Se faccio il giornalista è grazie a lui. Andrea Purgatori. Ero un coglioncello di 20 anni, frequentavo la redazione de Il Tirreno, o forse ancora no, quando qualcuno mi disse di guardare un film, Muro di gomma. Quel film era la storia di un giovane cronista del Corriere che con la sua professionalità, il suo intuito e la sua testardaggine indaga sul caso Ustica, un aereo caduto in mare con a bordo 81 persone (tutte morte), e che lentamente porta a galla la verità. E cioè che il Dc-9 Itaia non era scoppiato in volo, non fu vittima di un attentato, ma di un errore causato dal fatto che quella notte, nei cieli italiani, si scatenò una guerra tra un caccia francese e un caccia libico che sfruttava gli aerei di linea italiani per nascondersi ai radar. Il caccia francese lanciò un missile che per sbaglio colpì l'aereo di linea che stava andando a Palermo.
Una verità ancora oggi non proprio ufficiale. Purgatori all'epoca aveva solo 27 anni e si è battuto contro cose più grandi di lui: segreti di Stato, intrighi internazionali, depistaggi, minacce di morte. Un esempio. Un maestro. Un'ispirazione. Una guida. Muro di gomma raccontava tutto del nostro mestiere: la mancanza di orari (l'attore che interpretava Purgatori, chiamando la sua ragazza che si lamentava dei continui cambi di programma di un cronista di strada diceva: "Ma che faccio il farmacista io? Mica chiudo alle 6..." Battuta che mi gioco tuttora e ho usato con qualsiasi mia fidanzata); la sfacciataggine che deve avere un giornalista (altra scena epica, lui che davanti a un generale che si lamenta delle sue inchieste risponde: "Per il momento il missile è tutto nel suo culo"); la vita cialtrona di redazione (un collega che vedendolo stare male per amore lo scuote avvicinandosi al viso e dicendogli: "cazzo e cazzotti, le donne hanno bisogno di cazzo e cazzotti", frase che oggi - giustamente - sarebbe stata censurata). E poi mostrava qual era e quale dovrebbe ancora essere davvero il lavoro del cronista. La cosa che più mi entusiasmava era che la storia fosse vera, che Andrea Purgatori esistesse veramente e che negli anni a seguire poi avesse continuato a bastonare i potenti, a cercare le verità oltre quelle ufficiali. Il caso Emanuela Orlandi (è il cronista narrante della serie Netflix Vatican Girl), l'omicidio del collega Mino Pecorelli (casualmente Purgatori stava mangiando in un ristorante a pochi passi, fu uno dei primi ad arrivare sul posto: il cronista di razza ha sempre culo), i disastri italiani (era autore dei monologhi di Marco Paolini), la mafia (i suoi speciali su Atlantide, in onda il mercoledì su La7, sono i più completi, i più profondi e dettagliati).
Ma un'altra cosa che di Purgatori mi ha fatto sempre impazzire è che questa sua forza nell'affrontare temi seri, rischiosi, pesanti non gli ha mai fatto perdere lo spirito cazzaro. Ha recitato nella serie Boris, in Fascisti su Marte di Corrado Guzzanti era un gerarca impacciato e comico. Quelle poche volte che sono riuscito a sentirlo l'ho sempre ringraziato, gli ho sempre detto quanto fosse stato importante per me. I nostri dialoghi si sono limitati solo a questo. Su MOW ho provato a coinvolgerlo, senza successo. Ci ha concesso solo un'intervista. Gli ho sempre scritto su Twitter perché non avevo il suo numero di cellulare ma ultimamente, grazie all'aiuto di suo figlio Edoardo (che abbraccio forte), gli ho telefonato.
Un'altra volta, credendo che fosse giovedì mentre in realtà era mercoledì, l'ho chiamato alle 3 di pomeriggio. Infastidito mi ha subito fermato: "Moreno, stasera ho la diretta, non posso parlare". Mi sono scusato. Mi sono sentito un coglione (dopo 20 anni, lo sono sempre). Ci siamo scritti su WhatsApp velocemente. Poi più niente. Poi in riunione di redazione mi avvertono: è morto Andrea Purgatori. In una delle volte che ho avuto l'opportunità di parlarci gli detto che per me era il migliore. Lui non si è scomposto. Ha fatto un verso come a dire: ok, andiamo avanti. Lo era davvero. Chi si professa giornalista oggi perché fa qualche storia su Instagram, perché commenta il trend del giorno e basta, perché lecca il culo all'ufficio stampa di turno, perché riempie il vuoto con le sue opinioni vacue e la sua sintassi zoppa, dovrebbe impallidire a sentirsi collega di uno come Andrea Purgatori. Se da ragazzo ho cominciato a sognare è stato per lui. Oggi è morto un cronista. Come oramai non ne nasceranno più.