Ancora Dress Code Magazine? Secondo alcune testimonianze, che noi di MOW abbiamo raccolto e scelto di pubblicare dopo l'articolo sulle presunte truffe portate avanti dalla rivista, questa non avrebbe mostrato una condotta “corretta” nei confronti dei suoi ex collaboratori, o aspiranti tali, tanto da spingere diversi professionisti del settore fotografico, fashion e giornalistico a sporgere denuncia per truffa o per violazione dei diritti d’autore. Questa la testimonianza di S.D.M, che racconta del suo rapporto con uno degli editori della rivista, e del perché la collaborazione con Dress Code non sia mai decollata: “Ho conosciuto G.B (una degli editori) telefonicamente, non ci siamo mai viste di persona. Circa 4 anni fa ci hanno contattato per una sponsorizzazione. Noi facciamo profumi, e loro avrebbero voluto creare una collezione con il loro marchio. Siccome in passato abbiamo preso un po' di fregature, abbiamo creato per loro un preventivo dicendo che non avremmo avviato la produzione fino a che non avessimo ricevuto l'acconto del 50%. Il preventivo in questione era di una cifra abbastanza importante, circa 28 mila euro. Abbiamo realizzato una piccola campionatura, che gli abbiamo inviato in omaggio rimettendoci veramente quasi nulla. Poi non abbiamo proseguito la collaborazione, anche se nelle settimane successive all'invio della proposta, e quindi anche della conferma d'ordine, perché hanno accampato diverse scuse sull’impossibilità di saldare l'acconto. Risposi che non c’era fretta. Alla fine, il progetto, non è mai decollato". Poi la richiesta di una somma di denaro: "Si è fatta risentire spesso, sempre trovando delle scuse, fino a che un sabato sera mi chiama in lacrime dicendo che ha assolutamente bisogno di 100 euro, che non sa come fare, che è rimasta senza soldi, che non può tornare a casa e che ha bisogno di questi 100 euro, e se le potessi fare una ricarica Postepay. Io sono rimasta decisamente allibita dalla sua richiesta, e le ho detto che in quel momento non potevo. Non mi sentivo di collaborare con una persona come questa, e non ho più dato seguito alla cosa”. Non solo, T.L, un'altra delle persone coinvolte, ci ha raccontato di un episodio legato alle presunte copie cartacee della rivista, promesse, e mai consegnate. Copie che secondo quanto raccontato dagli editori sarebbero disponibili nelle edicole, nei Frecciarossa e negli hotel a cinque stelle: “Li ho conosciuti telefonicamente lo scorso anno. Poi, quando li ho visti, ho pensato che fossero due giovani ragazzi in cerca di visibilità, tutto qua. Mi hanno chiesto di scattare delle foto mentre giravano in Duomo con la rivista. Senza pensare male le ho scattate con il mio telefono, mentre mettevano il giornale in mezzo alle altre riviste dell’edicola, stessa cosa in un albergo in piazza Duomo. Organizzo sfilate internazionali di moda e ho chiesto loro se volessero fare da Media Partner, e mi hanno proposto uno scambio di merce: sfilare da me senza pagare nulla, e io in cambio avrei avuto un servizio sulla loro rivista di cui mi avrebbero dato quindici copie cartacee. Non ho avuto nessun articolo e nessuna copia della rivista". Poi, oltre danno, ci sarebbe stata anche la beffa: "Una delle mie designer russe voleva che pubblicassero un articolo sul suo brand, tanto che si accordarono per due pagine contenenti un’intervista esclusiva in cambio di 500 euro. Neanche la designer ha avuto il suo articolo: mi mandarono un PDF con un articolino, ma non di due pagine come da accordi, ma di una mezza paginella. Lei si arrabbiò, incolpando ovviamente me, dicendomi che anch'io fossi una truffatrice. Per sdebitarmi ho dovuto far uscire l’articolo su altre riviste, che Dress Code ha poi accusato di plagio, nonostante avessi preparato io tutto il materiale traducendolo dal russo. Devono ancora pagarmi per la sfilata, 2.500 euro, più i 500 euro della designer che ha pagato e non ha avuto il servizio”. P.R, fotoreporter, è stata la prima