Nuova puntata ieri sera su Rai 3 di Report, trasmissione che si occupa di giornalismo investigativo presentata da Sigfrido Ranucci. L'inchiesta con cui si apre la serata è dedicata a “La legge mancia lombarda“, un reportage realizzato da Luca Chianca in collaborazione con Alessia Marzi. Il fulcro su cui è stata costruita l'inchiesta è proprio il Piano Marshall lombardo, meglio conosciuto come “Piano Fontana”. Ma partiamo dall'inizio per capire meglio di cosa si tratta. Il programma ha visto la luce nel 2020 post pandemia Covid-19 e si poneva come scopo ultimo la ripresa economica della regione Lombardia dopo la diffusione del virus (molti ricorderanno i tristemente famosi camion militari di Bergamo). Furono investiti nei fondi per la regione 4 miliardi di euro per sanità, infrastrutture, viabilità, sviluppo sostenibile e digitalizzazione. Ecco, il piano Marshall lombardo oggi è conosciuto con il nome di ‘legge mancia’ perché 2 di questi 4 miliardi di euro sono stati destinati ai consiglieri regionali (per lo più della maggioranza di governo) che hanno adoperato questi fondi per "aiutare" comuni di residenza o vicino al proprio partito. Le telecamere di Report sono arrivate tra le province lombarde di Milano, Brescia, Como e Bergamo proprio per questo motivo. Ci viene spiegato come l'ex sindaco Lucente abbia investito 3,2 milioni di euro per realizzare due rotatorie, un ponte e la ristrutturazione della caserma dei carabinieri. Peccato che, però, qualcuno si sia occupato di investire in questi progetti ma nessuno si sia occupato di concluderli. Roberto Gabriele, sindaco di Tribiano, è la "special guest" intervistata, che prima corre a gambe levate verso il consiglio comunale, poi chiede al cameraman di cancellare tutto e infine conclude tutto in bellezza accarezzando goffamente la testa dell'inviato ("Basta moltiplicare. Lei sa moltiplicare? È una moltiplicazione"). A un certo punto Roberto Gabriele si comporta come i gechi quando, colti in flagrante dal nemico, fingono di essere morti. Inneggia alla falsa informazione, alle moltiplicazioni (può consigliare lei un bravo insegnante che dia ripetizioni di matematica?), al consiglio comunale che lo aspetta trepidante. È il Sindaco di Magreglio Danilo Bianchi a sbottonarsi di più sulla vicenda: "Avevamo bisogno di fondi e c'era bisogno di un investimento importante nel triangolo lariano. Sì è presentata l'occasione di questa legge 9 e hanno subito detto: okay, proviamo" racconta. Così come Alessandro Fermi, assessore all'università, alla ricerca e all'innovazione della Regione Lombardia conferma. Ma, considerando quanto l'elenco di finanziamenti sia lungo e bizzarro, davvero i soldi investiti andranno nella direzione che inizialmente era stata promessa? Certamente possiamo dire che all'ordine del giorno ci siano arredare l'aula consigliare del comune di Lozzano e creare impianti di piscicoltura. Ecco, dopo la lista di priorità letta da un divertito Sigfrido Ranucci, si inizia ad avere il sospetto che alle volte il finanziamento anticipi il progetto.
Spazio poi all'inchiesta di Manuele Bonaccorsi sul reato di esportazione illecita di opere d'arte, su cui indaga la procura di Imperia. Il principale sospettato è lui, Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla cultura noto per la sua irreprensibilità e, soprattutto, per la sua pacatezza. L'opera era stata recuperata dai carabinieri dopo aver attraversato la frontiera senza valido permesso. Ecco che Report ricostruisce la storia del dipinto avvalendosi dell'aiuto di un professore ed esperto d'arte, Alessandro Bagnoli. "Questo è un dipinto di qualità altissima e andrebbe acquisito in un museo nazionale. Per esempio gli Uffizi". Allora l'inviato di Report replica: "Professore, allora lei ci sta dicendo che un sottosegretario alla cultura avrebbe provato a portare all'estero un'opera che sarebbe dovuta andare agli Uffizi?". Non può mancare l'intervista a Vittorio Sgarbi. Il sottosegretario prima prova a difendersi ("Il dipinto non era mio, era di un signore che per due soldi alla fiera dell'Est mio padre comprò... " Ah no, non era così), poi attacca. Torna il solito Sgarbi, rassicurando sia l'inviato, sia Ranucci, sia il pubblico a casa che quello che vediamo nell'intervista non è il suo gemello "buono", una pallida imitazione dell'uomo impavido che abbiamo imparato a conoscere in tv, ma proprio lui, critico d'arte di classe. Si alza e si tira giù la zip dei pantaloni, affermando di voler mandare in onda quel momento. I giornalisti che lo intervistano si sentono rivolgere una serie di offese da Sgarbi, che definisce più volte il programma Report “uno schifo”. Poi aggiunge: "Se lei muore in un incidente stradale io sono contento. Spero che faccia un incidente... Ha una faccia di merda. Vuole vedere come tiro fuori l'uccello?". Più tardi Report riesce a trovare effettivamente la persona che avrebbe venduto il preziosissimo Valentin de Boulogne a Sgarbi. E, difatti, la sua testimonianza proverebbe che Sgarbi sarebbe il vero proprietario del quadro sequestrato.
