrimediabilmente trash che l’ha portata a essere nemica delle classi lavoratrici e del progetto socialista di Marx e di Gramsci, ha le stesse posizioni della destra, però non lo può dire, quindi deve attaccare i propri avversari mantenendo vivo l’antifascismo in assenza di fascismo, proprio come la destra mantiene vivo l’anticomunismo in assenza di comunismo. C’è una sorta di omogeneità bipolare a destra e a sinistra, di adesione completa al capitale ed è quello che io chiamo il partito unico del capitale. Sul mercato, sulla globalizzazione, sull’imperialismo statunitense destra e sinistra hanno esattamente la medesima visione e quindi devono continuare a darsi del fascista e del comunista per evitare di prendere consapevolezza del fatto che in realtà si guardano allo specchio l’uno rispetto all’altro, sono le due facce della stessa medaglia.
Quale crede dovrebbe essere la posizione italiana nell’imminente futuro sul conflitto a Gaza?
L’Italia, a mio giudizio, dovrebbe portare piena solidarietà al popolo palestinese e condannare le pratiche imperialistiche e disumane di Israele. Questo dovrebbe fare in qualche modo discostarsi dall’ordine mondiale liberale atlantista che è tutto schierato dalla parte di Israele. Probabilmente con il governo gialloverde, che al tempo seppe assumere posizioni disallineate nella politica internazionale, sarebbe anche forse possibile. Ma con questo governo totalmente e fanaticamente filoisraeliano mi pare davvero arduo, tanto più che le sinistre hanno la stessa posizione anche su questo punto.
Crede che la Chiesa possa mediare tra due popoli che condividono con lei un luogo sacro come Gerusalemme?
La Chiesa potrebbe e dovrebbe mediare, certamente. Bergoglio ha fatto delle timide affermazioni, dicendo che bisogna cessare il fuoco in nome di Dio, che bisogna far cessare la violenza, tutte affermazioni sicuramente condivisibili, anche se molto moderate e tiepide, che sicuramente dovrebbero essere fatte con più forza e dovrebbero portare la Chiesa ad assumere una posizione più netta e più radicale, come paciere in questo conflitto.
Finito il Sinodo arriva l’intervista su Rai 1 a Papa Francesco. Come le è sembrata?
Personalmente non lo chiamo neanche Sinodo, ma lo chiamo “casinodo”, dato che la neo-chiesa liberale progressista di Bergoglio produce soltanto confusione teologica e svuotamento del cristianesimo. È il tema al centro del mio libro “La fine del cristianesimo”, nel quale sostengo che mentre la chiesa di Ratzinger provò a resistere al nichilismo della globalizzazione neoliberale, quella di Bergoglio e del tutto interna ad esso, anzi lo promuove. Il pensiero unico politicamente corretto diventa con Bergoglio pensiero unico teologicamente corretto. Sostanzialmente la neo-chiesa di Bergoglio è solo la gran cassa del pensiero unico imposto dalla globalizzazione. E questo mi pare sia emerso anche limpidamente dall’intervista rilasciata da Bergoglio a Rai 1. Bergoglio, che ci tengo a ricordarlo e come ho provato a dimostrare nel mio libro non è il Papa, dato che il Papa rimase Ratzinger, sia pure in sede impedita, fino alla sua morte.
Mentre la sinistra critica lo scherzo alla Meloni, cosa fa nel merito delle scelte politiche della premier?
Come non mi stanco di ripetere, il governo di Giorgia Meloni è la continuazione peggiorativa, se mai è possibile, del governo di Mario Draghi e delle sinistre fucsia. Il governo di Giorgia Meloni sta tradendo ogni premessa e ogni promessa fatta, dove avrebbe da difendere la patria e la sovranità, sta difendendo invece l’imperialismo di Washington e di Israele. Sta difendendo gli interessi delle banche capitalistiche e dell’Unione Europea. Insomma, Giorgia Meloni è la continuazione peggiorativa di ciò che già c’era. Si è detta stanca con i comici russi della guerra in Ucraina, però intanto continua a supportarla. Ciò rivela una volta di più come i politici oggi siano sostanzialmente marionette che rispondono agli ordini del grande capitale finanziario. Nel mio libro “Demofobia”, dico che destra e sinistra sono le due ali dell’aquila neoliberale, i due maggiordomi che rispondono agli ordini delle classi dominanti borderless.
La preoccupa il premierato o le sembra una svolta legittima?
Il premierato mi pare una idiozia solenne, un vero e proprio stupro alla nostra Costituzione. Voglio ricordare che si tratta di difendere la Costituzione e non di cambiarla, anche in ragione del fatto che tutte le volte che la si è cambiata, lo si è fatto in senso peggiorativo. Quindi mi pare una svolta non solo illegittima, ma anche massimamente criticabile sotto ogni punto di vista.