Dieci intellettuali italiani affidano a MOW il loro appello per aderire all’ultimo dei pensieri possibili di fronte al caos che stiamo vivendo: il “Club di quelli che non capiscono più una minchia del presente”. Potrebbe sembrare una resa, ma a leggere i 12 punti dello statuto ci accorgiamo che nelle cause elencate ci sarebbero anche le soluzioni per uscire da questa confusione in cui si è cacciato il mondo che ci circonda e che non riusciamo più a interpretare: la scienza divisa sul Covid, il ritorno delle guerre e dei morti civili (come tra Russia e Ucraina o tra Israele e Hamas), l’informazione ormai impazzita, gli smartphone che ci bombardano di notizie che non riusciamo a verificare, la gente che vuole convincere solo piacendo (e avendo follower?), il declino della famiglia, della scuola e della Chiesa. Ecco perché a chi credeva di saper interpretare la realtà non resta che “l’esercizio triste del silenzio”. I firmatari sono: Stefano Bonaga, Natalia Aspesi, Franco Berardi, Piero Chiambretti, Francesco Dal Co, Moni Ovadia, Leonardo Piccinini, Elena Stancanelli, Emanuele Trevi e Giovanni Veronesi.
CLUB DI QUELLI CHE NON CAPISCONO PIU’ UNA MINCHIA DEL PRESENTE
Statuto:
1 Noi siamo fra quelli che pensavano di essere abbastanza intelligenti per capire almeno qualcosa del mondo che ci circondava.
2 Esso ci appariva nella sua varietà di gioie e di tristezze, di ingiustizie diffuse e di lampi di giustizia realizzata.
3 Il mondo del sapere si presentava a basso tasso di informazione sugli eventi globali e a discreto tasso di informazioni locali e tematiche.
4 La globalizzazione dei data media ci ha aperti a una complessità spaziale che rende potenzialmente accessibile una tale quantità di eventi che l’esistere non riesce più a sopportare.
5 Per millenni gli uomini sono nati uno, ed ora, da cinque anni in poi, sono diventati due: essi stessi e i loro smart phone.
6 La responsabilità potenziale è divenuta insopportabile: incombono su di noi milioni di domande a cui rispondere, indipendentemente dall’esercizio effettivo delle risposte. Comunque una condanna alla selezione quotidiana che implica un’occupazione mentale e una dipendenza allo stato irreversibili.
7 La atomizzazione dell’esperienza è ingannata da una finta socialità. Il socius, l’altro della relazione umana, si è trasformato nell’altro qualsiasi del nuovo imperante telegrafo e teleicono: circolazione di scrittura e immagini a distanza. Chiunque può diventare un socius anonimo o coperto, esattamente il contrario dell’esperienza individuante dell’incontro face-to-face.
8 L’età dell’esercizio della ragione come imperativo è ormai sostituita dall’età dell’imperativo del gradimento. La sentenza famosa di Nietzsche secondo la quale il vero signore non vuole né piacere né convincere è vilipesa da una moltitudine di individui che aspirano a convincere solo piacendo.
9 Il mondo conosciuto da noi di età avanzata, che nelle sue, peraltro relativamente recenti istituzioni internazionali, sembrava organizzato per garantire la pace, è occupato ovunque da pratiche e tragedie indifferenti allo scopo proposto come vincolante di tali istituzioni.
10 Il panorama attuale delle tragedie globali, guerre, terrorismo, immigrazione, povertà diffusa, fino alla sottrazione di sempre più cittadini alla partecipazione politica, rappresentano per noi qualcosa che assomiglia alla nozione di sublime kantiano nella nuova versione di sublime etico: qualcosa che l’intelletto non può governare.
11 La decadenza progressiva delle storiche agenzie di autorevolezza, famiglia, Chiesa e scuola, dovuta anche all’estrema accessibilità della (peraltro fragile) autoinformazione, per la quale ad esempio Salvini fa comizi baciando il rosario in opposizione radicale alle posizioni del Papa, i genitori aggrediscono gli insegnanti il cui giudizio non è gradito e l’abbandono scolastico, che almeno in Italia, è al massimo storico, mina gli elementi di relativa stabilità dei paradigmi culturali, indipendentemente dalla loro possibile trasgressione. Infatti, l’ateismo, i conflitti familiari, la critica ai contenuti pedagogici prestabiliti, comportano comunque un’articolazione dell’esperienza vissuta che è altresì positiva in rapporto alla pura autoreferenzialità anarchica dell’informazione online. Il communis, dono condiviso, si trasforma progressivamente in entropia comunicativa.
12 Per il Club dei non più capenti, è ormai inevitabile perciò l’esercizio triste del silenzio più adeguato possibile e comunque la rinuncia ad ogni atteggiamento supponente. Le gocce hanno ormai scavato la nostra pietra fino in fondo.