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Ok, ma in questa guerra che ruolo ha la Cina? Dobbiamo preoccuparci? La risposta è sì ed ecco perché

  • di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

3 marzo 2022

Ok, ma in questa guerra che ruolo ha la Cina? Dobbiamo preoccuparci? La risposta è sì ed ecco perché
La Cina non si vede, ma c’è. Apparentemente filorussa, ma ambigua. Ha sostenuto la Russia considerando provocatorie le azioni della Nato, ma al contempo non ha nascosto la contrarietà all’invasione di un territorio sovrano (e non ha mai riconosciuto l’annessione russa della Crimea), reputa illegali le sanzioni a Mosca, però a modo suo le sfrutta. La Cina è vicina, più di quanto ci immaginiamo, come spiegano gli analisti Federico Rampini e Dario Fabbri

di Lorenzo Longhi Lorenzo Longhi

La si intravede in secondo piano, la Cina. Ma non è una comparsa, tutt’altro: si è astenuta nella mozione Onu di condanna all’aggressione della Russia all’Ucraina, ma di certo con Putin ha un rapporto molto stretto, come ha dimostrato l’incontro del leader russo con il presidente cinese Xi Jinping lo scorso 4 febbraio, giornata di apertura delle Olimpiadi di Pechino. Ma qual è il ruolo della Cina sullo sfondo del conflitto russo-ucraino? Qual è il nuovo sistema che si staglia nell’orizzonte geopolitico? Un intervento alla trasmissione Omnibus de La 7 dell’analista geopolitico del Domani, Dario Fabbri, e una pagina firmata da Federico Rampini sull’edizione odierna del Corriere della Sera aiutano a delineare, pur con tesi differenti, il significato della presenza cinese dietro il significante delle mosse di Putin, con uno sguardo interessato agli Stati Uniti, il vero contraltare della vicenda. Ma quanto è solida l’asse Russia-Cina? Per entrambi la funzione anti-americana è evidente, ma su quali siano i rapporti le analisi in parte divergono: “Che Xi abbia deciso di abbracciare la teoria dell’accerchiamento di Putin - scrive Rampini - è chiaro dal comunicato congiunto che i due firmarono ai Giochi invernali un mese fa. Spiccava la condanna dei “cinque consecutivi allargamenti della Nato”, e l’insistenza sulle “legittime richieste per la sicurezza russa”. Con un summit così visibile, seguito dall’aggressione all’Ucraina non appena la tregua olimpica si è chiusa, Xi si è legato all’immagine di Putin”. Nell’immaginario collettivo, anche a causa delle sanzioni, è senz’altro così, ma Fabbri invita a non mettere le due potenze sullo stesso piano perché “la Russia - sostiene - è il socio di minoranza, è un soggetto in grande difficoltà e la Cina ci gioca come vuole. Da un lato ne riconosce le pretese, dall'altro la condanna, osserva con serenità un Paese ormai costretto a una guerra complessa, che si sta isolando ulteriormente, che avrà bisogno più di prima della Cina anche per uscire dalle sabbie mobili dell’esclusione dallo Swift. La Russia è l’ultimo dei pensieri della Cina: quando dice che la Nato è arrivata alle soglie di Mosca, non lo fa per difendere la Russia, ma in chiave anti-americana”.

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Il giornalista del Corriere, Federico Rampini

La Cina non si vede, ma c’è, apparentemente filorussa ma ambigua. Ha sostenuto la Russia appunto considerando provocatorie le azioni della Nato, ma al contempo non ha nascosto la contrarietà all’invasione di un territorio sovrano (e mai ha riconosciuto l’annessione russa della Crimea), reputa illegali le sanzioni a Mosca ma le sfrutta a suo modo. Rampini sottolinea come, nell’immediato, la Cina abbia dovuto evacuare oltre duemila cittadini dall’Ucraina e abbia ricavato un danno economico da questa invasione, considerando i rapporti commerciali con il Paese invaso, ma che stia approfittando della crisi e delle sanzioni (“ha sospeso per cautela gli acquisti di carbone russo, per evitare che le banche cinesi intermediarie possano finire nel mirino degli americani”) con l’obiettivo di “collaudare un ordine finanziario alternativo al nostro” e ampliare il proprio sistema parallelo per i pagamenti interbancari.

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Il giornalista di Domani, Dario Fabbri

La Cina, con questa guerra che non è la sua guerra, ottiene un vantaggio strategico. “Con l’invasione dell’Ucraina Putin ha creato un formidabile diversivo che risucchia l’America verso il Vecchio Continente, la costringe a dirottare risorse verso un teatro che la dottrina Biden considerava ormai secondario. Stravolgere le priorità americane, catturare l’attenzione del grande rivale in Europa anziché nell’Indo-Pacifico, è un beneficio inestimabile che Xi Jinping saprà capitalizzare, a Taiwan o altrove. Nel nuovo Asse il binomio Cina-Russia è meno isolato di quanto appaia in Occidente”, scrive Rampini, e Fabbri rileva esattamente come lo smarcamento degli Stati Uniti e della Nato dall’Ucraina sia di fatto utilizzato da Pechino per comunicare a Taiwan che lo stesso potrebbe accadere a Taipei.

L’alleanza russo-cinese non va considerata però un’asse di lungo termine, nota Fabbri, perché “quando vediamo professioni di alleanza sentimentale russo-cinese dobbiamo ricordarci che non possono sussistere, anche perché la Cina considera la Russia una potenza coloniale europea che si è stanziata in Siberia, dove non dovrebbe stare dal suo punto di vista. Può sussistere la lega temporanea tra due imperi contigui, ma ciò che sta accadendo diminuisce il peso russo in questa lega”. Ed è la Cina, più che la Russia, a marcare strettamente oggi gli Stati Uniti.

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