a scoperchiare questo vaso di Pandora: “Avevo un contratto firmato da G.B per un servizio fotografico a due personaggi dello spettacolo che ho proposto, uno arrivato apposta dagli Stati Uniti. Concordata la cifra ho mandato tutto il materiale: il servizio è stato fatto, con copertina, ma non si è mai visto il cartaceo. La fattura era di 4.000 euro, e dopo varie richieste mi hanno mandato un bonifico. Giorni dopo la mia banca diceva di non aver ricevuto nulla, mentre loro mi raccontavano le solite bugie. Questa cosa è andata avanti per giorni, poi mi sono stancata. La banca mi ha confermato che il numero di conto corrente che loro avevano utilizzato era falso. Da qui la querela per truffa. Loro hanno tentato di mandarmi delle mail, dicendo che ero io che non volevo i soldi e che me li avrebbero dati solo se avessi tolto subito da Instagram il reel e la storia in cui mi mostravo mentre ero dai Carabinieri”. Inizia poi la ricerca di altre persone che potessero essere state truffate: “Grazie a S.R, sono riuscita a mettermi in contatto con A.G, alla quale avevano lasciato un buco di 5.500 euro per un’appartamento preso in affitto, lei si occupa della gestione di appartamenti turistici. Poi stessa cosa è accaduta a una sua amica, che fa lo stesso lavoro, un buco di 1.800 euro. Hanno chiamato la polizia, loro hanno fatto un bonifico uguale al mio, e giorni dopo i soldi non c’erano. Poi ho scoperto che al mio amico direttore del Sina Centurion Palace, un albergo di Venezia, hanno lasciato un buco di 10.000 euro. Il Centurion Palace è una potenza, li hanno denunciati. Sono venuta a sapere anche che al rifugio Merlara tengono 9 cani da più di un anno, e gli devono una cifra di circa 12.000 euro”.
Questo, invece, il racconto del fotografo pluri pubblicato su riviste in tutto il mondo G.L, che ci ha parlato di un presunto tentativo degli editori di Dress Code di truffare delle terze persone approfittandosi della sua immagine, tentativo che fortunatamente sarebbe poi fallito: “Inizialmente mi era stato comunicato che per pubblicare scatti sul loro giornale sarebbero serviti circa 2.000 euro a pagina, ma non avevo intenzione di pagare. Gli mostrai alcune foto, dicendo loro che se avessero voluto potevano ricontattarmi e usare i miei lavori gratuitamente. Ero spinto dalla fama e dalla distribuzione (apparente) della testata”. Ci ha parlato di un contratto di collaborazione che consisteva in: “L'esclusiva sul territorio ligure per i loro clienti; fare da tramite se qualcuno dei miei clienti avesse voluto pubblicare su una testata di moda; una retribuzione a provvigione”. E ci riporta quanto accaduto: "Gli ho fatto visitare alcune prestigiose location, poiché mi avevano manifestato la volontà di organizzare eventi dedicati alla promozione della loro rivista in Liguria, dunque ho personalmente fissato un appuntamento con la manager di Terrazza Colombo, che si trova sull’iconico Grattacielo Piacentini, location esclusiva per la sua vista meravigliosa e unica nel contesto ligure, i Saloni delle Feste di Palazzo Imperiale (luogo di altissimo livello inserito considerato patrimonio unesco dell’umanità) e il prestigioso Circolo Golf e Tennis di Rapallo, poiché mi avevo raccontato di essere distribuiti in vari golf club. Occasioni in cui hanno fatto tutto tranne che parlare di prezzi, ma si sono auto celebrati tutto il tempo parlando della fantomatica tiratura delle copie cartacee e di quanto fossero bravi nel loro campo. Iniziai a insospettirmi. Poi ci sarebbe dovuto essere Cannes. La ricerca degli sponsor: hanno cominciato a sparare cifre, prima in un modo poi nell'altro. Prima erano 50.000 euro, poi erano 30.000 euro, poi erano 80.000 euro, poi 50.000 euro non bastavano. Tutto un casino. Io ho cominciato sempre di più a non vederci chiaro. Anche perché, al posto di dirmi 'abbiamo un mese e mezzo di tempo per trovare questi sponsor', mi dicevano sempre 'abbiamo fino a martedì', e poi dopo martedì 'abbiamo