L'ultima parte della trasmissione è dedicata all'inchiesta di Giorgio Mottola su Daniela Santanchè e la "Ki Group". Infatti, quando l'agricoltura biologica non andava ancora di moda, verso la fine degli anni '70, ci fu un gruppo di imprenditori che si prese la briga di fondare la "Ki group", una società che si poneva come obiettivo quello di rivoluzionare le abitudini alimentari degli italiani. Solo nel 2006 i fondatori vendettero "Ki Group" a "Bioera", di proprietà della famiglia Burani che però, quattro anni dopo, verrà travolta da uno scandalo di bancarotta fraudolenta. Report ci presenta la cordata che, a un certo punto della storia di "Ki Group", salva questa società: Daniela Santanchè e il suo ex compagno Canio Mazzaro. Alcune ex dipendenti della "Ki Group" portano la loro testimonianza a Report: "In un primo momento abbiamo pensato che saremmo cresciuti ancora di più. D'altronde eravamo un'azienda sana, la prima nata nel settore dei prodotti biologici... Invece da lì è iniziato il nostro declino". Poi viene mandato in onda uno stralcio dell'intervento della Santanchè in Senato, dopo l'inchiesta di Report. Ma, come sottolinea lo stesso Mottola nel servizio, la Santanchè imprenditrice smentisce in tutto la linea difensiva della Santanchè ministra. "Non ho mai, dico mai, superato il 5% di partecipazione in Ki Group Srl" dichiara. Ma come, se Ki Group Srl era di proprietà di Ki Group SpA (controllata a sua volta da Bioera, che guadagnava quasi esclusivamente dai ricavi di Ki Group, almeno in fase iniziale), la Santanchè non era quella che deteneva il 14.9% di Bioera attraverso la D1 Partecipazioni? In ogni caso, i documenti mostrati da Report risalgono al 2013, quando alcuni investimenti furono finalizzati a un aumento di capitale della società Ki Group. Addirittura a un certo punto la Santanchè smentisce di aver avuto alcun ruolo operativo in Ki Group a partire dal 2019. Ma, anche qui, viene smentita dall'ex direttrice Monica Lasagna, che afferma: "Lei c'entrava eccome con Ki Group. Più volte ci ha dato ordini operativi, faceva riunioni con la forza vendita e ci teneva a verificare gli obiettivi, i fatturati". In uno screenshot risalente al 2020, si vede Daniela Santanchè presiedere a una riunione online (causa COVID) con i principali agenti della sua rete vendite. A questo punto possiamo pensare si trattasse di un generoso "attivismo" della ministra. Attivismo, tuttavia, ricompensato dall'azienda con nove milioni e mezzo di euro in totale tra Canio Mazzaro e Daniela Santanchè. Vengono mandate in onda caterve di testimonianze su quanto "l'attivista" Daniela Santanchè fosse attiva all'interno della società. Oltre alla ministra e al suo ex compagno, viene indagato per falso in bilancio anche Gabelli, ovvero il presidente dello studio di revisori di Visibilia. Va anche ricordato che Ki Group apparteneva a Bioera proprio nel momento in cui erano stati spostati dei soldi da quest'ultima per finanziare Visibilia. Ora, consideriamo che formalmente il proprietario della Ki Group Holding dovrebbe essere il misterioso fondo di Dubai: Negma. La particolarità che possiamo notare grazie a questo servizio riguarda proprio i tanti interessi che ruotano intorno alla Santanchè. Alla fine, la Ki Group, gestita per quasi 10 anni dalla ministra “volontaria” e Mazzaro, ha sì liquidato i dipendenti. Ma ha anche proposto a oltre 70 agenti commerciali, che da tanti anni chiedono gli arretrati, soltanto un accordo capestro.