fino a giovedì', quindi poi alla fine uno non lavorava con il mese e mezzo effettivo ma sempre con i tre giorni. Sempre con la fretta, cosa che, anche questa, mi ha insospettito". Poi la scoperta: "Attraverso il gruppo Whatsapp, in cui ci sono altre persone venute a contatto con gli editori, ho scoperto che gli stessi avevano lasciato insoluti debiti con un hotel di lusso a Venezia, debiti con rifugi di cani, sfratti e occupazione abusiva di immobili di cui non hanno mai pagato l'affitto". E sugli scatti pubblicati: "Le mie foto uscite sulla rivista le hanno rovinate tagliandole e modificandole. La mia denuncia è basata fondamentalmente sulla violazione del diritto d'autore, oltre che un potenziale danno d'immagine incredibile, perché se gli sponsor che stavo per portare li avessi portati per davvero avrei finito di lavorare. Quindi, meno male che accorgendomi di questi particolari ho posto un freno alle persone che stavano per pagare. Hanno provato ad utilizzare me per truffare delle persone, grandi marchi, liguri in particolare. Ho rischiato di rimetterci la faccia per sempre”. Si aggiunge anche la testimonianza dell’hairstylist D.A: “Il 20 marzo di quest'anno si doveva tenere l'evento Dress Code Show al The Dome a Milano, con la partecipazione di diversi sponsor, tra i quali io. Abbiamo versato delle quote, nella mia fattispecie 1.300 euro in contanti versati una settimana prima, dopo diverse pressioni da parte di G.B. Dopo l'evento al The Dome ci doveva essere anche il ballo delle debuttanti, poi Monte Carlo, poi un'altra roba a Desenzano sul Garda, però io ho partecipato solo a The Dome, dove potevo mettere in vendita i prodotti del mio brand. Faccio il parrucchiere ma ho sviluppato anche un brand cosmetico viso, corpo e cosmetici per capelli. Ci sarebbero dovuti essere una serie di giornalisti che avrebbero pubblicato 23 interviste, sulla serata e sui singoli partecipanti, quindi me compreso. Parlo di Intimità, Donna Moderna, Vogue, Vanity e Gente. Insomma, tante testate grosse. Poi da 90, 100, 120 persone che mi erano state propinate, saremmo stati in tutto 35-40 persone, ma nessuno era ne una figura professionista ne un investitore. È stata in pratica una banale cena tra amici e barra conoscenti. Dopo due o tre giorni, vedendo che non arrivava niente, ho iniziato a chiedere a G.B. dell'articolo sulla rivista, la quale mi ha accampato solo una serie di scuse e risposte insoddisfacenti. Sostanzialmente non ho tratto alcun beneficio dall'investimento effettuato”. Situazione analoga anche per l’imprenditore E.L: “Durante l’evento organizzato al The Dome il mio marchio, “Enotria”, sarebbe stato fatto conoscere ad un grande numero di invitati, e gli editori di Dress Code ne avrebbero scritto un articolo che sarebbe poi stato diffuso presso gli spazi Business di Trenitalia, Italo e di altre compagnie aeree. Fatto sta che non mi è stata mai consegnata alcuna copia. Tale attività di promozione sarebbe stata erogata a fronte di un esborso da parte mia di 1.220 euro, che comprendeva anche uno stand a nome del marchio che materialmente però non figurava. I due editori hanno attribuito il fallimento dell’evento alla gestione del The Dome, promettendo che all’evento successivo, che si sarebbe presto svolto a Montecarlo, si sarebbero occupati direttamente loro della promozione sempre al costo di 1.220 euro”. Poi la disdetta: “A pochi giorni dall’evento mi contattano per comunicarmi che il tutto era stato annullato, e che sarebbe stata avviata una procedura di rimborso per il servizio mai fruito. Sostanzialmente gli editori di Dress Code tendono a temporeggiare, chiedendo di poter procedere al rimborso in due rate”. Ma non finisce qui: “Oltre tutto, tramite il mio commercialista, ho appreso che le due fatture emesse a loro favore sono fasulle in quanto l'azienda che loro indicano, la Malibù Edizioni di GM avente sede a Selvazzano Dentro (PD), sostanzialmente non esiste e non sarebbe censita”.